Una parafrasi di Mao tanto per far passare la paura – «il cambiamento non è un pranzo di gala». Sinceratasi che nel suo partito nessuno sta citando un’altra frase famosa del dittatore cinese («Bastona il cane che affoga»), Elly Schlein ha rassicurato tutti via Instagram («Mettetevi comodi») che lei resta, «teniamo botta» perché «ci sono grandi battaglie da fare» e via tranquillizzando amici e avversari.
Dopo il moto di pauroso nervosismo ora come al solito arrivano un po’ di secchiatate di acqua fredda sulla débâcle elettorale, si voleva dalla segretaria una reazione un minimo tosta e lei non si è tirata indietro tanti più dopo aver letto di buon mattino l’intervista-messaggio di Dario Franceschini – che comunque se parla vuol dire che il momento è serio – che la invita alla pazienza e la scagiona per la Caporetto di domenica scorsa, persino prevedendo che alle elezioni Europee i partiti della maggioranza saranno battuti da quelli di opposizione: un ragionamento, lo sa lui per primo, che significa poco e niente, è come giocare a dadi.
Ma ci voleva il sostegno di “Dario” che difendendo Schlein difende sé stesso e fa la cosa che meglio gli riesce, spegnere i focolai prima che divampi l’incendio, d’altra parte nella storia del Partito democratico lui stesso fu arrostito e a sua volta arrostì varia gente, quindi ha sentito puzza di bruciato e ha inviato a Elly un messaggio chiaro: noi continuiamo a sostenerti, piuttosto guardati in giro. Tutto liscio, dunque, il Pd ha preso una legnata ma avanti così fino alla vittoria, l’essenziale è voltare pagina in fretta e passare d’altro. Il problema però è che la nuova pagina già si sta macchiando d’inchiostro a causa di una gestione poco chiara di Schlein sulla questione dell’utilizzo dei fondi europei per le munizioni da destinare alla Resistenza ucraina.
Oggi su questo (il documento Asap sui cui è d’accordo la quasi maggioranza dell’Europarlamento a partire dai socialisti) si vota a Bruxelles con il capogruppo del Pd Brando Benifei che non ha dubbi sul voto favorevole del suo partito anche nel caso (certo) che gli emendamenti dem verranno bocciati e che si dovrà scontare il dissenso dei soliti Pietro Bartolo, Massimiliano Smeriglio, Giuliano Pisapia da sempre sono contrari, usiamo questa definizione, alla escalation militare.
Peccato che ieri nel suo messaggio la segretaria abbia confermato il sostegno alla causa di Kijiv ma senza assicurare esplicitamente il voto a favore del documento Asap, un atteggiamento che ha spaventato i più attivi fautori della linea anti-russa come Lia Quartapelle (ma anche Lorenzo Guerini che si è molto speso per evitare un patatrac e una figuraccia mondiale con un voto di astensione, forse fatto balenare dalla segretaria, sul documento).
Insomma, come prima mossa dopo la sconfitta alle amministrative, la segretaria ha scelto un atteggiamento molto debole e un ultimatum del tutto innocuo per il governo Meloni che ha già assicurato che non utilizzerà i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza per le munizioni, una linea che dovrebbe essere confermata ufficialmente oggi dal ministro Raffaele Fitto in Parlamento. Così Schlein potrà dire che è una vittoria del Pd aver imposto al governo questa scelta. Ma ovviamente è tutto finto. Tranne la sensazione di essere, il Pd, come una barchetta in mezzo al mare mentre soffia la buriana di destra. Ma dal Nazareno la parola d’ordine è: «Mettetevi comodi».