Come si può preservare la libertà di movimento per tutti nel contesto del cambiamento climatico e di un mondo decarbonizzato? Come rendere la mobilità green accessibile a tutti e non solo a pochi? Il Freedom of mobility forum, round table annuale organizzato da Stellantis e gestito da Wavestone, che coinvolge rappresentanti del mondo imprenditoriale, esperti del clima, attori della società civile, del lavoro e del dialogo sociale e giovani, ha cercato di rispondere a queste domande.
Decarbonizzazione e mobilità sono i due termini chiave del forum: quello dei trasporti è il secondo settore per emissioni di gas serra, responsabile del 17 per cento delle emissioni globali (dati del 2019) e il suo impatto è cresciuto sempre più tra gli anni Novanta e il 2021 ed è destinato a farlo ancora. La domanda di mobilità crescerà a livello mondiale nei prossimi decenni, in conseguenza anche dell’aumento della popolazione e del fatto che sempre più persone possono permettersi di comprare macchine, prendere treni o aerei. L’obiettivo globale è quello da una parte di mantenere l’aumento della temperatura entro 1,5 gradi centigradi (questo significa che le emissioni di CO2 dovrebbero diminuire del 3 per cento annuo nel settore dei trasporti e raggiungere lo zero netto nel 2050), e dall’altro quello di garantire la libertà di movimento delle persone.
Ma cosa si intende con libertà di movimento? La capacità di ciascun individuo di avere accesso ai beni, ai servizi e alle opportunità necessarie a soddisfare le proprie aspettative e i propri bisogni: accedere alle infrastrutture, ai veicoli, ai mezzi pubblici è essenziale per soddisfare i bisogni di base delle persone.
Stando a un rapporto delle Nazioni Unite 1 miliardo di persone, nel 2021, non ha avuto accesso a strade percorribili in ogni situazione meteorologica. Allo stesso tempo viaggiare non è consentito a tutti, ma solo quelli che possiedono un passaporto che li mette nelle condizioni di poterlo fare.
Non solo, la capacità delle persone di viaggiare dipende in larga parte dalle loro risorse economiche: più ne hanno, più sono mobili e possono fare delle scelte diverse rispetto alla mobilità, come spendere il 15 per cento in più per un mezzo di trasporto più ecologico (dati della Banca Mondiale). Un altro studio delle Nazioni Unite ha rilevato come nelle zone più povere del mondo anche il trasporto pubblico possa essere inaccessibile per qualcuno, arrivando a costare fino al 20 per cento del loro salario.
La questione è tanto climatica quanto politica e sociale: da una lato dobbiamo necessariamente ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili, ma dall’altro dobbiamo anche garantire un accesso equo ai mezzi di trasporto in ogni parte del mondo, non solamente nelle città del primo mondo.
Il dibattito, che ha visto coinvolti Yamina Saheb, autrice del rapporto IPCC e senior energy policy analist di OpenExp, Måns Nilsson, direttore esecutivo del Stockholm Environment Institute, Carlos Tavares, ceo di Stellantis, Davesh Shah, Ceo di Grassroot Trading Network for Women, Temilade Salami, founder di Ecochampions e membre dell’Unesco SGD4Youth Network e BEnjamin Welle, direttore dell’Integrated Transport & Innovation World Resources Institute (WRI) si è concentrato sostanzialmente su queste due tematiche fondamentali: ridurre la nostra dipendenza dalle macchine e dai combustibili fossili, e far sì che questa strada sia percorribile per tutti in maniera equa.
Ridurre il divario tra aree urbane e rurali
Siamo abituati a pensare il trasporto pubblico nelle grandi città occidentali, efficienti e organizzate, ma la maggior parte delle persone del mondo non vive nelle grandi città. Il divario tra le aree urbane e quelle rurali è ancora troppo accentuato e questo dovrebbe essere uno dei primi punti di azione: rendere il servizio pubblico una realtà efficiente anche al di fuori dei centri urbani. In India ad esempio le donne più povere non hanno accesso ai mercati, al lavoro, alla scuola o all’ospedale perché non raggiunti dal trasporto pubblico o perché questo è troppo caro. Sempre in India molte strade sono talmente dissestate da non essere neanche in grado di sostenerlo il trasporto pubblico mentre in Africa una causa altissima di mortalità risiede negli incidenti stradali.
