C’è subito una grana nel day after di Elly Schlein e si chiama nientemeno Ucraina – armi all’Ucraina –, cioè un tema estremamente sensibile nella linea generale e nella visione della leader del Partito democratico.
Si tratta del voto che il Parlamento europeo esprimerà domani sulla velocizzazione dei tempi per ulteriori finanziamenti per gli armamenti a favore della resistenza ucraina. Schlein ieri sarebbe dovuta andare a Bruxelles proprio per trovare una posizione comune degli europarlamentari del Partito democratico sul piano Asap, l’acronimo di Act to Support Ammunition Production (Legge per sostenere la produzione di munizioni), ma anche di As soon as possible (Al più presto) sul quale un mese fa il gruppo del Partito democratico si era parzialmente diviso.
I dem sono contrari all’utilizzo dei fondi del Pnrr per incrementare le spese pro-Kyjiv, ma il governo italiano ha già chiarito che quei fondi non verranno utilizzati. La questione vera è che il Movimento 5 stelle è contrarissimo a questo provvedimento (come a tutte le misure antirusse) e che, come detto, nell’eurogruppo Pd vi sono deputati come Pietro Bartolo e Massimiliano Smeriglio fermi sulle posizioni di quel pacifismo contrario alle armi e che dunque sconfina nel neutralismo.
Schlein recentemente ha detto che non vi possono essere «ambiguità» a sostegno della Resistenza e istintivamente storce il naso davanti a provvedimenti che incentivano gli aiuti militari. Può darsi che in un primo momento l’idea della segretaria fosse quella di presentare emendamenti al piano che, una volta respinti, avrebbero potuto giustificare un voto di astensione ma è chiaro che questo avrebbe isolato il Partito democratico non solo nel Parlamento europeo ma anche nel gruppo socialista. Né può essere dato per scontato, anzi, che un voto di astensione avrebbe avuto il placet della maggioranza dei dem europei.
Agli europarlamentari democratici, comunque, la leader ieri ha fatto capire che alla fine il Pd voterà a favore del provvedimento e dunque non dovrebbe succedere nulla di eclatante: meglio non aprire un altro fronte, ci manca solo un incidente sull’Ucraina per fare dello psicodramma di queste ore un dramma vero.
Schlein, che pure è iscritta da poco tempo, si sta rendendo conto che il Partito democratico è perennemente una polveriera capace di deflagrare anche solo per una sconfitta in amministrative parzialissime e anche se non siamo a questo è evidente che la botta sta lasciando strascichi evidenti.
Mai era successo di perdere praticamente ovunque (salvo Vicenza) perché tradizionalmente, anche nei momenti più difficili, alle amministrative qualcosa il Partito democratico riusciva a portarlo a casa. Stavolta invece è stata una catastrofe.
Ora, a soli novanta giorni dalle primarie, non ci può essere nessuna persona con un po’ di sale in zucca che ritenga che Elly debba già scendere dal carro, e tuttavia i movimenti interni sembrano andare in un’unica direzione: non tanto nella richiesta di un cambio di linea – se non altro perché il problema è che una linea chiara non c’è e dunque è tecnicamente complicato chiedere di cambiarla – quanto che la leader deve rendersi conto che un partito non si dirige in un modo che a molti risulta al tempo stesso evanescente (qual è la proposta politica del Partito democratico?) e presenzialista («Decide tutto lei», dicono un po’ tutti).
La richiesta di maggiore coinvolgimento e più pluralismo è avanzata sia dalla minoranza, che pure non brinda per i guai della segretaria al cui carro in fondo si è attaccata, ma anche da esponenti che al Congresso l’avevano sostenuta. Le critiche vengono più o meno da tutte le personalità più note (Francesco Boccia escluso).
Ci si attendono ora da lei dei segnali precisi su un più chiaro posizionamento politico del partito e su un allargamento del “giro” che prende le decisioni.
Diciamolo più chiaramente: la sensazione è che Elly Schlein e il gruppo dirigente più sperimentato non si prendano proprio “a pelle”. Nessuno la sta capendo, nessuno riesce a scorgere le sue intenzioni. Si rischia una situazione pirandelliana, una finzione permanente con una leader vissuta più con sospetto che con fiducia.
La settimana prossima ci dovrebbe essere la Direzione del partito e qualcosa di tutto questo forse verrà fuori. Al Nazareno non siamo alla resa dei conti. Per ora, almeno.