Immaginari costieri Come la moda celebra l’estate italiana

Questa stagione è stata raccontata da fotografi del calibro di Slim Aarons, i cui iconici scorci sono raccolti in una nuova edizione curata da Louis Vuitton. Ma anche Dior e Dolce&Gabbana si lasciano ispirare dai venti, dai colori e dallo stile di vita di Taormina, Capri e Forte dei Marmi

courtesy of Louis Vuitton, Italian Rivieras

È di nuovo quel momento dell’anno, il momento dell’anno in cui l’Italia si sposta dalle città alle coste. Non è solo uno spostamento geografico. È più che altro narrativo. Firenze, Roma, Venezia, Bologna evaporano con il giungere dei mesi caldi. Evaporano in senso sostanziale, perché gli abitanti vi fuggono, lasciandole in mano alle ruberie dei turisti, al loro ruminare fiacco, accaldato. Ed evaporano in senso psichico, perché l’immaginario è rivolto al mare, alle spiagge, a ciò che nella mente di ciascuno di noi è estensione, simbolo, richiamo delle estati della nostra infanzia, qualsiasi sia la generazione di appartenenza. L’estrazione sociale non conta, o meglio, conta fino a un certo punto, perché bastava accendere la televisione – esattamente come oggi basta aprire Instagram – per essere raccolti da scorci, profumi, musiche, rituali archetipici, che, come suggeriva cautamente Jung, sedimentano nell’inconscio di tutti, in un inconscio cioè collettivo, anche se non li abbiamo sperimentati di persona.

Slim Aarons lo aveva capito. Forse è stato tanto celebrato anche per questo. All’interno del consumarsi di una vita che non a caso ancora oggi si definisce “dolce”, all’interno del dolce far niente, aveva intravisto il racconto di un’epoca, di un secolo. E si era affrettato a riprodurli attraverso la macchina fotografica. Le immagini da lui immortalate di un’alta società in carriera, intenta a sedimentare successi e al tempo stesso a goderne i frutti, ripresa durante feste a bordo piscina, distesa languidamente in costume da bagno all’interno di dimore e ville estive, hanno influenzato a tal punto i codici estetici che ancora oggi tentiamo di imitarli e di aderirvi. Che cosa proviamo a fare, dopotutto, quando arrivano i finesettimana, le ferie, le vacanze e ci congediamo dalle città a bordo dell’automobile, diretti verso litorali liguri, toscani, siciliani, partenopei? Indossiamo parei, ampi cappelli di paglia, bikini e costumi interi, ci riuniamo intorno alle tavole imbandite dei ristoranti sul mare. Stiamo inconsapevolmente ricalcando il prototipo di un mondo che speriamo non finisca mai, del quale ci auguriamo di non vedere mai l’epilogo.

courtesy of Louis Vuitton, Italian Rivieras

Non a caso per la moda Slim Aarons è un’istituzione: i suoi scatti contribuiscono a generare una sofisticatezza, un je ne sais quoi patinato, inaccessibile, perfetto, che è lo stesso su cui il sistema si fonda. Ecco dunque che Louis Vuitton propone un secondo volume delle edizioni Fashion Eye: il primo era dedicato alla riviera francese, che ci è subito seconda per quanto riguarda la celebrazione dell’opulenza e dei fasti della stagione estiva. Saint Tropez, Biarritz, Montecarlo, Cannes rappresentavano mete ambite dagli americani e dagli esponenti del mondo dello spettacolo. Attori e attrici arrivavano a tentare la fortuna. Già Francis Scott Fitzgerald vi aveva ambientato Tenera è la notte.

Negli anni Sessanta, Jacques Deray gira La piscine, i cui personaggi principali sono interpretati niente meno che da Alain Delon e Romy Schneider: sulle alture sopra Saint Tropez, una giovane coppia ozia intorno a una piscina, si tuffa, si abbronza, partecipa ai party. A un certo punto, incontra un vecchio amante di lei insieme alla figlia, una giovane, conturbante, irresistibile Jane Birkin, e la trama assume tinte noir e rocambolesche. Più di quarant’anni dopo, Luca Guadagnino lo ripropone in una versione aggiornata, A bigger splash, stavolta ambientata, guarda caso, sull’isola di Pantelleria. Lo stesso accade per Il disprezzo di Godard, dove Brigitte Bardot prendeva il sole nuda sul tetto di una villa che offriva la vista sui Faraglioni di Capri. E per Delitto in pieno sole, la prima riproposizione de Il talento di Mr Ripley, dove un gruppo di facoltosi, ricchi americani sperperava il patrimonio tra Napoli, Ischia, i borghi della costiera amalfitana, finché un arrivista compiacente, seduttivo e invidioso si insinua tra loro e ne distrugge l’equilibrio.

