Un gruppo di poliziotti di Verona è accusato di atti di violenza e torture commesse nei confronti di persone che avevano fermato legittimamente e che erano in custodia in questura. Cinque sono ai domiciliari (Alessandro Migliore, Loris Colpini, Federico Tomaselli, Filippo Failla, Roberto Da Rold), altri diciassette sono indagati per le violenze e ventitré sono stati trasferiti perché sapevano ma non reagito: poco meno della metà dell’intero reparto Volanti è coinvolto nell’inchiesta della procura di Verona.
In un lungo articolo su Repubblica Giuliano Foschini e Fabio Tonacci scrivono: «A Verona la democrazia si è fermata sulla soglia dell’acquario. In Questura chiamano così la sala dove è portato per l’identificazione chi viene fermato per strada durante i pattugliamenti». Il nome lo si può intuire, una delle pareti è in plexiglas, e in teoria dovrebbe essere la prima garanzia di tutela del diritto. Dovrebbe, appunto. Perché nella questura veronese «la trasparenza si è fatta invece opacità. Si è fatta abuso, tortura, odio razziale. Umiliazione. Come pisciare addosso a un immigrato fermato alla stazione per fargli riprendere i sensi dopo averlo pestato. O spruzzare lo spray al peperoncino negli occhi di un indifeso e minacciare di farlo sulle sue parti intime. O, ancora, costringere un tossicodipendente a ripulire con la pelle la propria urina».
Le violenze sono emerse da un’indagine di altri poliziotti, quelli della squadra mobile di Verona, su delega della procura, e sarebbero avvenute in un periodo compreso tra il luglio del 2022 e il marzo del 2023. Tra i reati contestati ci sono tortura, lesioni, falso, omissioni di atti d’ufficio, peculato e abuso d’ufficio.
In quel reparto, raccontano Foschini e Tonacci dalle colonne di Repubblica, almeno un vice ispettore e quattro agenti seguivano un Metodo. «Sono stati documentati sette episodi gravi in otto mesi, dalla fine di marzo del 2022 al novembre scorso, ma c’è da chiedersi da quanto tempo fosse in vigore il Metodo. E quanti siano gli “ultimi” della città che ne sono stati vittime». Stando a quanto riportato della gip Livia Magri, che ha disposto gli arresti domiciliari per le accuse di torture e lesioni (in due casi aggravate dall’odio razziale), falso, omissioni di atti di ufficio, peculato, è «amaro constatare che i soprusi e le vessazioni hanno coinvolto in misura pressoché esclusiva soggetti stranieri, senza fissa dimora, affetti da gravi dipendenze da alcool o stupefacenti. Gli indagati erano convinti di rimanere immuni da qualsiasi conseguenza».
In uno degli episodi di violenza, due poliziotti avrebbero picchiato una persona sottoposta a fermo di identificazione, poi l’avrebbero costretta a urinare per terra, infine «forzata a usare il proprio corpo come uno straccio per pulire il pavimento», si legge nell’articolo. In un altro caso a una persona fermata sarebbe stato spruzzato dello spray al peperoncino sulle parti intime. Secondo la gip Magri, in base a quanto riportato nell’ordinanza, le torture e le violenze dei cinque poliziotti sarebbero state di stampo razzista: «I soprusi, le vessazioni e le prevaricazioni poste in essere dagli indagati risultano aver coinvolto, in misura pressoché esclusiva, soggetti di nazionalità straniera, senza fissa dimora, ovvero affetti da gravi dipendenze da alcol o stupefacenti, dunque soggetti “deboli”».