Le auto elettriche non risolveranno tutti i problemi
A oggi non esiste la possibilità di dare accesso a 8 miliardi di persone alla mobilità elettrica: attualmente non ci sono le risorse e la sfida del futuro sarà proprio garantire l’accessibilità delle materie prime necessarie per realizzare le batterie, ad oggi ancora scarse e molto costose. Per la fine del millennio avremo bisogno di trovare nuovi materiali di cui ancora non siamo perfettamente a conoscenza, sicuramente ci sarà sempre bisogno di litio per costruire le batterie, ma è un materiale la cui estrazione genera problemi anche a livello geopolitico. Il cambiamento verso l’elettrico è stato deciso a livello istituzionale, ma la vera grande sfida di questo settore è l’accessibilità.
Nel Nord Europa ad esempio ci sono molti rischi di esclusione sociale: da un lato i veicoli elettrici dovranno diventare più economici e dall’altro nelle zone rurali deve essere implementata la rete elettrica. Quando le auto elettriche sono state introdotte per la prima volta nel mercato erano qualcosa da nerd, quando poi è stata lanciata la Tesla, che è diventata qualcosa di desiderabile in termine di status, il comportamento delle persone è cambiato e così la loro sensibilità nei confronti del trasporto green, ma le comunità più povere devono essere aiutate dai governi, che si devono concentrare su incentivi di tipo economico più che su regole di comportamento.
Pensare in maniera più inclusiva
L’accesso al cibo, alla salute e al lavoro in continenti come Africa e Asia non è un argomento all’ordine del giorno nell’agenda internazionale, ma non si può parlare di decarbonizzazione senza prendere in considerazione l’aspetto umano. Le condizioni dei giovani asiatici o africani non sono le stesse del resto del mondo e influiscono sulla mobilità di queste persone. La responsabilità di andare verso la decarbonizzazione è di tutti a livello mondiale, ma le risorse non sono le stesse per i vari stati. La mobilità dovrebbe essere un diritto per tutti, non un benefit basato sulla ricchezza.
Quello che va bene per una nazione non va bene per l’altra: bisogna prima analizzare i bisogni delle persone e il contesto, e poi essere realistici rispetto alle soluzioni, che devono essere pensate sulle esigenze reali. Le soluzioni per portare avanti la decarbonizzazione devono essere fatte su misura per ogni paese rispettando anche le esigenze di genere ad esempio e quelle delle nuove generazioni: i governi devono ripartire dai bisogni delle persone, non dalle soluzioni offerte dalle nuove tecnologie.
Città da 15 minuti a piedi
L’esempio virtuoso è quello di Parigi, che ha iniziato a lavorare per diventare una 15 min city, ovvero una città dove tutto quello che è necessario alla vita di una persona, dal lavoro, all’accesso alla sanità allo sport, sarà raggiungibile in questo lasso tempo. Quindici minuti a piedi sono un tempo accettabile che esclude l’utilizzo della macchina per gli spostamenti, ma per arrivare a questo risultato è necessario ripensare le nostre città. Parigi, ad esempio, è stata progettata e costruita prima dell’avvento delle macchine e solo dopo si è adattata a loro, ora viene modificata nuovamente per diminuire la dipendenza dalle vetture dei suoi cittadini. Le auto personali non dovranno più essere il paradigma della mobilità del futuro, ma perché si avveri questo bisogna costruire degli ecosistemi che offriranno alle persone molte più alternative.
Policy tool kit
Le soluzioni ci sono, sia a livello teorico, tecnologico e pratico: ma ci deve essere una sinergia da parte dei vari governi per far sì che siano attuabili. Per quanto riguarda la transizione verso l’elettrico ad esempio sono di vitale importanza gli incentivi a livello di prezzo per i singoli cittadini, ma anche la volontà di inserire i veicoli elettrici all’interno delle flotte nel trasporto pubblico e, per far sì che non sia solo una prerogativa urbana, deve essere implementata l’elettrificazione delle zone rurali anche nei paesi meno sviluppati. È obbligo dei paesi più ricchi capire come i benefit della mobilità elettrica possano essere condivisi con le nazioni in via di sviluppo: abbiamo un know how molto sviluppato, ma ci devono essere agevolazioni e interscambio tra i governi, è importante che ci sia condivisione internazionale di conoscenze in modo da arrivare a soluzioni condivise.