Insomma, l’estate è teatro di pulsioni talmente vitali da sfociare spesso in aperta distruzione. Le sue tinte edoniste, passionali si tramutano in desiderio di annientamento, in tentazioni fulminee, incontenibili. Slim Aarons lo sapeva bene. Le sue fotografie, raccolte ora nel libro, contengono questa ambivalenza: le imbarcazioni e gli yatch al largo della Sardegna, i colori del mare, il vetro trasparente dei margaritas descrivono un’umanità che senz’altro cela dei segreti, delle idiosincrasie. Quasi sembra di scorgerli dalle espressioni fintamente assorte, dalle pose sciancate dei corpi nell’atto di prendere il sole.

Casa Amor, Saint Tropez, courtesy of Dolce&Gabbana

Seguendo lo stesso principio, quello cioè di rendere l’estate una cosmogonia parallela, che risponde di regole, leggi e imperativi tutti suoi, Dior, come molte altre case di moda, ha aperto dei pop up. Si tratta di progetti pensati appositamente per la popolazione che per tre mesi sposta le abitudini, le relazioni, le case altrove. L’anno scorso aveva rivestito i lettini e gli ombrelloni dei bagni Fiore a Paraggi, tra Santa Margherita e Portofino. Nel 2023 inaugura due boutique a Capri e a Forte dei marmi. La collezione di quest’anno è a tinte pastello: si intitola Dioriviera, è disegnata da Maria Grazia Chiuri e di nuovo contiene insieme l’incanto fintamente innocente dell’infanzia, dell’adolescenza e il fascino turbolento che contemporaneamente portano con sé.

La toile de Jouy infatti presenta una natura lussureggiante, vivente, composta di animali, rettili, tigri, scimmie. E poi cappelli di paglia, top alla marinara, parasole, giochi da spiaggia, perfino un tappetino da yoga: un insieme di accessori che immediatamente parlano di Forte dei marmi, il pied-à-terre di città come Milano e di Firenze, allo stesso modo di Santa Margherita, che invece è a tutti gli effetti una colonia meneghina.

Dioriviera, courtesy of Dior

Le loro cornici sobrie, alto borghesi, allegre ma non sovversive sono proprio l’opposto di Capri e anche di Taormina. Qui l’estate cessa di essere una successione delle attività urbane, seppure in una cornice differente, magari non distante dai capoluoghi d’origine, e diventa una vera e propria sospensione. Le esistenze subiscono una metamorfosi. Non si trovano campi da tennis, piste ciclabili, insegnanti di pilates. La natura sorge selvaggia. I ritmi, gli orari si distendono. La lingua si trascina, esotica, dialettale. Dolce&Gabbana è giunta a destinazione e non è un caso, considerate le origini continuamente rivendicate dei due fondatori. Sia a Capri che a Taormina risiede lo spirito della tradizione, del piacere e della sensualità tipicamente nostrane. A Capri la maison aveva girato il suo spot pubblicitario più celebre.

Dalla fine degli anni Ottanta, dopotutto, la pubblicità ha accompagnato il cinema nella sua costante prolificazione di narrazioni. Celebrando gioventù, bellezza, l’incontro tra i corpi, Dolce&Gabbana ha contribuito a rendere l’estate alla stregua di un olimpo divino. Come dimenticare Bianca Balti, bagnata dall’acqua di mare, a metà tra una sirena e una ninfa, gli occhi blu accesi al punto da sembrare spiritati? Oggi la stessa, maestosa irraggiungibilità si trova al Grand Hotel Quisisana, foderato dal blu e dal bianco della tradizionale maiolica. E al San Domenico Palace di Taormina, il pittoresco ex monastero arroccato sul Mar Ionio. La stampa decora l’area della piscina, la terrazza, punti dai quali il mare appare sterminato: una vista concessa solo a chi scala certe altezze vertiginose, e si sente beatificato, santificato da brezze immortali, certamente non comuni.

Hotel San Domenico, Taormina, courtesy of Dolce&Gabbana

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