Politicamente, Giorgia Meloni e Pedro Sánchez non potrebbero essere più lontani. La presidente del Consiglio di destra e il premier spagnolo socialista si sono incontrati ieri a Roma. E, come scrive El Pais, hanno preferito evitare i punti di distanza, giocando invece su temi e interessi comuni. Anche perché, sul fronte europeo, condividono molto di più di quanto le loro appartenenze potrebbero far immaginare.
In poco più di un’ora e mezza di confronto, Meloni e Sánchez hanno affrontato i principali nodi nei rapporti con Bruxelles: sostegno incondizionato all’Ucraina contro la Russia, migranti, nuove regole del Patto di Stabilità, energia, utilizzo flessibile dei fondi europei, e soprattutto la realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Meloni ha spiegato a Sánchez che il Pnrr è un’eredità di Giuseppe Conte e Mario Draghi, lo ha aggiornato sulle trattative con l’Europa e sulla strategia del governo italiano che punta a cambiare traguardi e progetti, rispetto alle decisioni prese negli ultimi tre anni dai suoi due predecessori a Palazzo Chigi. Il premier spagnolo si trova, invece, sul Pnrr in una situazione più favorevole. Rispetto agli impegni presi, ha un’agenda più chiara di riforme, senza le tensioni che riguardano le questioni italiane sulla concorrenza e sulle concessioni balneari.
L’Italia è il principale beneficiario dei fondi del Recovery Fund per risorse complessive (191,5 miliardi di euro, 123 miliardi in prestiti e 68,9 miliardi in garanzie), il secondo dopo la Spagna per sovvenzioni a fondo perduto (69,5 miliardi contro 68,9 miliardi).
L’Italia è in affanno, la Spagna meno. Ma nonostante i diversi risultati raggiunti finora, scrive La Stampa, Meloni e Sánchez coltivano hanno lo stesso obiettivo di convincere la Commissione europea ad andare oltre il 2026, anno entro il quale, secondo gli accordi siglati durante la pandemia, i lavori del Pnrr devono essere completati o perlomeno in fase avanzata di attuazione. Una richiesta che è stata formalizzata anche dal Portogallo ma che continua a essere contrastata dai Paesi del Nord Europa, contrari a lasciare ulteriori margini all’Italia e ai partner del Mediterraneo.
I due leader condividono lo stesso approccio anche sull’immigrazione. D’altronde, i problemi sono simili: l’Italia è alle prese con i flussi disordinati di profughi dovuti all’instabilità di Libia e Tunisia, mentre la Spagna deve controllare le partenze da Marocco e Algeria. Esistono però sfumature nell’approccio. Sánchez ha apprezzato che Meloni abbia cambiato registro da quando è diventata premier, che non parli più di blocchi navali e respingimenti, chiedendo invece una risposta europea di tipo politico.
A fine anno in Spagna si vota e Meloni in Spagna è conosciuta soprattutto per il legame stretto con Vox, l’estrema destra contro la quale Sanchez sta dedicando una parte importante della sua campagna elettorale. Quel comizio gridato a Marbella nel giugno scorso, con gli anatemi contro la «lobby Lgbt» è rimasto scolpito nell’immaginario collettivo. E, quindi, troppa confidenza alla sovranista italiana può risultare dannosa. Non è un caso, infatti, che il vertice interministeriale tra i due Paesi, dovrà attendere la fine «del nostro anno elettorale» ha detto Sánchez.