Il Piano nazionale di ripresa e resilienza si muove su due fronti. Quello italiano, dove è in corso lo scontro tra il governo e i magistrati contabili della Corte dei Conti. E quello europeo, con il ministro Raffaele Fitto che tenta la missione del disgelo con Bruxelles per arrivare a un compromesso sulla revisione del piano.
Il governo ha posto la fiducia alla Camera sul decreto legge pubblica amministrazione, che include gli emendamenti che limitano il controllo concomitante della Corte dei Conti sulle spese del Pnrr. Il provvedimento dovrebbe ricevere il via libera a Montecitorio tra oggi e domani. Ma l’Associazione dei magistrati contabili, che ieri si è riunita in assemblea straordinaria, ha ribadito la sua contrarietà affermando che è a rischio la tutela dei conti pubblici e di tutta la collettività.
Nella nota diffusa al termine dell’assemblea, viene sottolineato che lo scudo sulle «condotte gravemente colpose di soggetti sia pubblici che privati riduce la tutela della finanza pubblica». La premier Giorgia Meloni, intervistata da Retequattro, ribadisce di aver confermato «ciò che ha fatto il precedente governo, non c’è alcuna deriva autoritaria né bavaglio, è la sinistra che è molto in difficoltà». La Corte risponde che lo scudo fu varato «nel contesto di emergenza pandemica», prorogarlo ancora «impedisce di perseguire i responsabili e di recuperare le risorse distratte, facendo sì che il danno resti a carico della collettività». Discorso simile per l’abolizione dei controlli in itinere che, spiegano le toghe, «indebolisce i presidi di legalità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa».
Così, mentre in Italia sale la tensione, a Bruxelles si tenta invece il disgelo. Raffaele Fitto ieri è volato a Bruxelles, dopo lo scontro a distanza di venerdì scorso sulle modifiche dei poteri alla Corte dei Conti, per provare a fare il punto sulla revisione del piano chiesta da Meloni. Ci sono ancora da risolvere i dettagli tecnici che impediscono il pagamento della terza rata dell’anno scorso, ed evitare che la quarta che scade il 30 giugno arrivi dopo Natale.
Tra la delegazione italiana e i funzionari della Commissione si è parlato «dell’andamento della terza e quarta richiesta di pagamento» – hanno fatto sapere – ma è stata discussa anche «la via da seguire per il capitolo RePowerEU». Entrambe le parti «hanno sottolineato la necessità di proseguire con la massima urgenza i lavori in corso».
“Repower Eu” è il primo passo della riscrittura del piano, perché nasce come capitolo aggiuntivo e con risorse aggiuntive. Ma in caso di modifica del piano per circostanze «oggettive» (lo prevede l’articolo 21 del regolamento del Piano), è possibile incrementare le risorse destinate alla transizione energetica, togliendole ai progetti non più realizzabili.
La dote iniziale sono 2,7 miliardi aggiuntivi per gli obiettivi di transizione energetica. Nelle intenzioni di Fitto – spiega La Stampa – quel capitolo dovrebbe lievitare a più di 10 miliardi, quasi tutti investimenti da affidare alle grandi aziende partecipate dallo Stato. Un paio di settimane fa Fitto ha spedito una bozza della quale non si sa quasi nulla. L’Italia finora ha inviato solo schede tecniche, niente di più – lamentano da Bruxelles. Ma quella è la strada scelta di comune accordo da Roma e Bruxelles per evitare che l’intera revisione del piano non diventi un argomento per i partner più critici. C’è poi un’ulteriore ragione che spinge Roma ad accelerare i tempi: oggi il governo spagnolo approverà e invierà alla Commissione la sua proposta di modifica del piano nazionale che lievita da 70 a 160 miliardi fra contributi a fondo perduto e prestiti.