L’oro di Mosca L’altro gas russo, il Gnl sfuggito alle sanzioni

L’anno scorso il Cremlino è diventato il quarto più grande esportatore mondiale di Gas naturale liquefatto, anche vendendo di più all’Europa. La strategia è compensare su questo fronte il forte calo delle esportazioni di metano, ridirette in Asia

Il gasdotto Power of Siberia verso la Cina
Il gasdotto Power of Siberia verso la Cina (AP/LaPresse)

Nel febbraio 2022 la Russia era il più grande esportatore di gas al mondo prima degli Stati Uniti e del Qatar. A differenza dei suoi concorrenti, tre quarti delle sue esportazioni di gas erano concentrate in un unico mercato: l’Europa. Dopo l’invasione dell’Ucraina, il flusso del gas russo tramite i gasdotti verso l’Europa è rapidamente diminuito, tanto che a metà settembre 2022 si è attestato al di sotto del 20 per cento dei volumi giornalieri medi del 2021.

Al contrario le esportazioni russe gas naturale liquefatto (GNL) in Europa non solo non hanno smesso di fluire, ma nei primi otto mesi del 2022 sono aumentate del 15 per cento rispetto allo stesso periodo nel 2021. Mosca è divenuta il quarto più grande esportatore mondiale di GNL.

Nel 2022 circa il 78 per cento di GNL russo è andato a Paesi che avevano imposto qualche tipo di sanzione contro il Cremlino. Né gli esportatori russi Gazprom e Novatek né il gas GNL russo sono stati sanzionati dagli alleati occidentali. Mosca ha fornito all’Europa circa 17 milioni di tonnellate di gas naturale liqueatto l’anno scorso, in crescita di circa il 20 per cento rispetto ai volumi del 2021, secondo i dati di Refinitiv Eikon, compensando almeno in parte il forte calo delle esportazioni di gas attraverso i gasdotti russi.

La Francia ha aumentato le sue importazioni di GNL da Mosca tanto che, a febbraio e marzo, è diventata il più grande importatore di GNL russo per quei mesi superando il Giappone. Anche Spagna, Belgio e Paesi Bassi hanno aumentato le loro importazioni di GNL dalla Russia, mentre l’Italia e il Portogallo hanno occasionalmente importato GNL russo nel 2022.

Nel 2021 circa il 54 per cento del GNL russo era diretto verso il nord-est asiatico, storicamente il più grande importatore di questo gas. Cina, Giappone, Corea del Sud e Taiwan hanno tutti contratti a lungo termine con i fornitori russi di GNL. Nell’attuale scenario geopolitico la dipendenza dal GNL russo comporta il rischio che le forniture energetiche vengano utilizzate come strumento di ricatto.

Per ora, Gazprom, Novatek e il Cremlino sembrano aver ottenuto una vittoria mantenendo intatti i ricavi delle vendite globali di GNL. Nel caso le relazioni con i Paesi importatori dovessero deteriorarsi ulteriormente, la Russia potrebbe annullare i loro contratti di GNL, co- stringendoli ad acquistare sul mercato spot, e rivendere il GNL ai Paesi “amici” ottenendo un importante ricavo politico nei Paesi in via di sviluppo.

Alla fine del 2022, le esportazioni di gas del gasdotto russo verso l’Asia hanno quasi eguagliato per la prima volta le esportazioni verso l’Europa. La Russia ha già annunciato piani per collegare la sua rete di gas occidentale, che serve principalmente l’Europa e l’Asia centrale, con i mercati asiatici, offrendole flessibilità per il flusso di gas tramite gasdotto sia a ovest che a est.

Nel 2021, in Asia la Russia ha venduto circa 30 miliardi di metri cubi di gas rispetto ai 155 miliardi di metri cubi ai Paesi dell’UE. Sakhalin fornisce due terzi del GNL all’Asia, mentre Yamal LNG nella Siberia nord-occidentale fornisce il resto del GNL. Mosca gestisce un sistema di gasdotti autonomo nella Siberia orientale.

Il Power of Siberia 1 (PS1), iniziato nel 2019, e che raggiungerà la massima capacità entro il 2025, ha consegnato 15,5 miliardi di metri cubi alla Cina nel 2022. C’è un accordo per ulteriori 10 miliardi di metri cubi di fornitura a Pechino attraverso il gasdotto “dell’Estremo Oriente” (PS3).

Infine, a marzo 2023, Vladimir Putin e Xi Jinping hanno raggiunto un accordo sul gigantesco progetto del PS2 che dovrebbe passare attraverso la Mongolia ed essere completato nel 2030. La cooperazione commerciale ed economica è divenuta una priorità nei rapporti tra Russia e Cina.

Ma ci sono dei caveat: innanzitutto, va ricordato che occorrono circa dieci anni perché un gasdotto raggiunga la piena capacità, almeno con l’attuale tecnologia. Inoltre, almeno in termini di entrate, come mostra il caso di PS1, le forniture di gas da gasdotto alla Cina forniscono profitti molto inferiori rispetto alle esportazioni verso l’Europa.

Infine, l’obiettivo di Pechino è la sicurezza energetica, e questo implica un portafoglio di importazioni diversificato. La Cina ha recentemente firmato un numero considerevole di nuovi contratti GNL a lungo termine con vari esportatori di GNL, tra cui Stati Uniti e Qatar.

La strategia di esportazione di GNL della Russia è emersa molto prima dell’inizio della guerra in Ucraina e ha formalmente preso il via con l’approvazione della legge sulla liberalizzazione del GNL entrata in vigore nel dicembre 2013. In caso di un accordo di pace, la Russia sarà ancora più motivata a diversificare e a orientarsi verso i mercati globali del GNL.

Se tale cambiamento dovesse verificarsi, Mosca potrebbe avere circa 80 milioni di tonnellate all’anno (mtpa) di capacità di esportazione di GNL e la sua capacità incrementale di GNL rappresenterebbe circa la metà della capacità del gasdotto verso l’UE. Tuttavia, la capacità della Russia di realizzare i progetti di GNL dipende dall’accesso ai finanziamenti e alle tecnologie occidentali che è limitato dall’attuale regime sanzionatorio che rallenta questi potenziali progetti.

Mosca sta cercando comunque di sviluppare una propria tecnologia di liquefazione del GNL, che ha ricevuto un sostegno esplicito nella “road map” del governo sulla localizzazione di apparecchiature energetiche di importanza critica per progetti GNL di media e grande scala.

Il Cremlino sta negoziando anche con la Turchia e l’Iran per non meglio chiarite attività congiunte nel mercato europeo e nei mercati del Pakistan e dell’India. Non è chiaro neanche come possa creare un’infrastruttura corrispondente nelle condizioni di sanzioni. Ma cruciale è il ruolo della Turchia come Paese di transito.

Se la maggior parte del gas del gasdotto russo fosse consegnato attraverso la Turchia, il nuovo accordo non sarebbe molto diverso dalla posizione di quasi monopolio detenuta dall’Ucraina in passato. La Turchia prevede già di chiedere uno sconto del 25 per cento sulle forniture di gas russo.

Tuttavia, dato che una delle “stringhe” di questo gasdotto serve l’Ungheria, è probabile che venga utilizzato quasi a pieno regime, tranne che le esportazioni verso l’Europa vengano interrotte.

Da “Terre di mezzo” di Adriana Castagnoli, Il Sole 24 Ore, 157 pagine, 16,90 euro.

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