Bolle senza fineInvecchiare bene, dopo le nozze di due giovani di Mareuil-sur-Aÿ

Riconoscere il terroir come primo ingrediente del vino e promuovere una maturazione lunga e paziente sono le due idee che hanno fatto di uno champagne un progetto enologico distintivo, nato da un matrimonio

Photo credit: caroladucoli-photography

Duecento anni, una famiglia, uno stile: quello di Billecart-Salmon, una delle cinque maison rimaste ancora indipendenti nella regione della Champagne, ininterrottamente di proprietà di un’unica casata, formata in origine dalla fusione di due. Tutto ebbe inizio infatti nel 1818, quando Nicolas François Billecart sposò Elisabeth Salmon, a Mareuil-sur-Aÿ, loro paese natio, vicino a Épernay, costruito sulle rive della Marna. Lui, figlio di commercianti che dal 1500 aveva sfruttato il fiume per i loro commerci verso Parigi. Lei, figlia di vigneron. Dal sempre maggior interesse economico per lo champagne e dalla loro calzante unione, nacque così il marchio Billecart-Salmon, con entrambi i cognomi, come in uso all’epoca. Le due famiglie fondarono l’azienda convogliando insieme i loro vigneti, quattordici ettari in tutto, tra Mareuil-sur-Aÿ, Chouilly e Chigny-la-Montagne. Entra in società anche Louis Salmon, fratello di Elisabetta. Appassionato di enologia, si occupò della produzione del vino, mentre Nicolas della parte commerciale, dimostrando non solo di essere il «fondatore appassionato», ma anche un rivoluzionario. Espanse l’azienda, acquistando ettari di terreno, pratica allora consentita soltanto ai vigneron. Intervenne anche nell’atto produttivo, abbassando il dosaggio del vino, andando contro la richiesta del mercato di allora. Questo col fine di promuovere un’idea di Champagne innovativa: non frutto del processo in cantina, ma del lavoro in vigna, della selezione delle uve, espressione del suolo e del clima del luogo. Nicolas François fu un vero e proprio pioniere e così anche tutti i suoi successori, di generazione in generazione. Il figlio Pol Billecart fu tra i primi ad aprire una maison ai visitatori. Il suo successore Charles Roland-Billecart, nominato «il pilota coraggioso», tornato dalla guerra, riuscì a riavviare l’azienda e la produzione vitivinicola, portando nel 1936 a 217000 la quota di bottiglie vendute.

La vera rivoluzione la compì tuttavia il suo figlio maggiore, Jean Roland-Billecart, «l’attento perfezionista». A lui si deve infatti negli anni ’50 l’introduzione di quelle tecniche di vinificazione che determinarono il miglioramento qualitativo dello champagne della maison. Otre a ciò, anche l’adozione della sua bottiglia distintiva e la creazione del «Brut Rosé», la cuvée simbolo di Billecart-Salmon. A prendere in mano l’azienda fu poi nel 1993 il figlio maggiore di Jean, François Roland-Billecart. Appassionato di scacchi, egli si comportò come un vero stratega, ridefinendo il posizionamento del brand, non più negli scaffali della grande distribuzione, ma in quelli di enoteche specializzate e nelle cantine dell’alta ristorazione. Ad aiutarlo in questo compito, il cugino Antoine Roland-Billecart, responsabile della commercializzazione all’estero, ormai avviata con successo a partire dagli anni ’80. Nel 1999 arrivò al «Great Tasting» di Stoccolma la nomina della cuvée «Brut 1959» quale «Champagne del Millennio», a validare l’inventiva, gli sforzi e la tenacia di ben sei generazioni. Oggi la settima vede la figura di Mathieu Roland-Billecart dirigere la maison insieme al cugino Nicolas Roland-Billecart, responsabile commerciale e Antoine, vice direttore responsabile dell’export, accompagnati ancora dai consigli sapienti di Jean e François.

