Nel centro storico di Bressanone il buio gioca a nascondino con la luce: luoghi illuminati e luoghi bui. È il messaggio, anche inconsapevole, del Water Light Festival, che trasforma, fino al 21 Maggio, dalle 21 alle 24 di ogni sera, la cittadina altoatesina in una galleria d’arte contemporanea a cielo aperto. Perché la luce, elemento principale dell’evento insieme all’acqua, è origine della vita, ma ha anche un suo lato oscuro, gioco di parole a parte.
A sintetizzarlo è l’artista austriaca Siegrun Appelt, che nella sua opera di light art intitolata 24 kW trasforma il vestibolo del Duomo di Bressanone in uno spazio abbagliante di luce. Inondato da dodici fari che generano una potenza di ventiquattro kilowatt e che dicono, con il linguaggio di una installazione fatta di luce, che quest’ultima può anche essere estrema, distruttiva e quindi viene rivolto un invito a ripensare l’approccio alla luce.
E per compensare l’energia necessaria per alimentare questa opera, l’illuminazione esterna di tutte le chiese del decanato di Bressanone-Rodengo è tenuta spenta per tutta la durata del festival. Perché la filosofia dell’edizione 2023 del Water Light Festival è la sostenibilità: non solo nelle opere – che sono 48, suddivise tra Bressanone, Abbazia di Novacella e Forte asburgico di Fortezza – e nei messaggi che gli artisti vogliono dare, ma nella stessa organizzazione dell’evento. Il festival utilizza infatti energia proveniente al cento per cento da fonti rinnovabili e che si propone, per l’edizione del 2024, di essere carbon neutral.
Poi c’è l’acqua, altro ingrediente del festival; che anzi a Bressanone è molto più di un fiume, anzi due, che l’attraversano. Visto che, come sembra, senza però essere certo, è stata proprio la presenza dell’acqua dell’Isarco a spingere i vescovi a spostare, nel 911, la sede episcopale dal monastero di Sabiona, che guarda Chiusa dall’alto di uno sperone roccioso, a Bressanone, significando per quest’ultima ricchezza e fama.
Isarco che poi, come accennato, non è neanche l’unico fiume di Bressanone. Infatti all’altezza dei Giardini Rapp, l’Isarco che scende dal Brennero seguendo la valle cui dà il nome, si congiunge con il Rienza, che giunge a Bressanone dopo aver costeggiato la Val Pusteria. Ed è proprio lungo l’Isarco, e alla sua confluenza con il fiume Rienza, che trovano collocazione alcune delle installazioni più suggestive del Festival.
Misty Mystery, degli artisti danesi Mads Vegas & Anger, crea, con una nebbiolina e illuminazione puntiforme, un’atmosfera onirica e misteriosa sotto il Ponte Widman; dialogo tra Nord e Sud, tra cieli del Nord e torrenti di montagna del Sud e anche tra Water Light Festival e Copenhagen Light Festival, svoltosi lo scorso febbraio, durante il quale era già stata presentata, pur in condizioni atmosferiche diverse e sotto un ponte della capitale danese, la stessa installazione.
Seguendo il Lungoisarco in direzione del Ponte Aquila, s’incontra Underworld, di Aleksandra Stratimirovic: un’installazione sparpagliata in un giardino e composta da capanne che la luce trasforma in forme luminose e che rappresentano, con la loro trasparenza, un immaginario insediamento sottomarino e il suo fragile ambiente. E in corrispondenza del Ponte Aquila, icona del panorama brissinese, l’eterea River Glow degli italiani Ali Paloma e Hartwig Thaler, sembra galleggiare sull’acqua. In un gioco a contrasto con la poderosa struttura del ponte e raccontando la possibilità di convertire l’acqua in energia elettrica.
L’Isarco e le sue installazioni di luce e acqua non esauriscono la carica creativa – non fine a se stessa ma volta a richiamare l’attenzione verso i temi dell’ecologia e della sostenibilità – del Water Light Festival: tra installazioni che rappresentano calamari giganti, alberi “messi a nudo” da una sapiente illuminazione che mette in risalto la linfa dalla corteccia, viaggi attraverso il ciclo di vita di un ghiacciaio e proiezioni su facciata di porte e palazzi che fanno riflettere sulla enorme quantità di rifiuti di plastica presenti sul pianeta.
E il fiume trasformato dal Festival anticipa, in un certo senso, ciò che l’Isarco può diventare per Bressanone a partire da luglio ed entro dicembre di quest’anno: il nuovo biglietto da visita di una cittadina che, pur essendo il centro più antico del Tirolo, non si adagia sulla storia ma avanza verso il contemporaneo.
Non a caso lo studio di architettura Vudafieri-Saverino Partners, responsabile del progetto di restauro della seicentesca Lasserhaus, affacciata sull’Isarco di fronte al Ponte Aquila, parla di Bressanone come città laboratorio, rispettosa del proprio passato ma anche coraggiosa.
E il loro progetto, che prevede i primi due piani del palazzo riservati a un piccolo ma suggestivo hotel con sole nove camere, tutte diverse e in cui sono intervenuti artisti contemporanei, cerca infatti una sintesi tra antico preesistente e contemporaneo.
Il restauro della Lasserhaus è solo una tessera di un mosaico che va a ricomporre, con linguaggio contemporaneo, un quartiere antico di Bressanone, affacciato sull’Isarco o nelle sue immediate vicinanze. Del quale fa già parte l’Alter Schlachthof, risultato della trasformazione dell’ex macello comunale risalente alla metà dell’Ottocento, in bar e ristorante – ma c’è anche, nel sottotetto, un particolarissimo bed & breakfast -, il cui stile ben evidenzia, attraverso i tanti rimandi al luogo che era, quel riuscito equilibrio di cui si diceva. Del resto la coesistenza tra vissuto e presente è e sarà la cifra stilistica di quest’area di Bressanone, e forse dell’intera cittadina.
E se l’Adler Historic Guesthouse, che prende il posto dello storico Goldener Adler Hotel, è prossimo all’apertura con le sue quarantatré camere e suites affacciate sul lungofiume e la spa panoramica sul tetto, c’è molta curiosità per il nuovo Hotel Badhaus dello studio Bergmeisterwolf, in un’area dov’erano gli antichi bagni pubblici e collegato, tramite una galleria per la quale è stato indetto un concorso artistico, ad una nuova piazza.
Sempre in questa zona che insiste sull’Isarco, previsto anche un garage che si annuncia molto particolare. In esso il designer altoatesino Harry Thaler ha ampliato lo spazio specchiando attraverso il soffitto, in cui si riflette, in formato digitale, il numero del posto auto ottenuto da un sistema a LED integrato nella parete. L’esperienza multisensoriale del garage, è la stessa che assicurerà, da qui a breve, la stessa Bressanone.