Vaticano arcobaleno Una fronda di ultraconservatori frena le aperture di Papa Francesco al mondo Lgbt+

Un’indagine giornalistica sul velo di omertà e ipocrisia sul tema dell’omosessualità nella Chiesa. La breccia nella dottrina di Bergoglio, le cui riforme sono osteggiate da chi vorrebbero vederlo rinunciare al Soglio di Pietro, specie dopo la scomparsa di Ratzinger

Roma Pride San Pietro
Mauro Scrobogna/LaPresse

Perché proprio oggi un libro su Papa Francesco e i gay? O meglio sull’atteggiamento della Chiesa cattolica oggi nei confronti delle persone Lgbt+? E il tentativo, non semplice, di fare il punto sullo «stato dell’arte» in un’epoca in cui i costumi sessuali sono in apparente subbuglio, non meno della Chiesa stessa. Con la morte di Benedetto XVI, infatti, si ha ragione di credere che qualcosa sia cambiato, ancora una volta, all’interno della Chiesa cattolica.

Un equilibrio che l’età dei «due papi» aveva paradossalmente garantito, con un teologo in sonno e un attivista in opera, che garantivano alle anime conservatrice e progressista di convivere sotto al Cupola di San Pietro, tenendo a freno le forze centrifughe del mondo cattolico. Oggi, però, il rischio è un altro.

Quello che, almeno secondo un accorto osservatore di cose vaticane come Luigi Nuzzi, vede l’esistenza di un piano segreto dentro e fuori le mura vaticane, che «coltiva un unico obiettivo: stressare il pontificato per arrivare alla rinuncia di Francesco, contando su un progressivo indebolimento del santo padre e su scelte dottrinali che creano sacche di malcontento da enfatizzare e raccogliere». Rinuncia che lo stesso Bergoglio non ha mai peraltro escluso.

Ma su quali scelte dottrinali contano di fare più leva le forze avverse a Francesco oggi, se non quelle legate ai costumi e alla sessualità? Proprio per tali ragioni, questo testo cerca di comprendere cosa c’è di nuovo e cosa invece rimane legato alla tradizione e al passato nella dottrina e nei comportamenti della Chiesa (il magistero e la pastorale, in termini «tecnici») rispetto a questo mondo così articolato, complesso, ricco di sfaccettature, dialogante e contestatore insieme, sofferente per le discriminazioni e orgoglioso della propria identità.

La diversità ci interroga e giustamente ci provoca, soprattutto se è una diversità emarginata, offesa, non compresa, non accettata. Un fatto è certo pur nelle sue contraddizioni, ambiguità e prudenze: la Chiesa di Francesco non si volta più dall’altra parte di fronte all’omosessualità, la transessualità, la bisessualità. È questo ciò che vuole testimoniare li presente libro, che è anzitutto un’inchiesta giornalistica e non un volume di morale o che pretende di «fare la morale».

Ma non basta raccontare gesti e avvenimenti. Occorre anche cercare di offrire delle chiavi di lettura. Operazione ancora più difficile oggi, quando le parole, i gesti, le decisioni o le mancate decisioni di Francesco su questo tema si prestano a letture e interpretazioni contrastanti.

È lo stesso Papa che un giorno accoglie in Vaticano un transessuale e un altro vieta la benedizione alle coppie gay? Lo stesso che proclama una Chiesa dalle porte aperte ma si pronuncia duramente contro la teoria del gender? Un modo per orientarsi è anzitutto mettere a fuoco il fatto che atti, dichiarazioni, decisioni del Papa si muovono su piani diversi a seconda della circostanza, del contesto, degli interlocutori. Questo è un primo elemento.

Il secondo elemento è più di prospettiva, e guarda lontano: Bergoglio modifica lo stile dell’approccio della Chiesa riguardo al mondo Lgbt+. La Chiesa «ospedale da campo», come la chiama spesso il pontefice, accoglie tutti, non vuole lasciare fuori nessuno. «Non è una dogana», ripete ancora Francesco. Però dopo aver accolto tutti e riconosciuto l’identità e la dignità di ciascuno, la Chiesa del Papa argentino proclama la sua verità e rimane fedele ai suoi principi.

Questo può bastare alle persone Lgbt+? Certamente no. Lascia con l’amaro in bocca chi, soprattutto nel mondo laico e progressista, si aspettava riforme radicali di Francesco sul fronte del magistero e della teologia morale (aborto, contraccezione, eutanasia) che invece non sono mai arrivate? Forse.

Quello di Bergoglio allora è solo un «progressismo di facciata»? No, perché nella Chiesa le categorie progressista e conservatore non hanno molto senso, e anzi sviano da una corretta comprensione dei fenomeni (il «conservatore» Ratzinger, ad esempio, ha compiuto il gesto più rivoluzionario della Chiesa in epoca moderna: la rinuncia al soglio pontificio!).

Probabilmente, Papa Francesco ha aperto una strada dalla quale non si potrà più tornare indietro: basta solo considerare che oggi si parla di questo argomento, mentre fino a pochi anni fa il tema Lgbt+ non era neppure preso in considerazione nell’agenda della Chiesa, tranne che da qualche prete di frontiera. Non era mai accaduto prima che un pontefice accogliesse un transessuale a casa propria, e Bergoglio lo ha fatto.

Molto adesso dipenderà da chi, in futuro dopo il pontefice argentino, ne raccoglierà il testimone. Sul fronte pastorale, Francesco ha aperto degli spiragli e fatto circolare aria nuova per omosessuali, bisessuali, transessuali e così via. La Chiesa non è un monolite, tante sono le sensibilità e le attitudini presenti. Tuttavia, la sensazione prevalente è che oggi ci sia meno spazio nella realtà ecclesiale per l’omofobia e la transfobia di un tempo.

Ma c’è ancora tanto cammino da fare. Soprattutto sul fronte dottrinale e magisteriale. Lo richiede non una motivazione ideologica, piuttosto la sofferenza di tante persone Lgbt+ che sono discriminate e non comprese o non accettate. Anche loro sono i «poveri» che Papa Francesco vuol mettere in prima fila, ispirandosi al santo di Assisi di cui ha scelto il nome. Non è difficile immaginare che anche San Francesco nel XIII secolo avrebbe aperto la porta delle sue comunità alle persone Lgbt+ discriminate.

Un aspetto su tutti sembra, però, frenare il cammino della Chiesa verso un’apertura su temi così delicati: quella fronda di ultra conservatori che non si rassegnano a vedere Bergoglio rinunciare al suo magistero. Ma a cui Francesco sembra intenzionato a rispondere colpo su colpo. Come dimostra la riapertura del caso Orlandi in Vaticano: un esempio di come la Chiesa di Roma possa dare a se stessa la possibilità, finalmente, di chiudere alcuni capitoli che ne hanno offerto un’immagine negativa. E aprirsi a una nuova fase, benedetta dal Papa argentino.

copertina libro gay papa francesco

Da “Lasciate che i gay (non) vengano a me”, di Luciano Tirinnanzi, Paesi edizioni, 160 pagine, 15 euro