Il motto di Billecart-Salmon rimane sempre lo stesso: «Dare priorità alla qualità, puntare all’eccellenza», a partire dalla vigna. Dei quattordici ettari iniziali oggi cento sono soltanto della tenuta, più quelli coltivati duecento, di cui quindici certificati biologici. Il progetto di sostenibilità della maison non si ferma però qui, ma assume una prospettiva più ampia, che parte dal proteggere l’ambiente e promuovere la biodiversità. La gestione della vigna avviene infatti senza l’uso di diserbanti, praticano la «falciatura biologica», utilizzando le pecore per pulire e fertilizzare il terreno, arato come una volta dai cavalli, il cui passo aiuta le radici a scendere in profondità nel gesso. A ciò, si aggiunge la pratica dell’inerbimento e l’allevamento di api che, impollinando le piante, mantengono vivo e sempre diversificato l’ecosistema. Mettere in atto tali azioni porta alla chiave del successo della maison nonché suo finale obiettivo: «rispettare il territorio, per produrre grandi vini», a partire da grandi uve. Queste provengono da quaranta cru della regione della Champagne, in un raggio di venti chilometri intorno al comune di Épernay, un territorio che si estende tra la Montagna di Reims, la Côte des Blancs e la Valle della Marna. Non viene effettuata una selezione clonale, ma massale, in cui la talea viene prelevata dalle migliori viti dei vitigni Pinot Noir, Chardonnay e Pinot Meunier. È così che il 75% delle uve è Premier cru o Grand cru, classificazioni che tuttavia come afferma Nicolas non prevalgono sulla componente più importante, il terroir. A garantire ciò è da vent’anni Denis Blée, verificando puntualmente per ogni parcella la maturazione dell’uva, il suo taglio e vendemmia, fino al suo raggiungimento in cantina. Qui metodi di vinificazione ancestrale incontrano le nuove tecnologie, quelle introdotte anzitempo da Jean nel 1958. Parliamo della sfecciatura a freddo, ma ancor di più della fermentazione alcolica a bassa temperatura in tini di acciaio inox. Ispirata dai processi della birra, questa avviene a 13°C, grazie a ceppi di lieviti appositamente selezionati per sopravvivere per tutta la durata del processo, quindici giorni. Pratica ineguagliabile nel mondo dello champagne, che conferisce quella freschezza e finezza propria dei vini Billecart-Salmon. La tinaia prevede inoltre tini termoregolati di piccole dimensioni (quarantasette ettolitri), che consentono di osservare la tracciabilità dei vitigni e delle parcelle. La vinificazione cru per cru permette pertanto di mantenere e preservare le peculiarità del terroir. La vinificazione continua poi tradizionalmente nei due chais della cantina, all’interno rispettivamente di 400 botti e 24 foudre, questo per esaltare la ricchezza, la complessità e la eleganza dei vini. L’ultima tappa sono le cantine in gesso scavate nel 1840. Nei due chilometri di corridoi il vino pronto e imbottigliato, viene lasciato a una maturazione rispettosa e prolungata. A monitorare l’intero processo, i cantinieri: con la loro esperienza e savoirfaire effettuano il remuage e dégorgement manualmente, anche con le bottiglie con tappo a sughero e gabbietta. Aggiungono infine il liqueur d’expedition, avvalendosi delle cinquanta bottiglie di vini selezionati e custoditi nella nurserie, perché come dice Nicolas: «Non conta solo lo zucchero, ma anche il vino».

Tutto il processo richiede tra i tre e sette anni per i non millesimati e per i millesimati tra i dieci e diciotto, sui lieviti, più due dopo la sboccatura. Una durata due volte superiore rispetto a quella prevista del disciplinare, giustificata dal risultato finale. A confermarlo, la cuvée «Nicolas François 2008», presentata in anteprima in Italia l’8 maggio al «The Westin Palace» di Milano, in una masterclass organizzata dal loro storico collaboratore Velier e AIS Lombardia. Creata nel 1964 in onore del fondatore, questa incarna il savoir-faire della maison dell’arte dell’assemblaggio praticato dallo chef de cave Florent Nys. Come un vero chef, crea infatti un prodotto rappresentante lo stile di Billecart-Salmon, a partire dalle uve dei vigneti, in questo caso Pinot Noir delle Montagne de Reims e Chardonnay della Côte des Blancs, equilibrando quantità e dosaggio, rintracciabili per la prima volta con Nicolas François 2008 attraverso il nuovo strumento digitale «MyOrigin». Questo consiste in un codice a sei cifre sul retro-etichetta, che, scannerizzato, permette di conoscere tutte le informazioni sul vino. Ancor più però la cuvée del 2008 è espressione della capacità di invecchiamento dei vini e di quanto ne deriva: la finezza, l’equilibrio, l’eleganza che contraddistingue l’identità della maison. «Lasciare che il tempo faccia il suo lavoro», la via e «grandezza» dello champagne Billecart-Salmon, come lo definisce l’ormai centenario Jean, il segreto della sua età, l’«elisir di vita».

X