Tregua fragileSerbia e Kosovo ancora non l’hanno firmato e già litigano sull’accordo sponsorizzato dall’Ue

Il «deal» annunciato dall’Alto rappresentante Borrell si scontra con le giravolte del presidente serbo Vučić, che in patria ha fatto dietrofront su alcune condizioni. Se i due Paesi non rispetteranno le condizioni, ci saranno ripercussioni politiche ed economiche da parte di Bruxelles

Josep Borrell con il leader di Serbia e Kosovo, Aleksandar Vučić e Albin Kurti
Foto: Robert Atanasovski/Commissione europea

«We have a deal», ha twittato l’Alto Rappresentante dell’Unione europea Josep Borrell dopo dodici ore di riunione con i leader di Serbia e Kosovo. A Ohrid, sulle sponde del lago in Macedonia del Nord, è stato trovato un accordo sulla normalizzazione delle relazioni tra i Paesi di Aleksandar Vučić e del suo omologo Albin Kurti. «Il Kosovo e la Serbia hanno concordato l’allegato di attuazione dell’accordo sulla via della normalizzazione delle relazioni tra di loro», ha detto Borrell. «Le parti si sono pienamente impegnate a onorare tutti gli articoli dell’intesa e ad attuare i rispettivi obblighi in buona fede». C’è però un dettaglio di non poco conto: mancano le firme.

Qualche passo in avanti
La trattativa è stata serrata e Borrell a margine del lungo incontro non è apparso del tutto soddisfatto dell’accordo raggiunto, meno ambizioso rispetto a quello proposto da Bruxelles in prima battuta. Secondo il Commissario spagnolo, Pristina ha mancato di flessibilità sui contenuti mentre Belgrado ha continuato ad opporsi alla firma.

Fatto sta che pur senza la sottoscrizione la conferenza stampa dell’Alto Rappresentante ha dato formalmente il via all’intesa: «entrambe le parti saranno vincolate dall’accordo. Ora gli obblighi sono parte del percorso europei, non rispettarli avrà conseguenze». Stando a quanto riportato da Euractiv, questo passo consentirebbe di superare la mancata firma anche se resterebbe comunque la necessità di ratificare il documento nei rispettivi Parlamenti.

Il Presidente serbo Vučić a margine dell’incontro ha dichiarato che nonostante i due Paesi non siano d’accordo su tutti i punti la conversazione è stata «decente», mentre Kurti ha aggiunto che si può parlare di un riconoscimento de facto tra i due Paesi (sottolineando l’ennesimo rifiuto da parte dell’omologo serbo di arrivare ad una conclusione definitiva).

Non si è trattato solo di una fase interlocutoria visto che il mancato rispetto dell’accordo – composto dagli undici punti individuati nell’ultimo vertice di fine febbraio – e del relativo allegato avrebbe conseguenze nel percorso di integrazione europea di entrambi. Una strada che nessuno dei due leader vuole abbandonare, visto che anche Vučić sembra essersi convinto che l’Ue sia l’opzione più conveniente, anche alla luce delle difficoltà dell’amico Vladimir Putin. Qualche passo in avanti, insomma, c’è stato.

Il solito dietrofront di Vučić
L’allegato di attuazione formalmente operativo dalla scorsa domenica costituisce parte integrante dell’accordo e le due parti si impegnano a rispettarne tutti i punti nella loro interezza. Pristina avvierà «immediatamente negoziati nell’ambito del dialogo facilitato dall’Ue per stabilire accordi e garanzie specifici al fine di assicurare un livello adeguato di autogestione per la comunità serba».

Verrà quindi implementata l’associazione delle comunità serbe. Il Kosovo dovrà inoltre garantire la protezione dei siti del patrimonio religioso e culturale della Chiesa ortodossa serba all’interno del proprio territorio.

Dall’altro lato, nonostante il riconoscimento non venga menzionato in maniera esplicita nel testo, la Serbia dovrà sviluppare relazioni di buon vicinato rispettando l’indipendenza e l’integrità territoriale. E soprattutto non dovrebbe opporsi all’adesione del Kosovo a nessuna organizzazione internazionale. Con Vučić però il condizionale è d’obbligo.

Poche ore dopo l’annuncio di Borrell il Premier albanese Edi Rama, che evidentemente conosce il suo omologo serbo, si è auspicato che la mancata sottoscrizione non sia solo la premessa per l’«ennesimo inganno balcanico». Ma come spesso capita con il leader della Serbia, l’aria di Belgrado porta a cambiare idea: Vučić in diretta sulla tv nazionale ha corretto il tiro sostenendo che nessuno possa imporre un obbligo legale al suo Paese.

«Per questo non abbiamo firmato né quello che la Ue definisce un accordo né l’allegato. La Serbia è pronta a lavorare all’attuazione fino alle linee rosse». Linee rosse che secondo Belgrado non prevedono il riconoscimento del Kosovo e nemmeno l’adesione di Pristina alle Nazioni Unite. Quest’ultima parte, però, è prevista dall’articolo 4 dell’accordo che Vučić si era detto pronto ad implementare solo qualche ora prima.

Ma quando è in patria è spavaldo più che mai: «Ho un crampo alla mano destra, l’unica con cui posso firmare, un crampo destinato a durare almeno per i prossimi quattro anni», ha concluso. Nonostante alcuni progressi, quindi, è difficile fare previsioni su quella che sarà la reale posizione del Presidente serbo che, spinto anche dalle pressioni interne, fa dietrofront ogni volta che torna a casa.

No pain, no gain
Nonostante i diversi segnali positivi, dunque, qualche dubbio resta. Questa volta però se i due Paesi non rispetteranno i termini dell’accordo ci saranno ripercussioni politiche ed economiche. Bruxelles presiederà il comitato congiunto di monitoraggio che valuterà «step by step» il rispetto e l’attuazione dell’intesa.

L’Unione europea si impegnerà entro cinque mesi a definire un pacchetto di aiuti finanziari per i due Paesi, coerentemente con l’articolo 9 del testo che prevede un impegno europeo in materia di sviluppo economico, connettività, transizione ecologica e altri settori chiave. Ma Borrell ha chiarito che gli investimenti saranno vincolati alla piena attuazione dell’accordo e che la sua mancata implementazione avrebbe conseguenze anche sul processo di integrazione europea.

A questo punto sarebbe lecito domandarsi come si porrà l’Ue nei confronti di Cipro, Grecia, Romania, Slovacchia e Spagna che non hanno ancora riconosciuto il Kosovo come Paese indipendente. Un cambio di rotta sotto questo aspetto segnerebbe un passaggio importante in un negoziato che va avanti da dodici anni.

Nel frattempo, Borrell proseguirà nel suo lavoro di mediazione. Nonostante i dubbi e l’accordo al ribasso, è innegabile che qualche progresso sia stato fatto, soprattutto alla luce delle tensioni di soli tre mesi fa. La situazione potrebbe definitivamente sbloccarsi nelle prossime settimane. Giravolte di Vučić permettendo.

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