Molto prima di diventare un programma su Discovery Channel o un thriller al cinema, e ben prima di avere questo nome, gli urban explorer rappresentavano un fenomeno di nicchia ma diffuso un po’ in tutta Europa. Stiamo parlando degli esploratori urbani, anime romantiche con la passione – da almeno due secoli (il primo sembra essere stato Philibert Aspairt, morto nel 1790 nel corso di un’esplorazione dei sotterranei di Parigi) – di scovare gli edifici abbandonati nelle periferie urbane o in aperta campagna.
Lo fanno partendo da lunghe ricostruzioni storiche di un territorio, ricerche su Google Earth, passaparola e sopralluoghi diretti. Un’attività illegale perché, per soddisfare la loro passione, gli urban explorer devono scavalcare muri di cinta, farsi largo tra rovi e sterpaglie e penetrare in qualsiasi modo all’interno di strutture chiuse, abbandonate e pericolanti, rischiando una multa, incontri spiacevoli ma – soprattutto – di farsi male.
I terreni di caccia non mancano: secondo i dati ufficiali (Istat e Cescat) solo in Italia gli edifici abbandonati sono circa sette milioni, inclusi – secondo Legambiente – 5.300 “borghi fantasma”. «Mettendone insieme le cubature si arriverebbe a coprire una superficie grande come l’Umbria ma, in realtà, una mappatura completa è impossibile: i luoghi abbandonati sono in Italia sono tantissimi, molti più di quello che si possa pensare», spiega a Linkiesta Eccetera Alessandro Tesei, fondatore dell’associazione Ascosi Lasciti che, sul sito, raccoglie le immagini delle scoperte fatte dai soci in Italia e in Europa.
Con Davide Calloni, Tesei ha raccolto le immagini di quaranta luoghi abbandonati nel libro Italian Urbex, la ristampa aggiornata di un volume uscito nel 2018 (Magenes Editoriale). «Abbiamo esplorato varie tipologie di edifici: il palazzo nobiliare, che è poi la tipologia più diffusa e ricercata, l’hotel, la discoteca, la chiesa, il convento, la fabbrica, le strutture commerciali come vecchi negozi, teatri, terme, aree militari, parchi dei divertimenti, borghi fantasma».
Si tratta di edifici in grado di raccontare la storia del nostro Paese e le diverse vocazioni territoriali: «Dalle caserme del Friuli alle colonie o alle discoteche dell’Emilia-Romagna, dalle fabbriche di Lombardia e Veneto ai conventi marchigiani, passando dalle chiese dell’Umbria fino ai borghi abbandonati disseminati lungo tutto l’Appennino, con tanto di ex cinema e teatri». Luoghi di cui i soci di Ascosi Lasciti non rivelano mai l’esatta ubicazione, a tutela degli edifici ma soprattutto dei lettori che, mettendosi sulle loro tracce, rischierebbero di farsi male.
«Il libro raccoglie le immagini dei luoghi più curiosi, belli e interessanti che abbiamo scoperto negli ultimi anni. Come quelle che consideriamo vere e proprie capsule del tempo: dagli ospedali psichiatrici alle ville ottocentesche, dalle stazioni ferroviarie alle ex strutture militari, edifici che al loro interno trattengono tutte le tracce di una storia ricca, magari dolorosa ma sempre significativa, importante, una storia che ha segnato le comunità in cui si trovavano. In ognuno di questi luoghi noi siamo entrati, abbiamo aperto cassetti, letto lettere o registri, trovato fotografie: non portiamo via niente, ma cerchiamo di raccogliere il maggior numero di informazioni possibile».
Per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni? «Lo scopo dell’associazione, e di questo libro, non è tanto quello di denunciare il degrado. A noi interessa soprattutto raccontare le storie che questi luoghi nascondono», spiega Davide Calloni, urban explorer e coautore del volume. «Dopo quello dedicato alle discoteche, più legato alla nostalgia dei luoghi e delle persone che li hanno frequentati da ragazzi, negli anni Ottanta e Novanta, in questo libro abbiamo infatti cercato di essere molto più attenti alle narrazioni dei luoghi, alle storie che altrimenti prima o poi sarebbero collassate su se stesse insieme all’edificio, senza lasciare memoria. Certo, poi, la riflessione su un Paese che cade a pezzi, sugli sprechi, è inevitabile», sottolinea.
Ci sono alberghi con il registro degli ospiti ancora aperto sul bancone, biblioteche con i libri ben ordinati sugli scaffali, antiche ville con i vestiti appesi negli armadi. Ma quali possono essere le ragioni dell’abbandono? «Diverse: la famiglia estinta, gli eredi in lotta tra loro, l’attività fallita, le spese troppo ingenti per la ristrutturazione, i debiti, l’assenza di compratori, il paese svuotato dalla fuga verso le grandi città. Il nostro è un Paese che sta cadendo a pezzi nell’indifferenza totale delle istituzioni, a volte per mancanza di conoscenza, molto più spesso per mancanza di fondi».
Così a noi restano le rovine, che però tanto possono dire dell’umanità. «A dispetto del desiderio di immortalità, della volontà di accumulo e di potere, dei meravigliosi palazzi nobiliari appartenuti a famiglie potentissime, tutto – palazzi e patrimoni – nella gran parte dei casi finisce letteralmente in rovina». Intanto la passione per questo tipo di esplorazioni è cresciuta. Fino a diventare un fenomeno di moda, che – inevitabilmente – richiama anche blogger e youtuber. Un altro modo per portare questo tema all’attenzione del pubblico?