«I turisti sono tornati. È il momento di dire loro di starsene lontani?» si chiede in un articolo dello scorso 15 luglio il Financial Times raccontando le scelte di alcune amministrazioni europee che, in risposta alle molte lamentele per le città eccessivamente affollate, stanno cercando soluzioni e rimedi tra i più disparati. «Stay Away» è proprio lo slogan usato dal Comune di Amsterdam in una campagna di comunicazione avviata nel marzo scorso e rivolta ai giovani turisti, soprattutto quelli britannici, che si riversano nella capitale dei Paesi Bassi solo per eccedere con alcol, droghe e altre sregolatezze diventando così tra i visitatori più molesti per l’intera cittadinanza. Una campagna pubblicitaria sicuramente unica, per essere la prima del suo genere, ma che rischia di diventare la prima di una lunga serie.
Il problema è legato al fenomeno dell’overtourism, l’iperturismo di massa, un problema che in Italia conoscono molto bene sia le città d’arte come Venezia o Firenze, mete tradizionalmente prese d’assalto da frotte di visitatori, ma anche luoghi iconici per un turismo sino a ora più di nicchia come le Cinque Terre o Amalfi.
E non è solo una questione di invadenza maleducata e incivile che spesso e volentieri scade in vandalismo scellerato: abbiamo avuto anche noi, come molte altre città europee, il turista sprovveduto e inconsapevole che «il Colosseo fosse antico», come ha affermato nella lettera di scuse inviata al Campidoglio dopo essersi fatto beccare a incidervi sopra il profondissimo quanto imperdibile messaggio «Ivan+Hailey 23», pensando che quel gesto non fosse un crimine perpetrato contro il patrimonio dell’umanità o forse non ponendosi nemmeno il problema.
E non è neanche solo una questione europea, a Bali per esempio, stanno già da tempo facendo i conti con le nudità dei post di note influencer che scelgono di mettersi in posa proprio al cospetto di un albero sacro di settecento anni che si trova sul terreno di un tempio e rappresenta la vita eterna. Inciviltà, questa, che per una precisa scelta politica costa l’espulsione dall’Indonesia: perché si ritiene più importante far rispettare la dignità della cultura balinese che tollerare azioni che la danneggiano. O alle Fiji, dove la parola overtourism è la più cercata su Google rispetto al resto del mondo.
È, soprattutto e anche, una questione di sostenibilità: i viaggi turistici causano il cinque per cento delle emissioni globali di anidride carbonica (cifra in aumento) che dunque contribuiscono alla crisi climatica i cui effetti si stanno riversando in buona parte dell’Europa meridionale con l’attuale ondata di caldo.
Dal 1998 al 2019 i turisti nel mondo secondo i numeri ufficiali sono raddoppiati arrivando ai 2,4 miliardi all’anno. E i dati ufficiali sono sottostimati. Da noi in Italia, relativamente all’estate 2023 in corso, per dirla con i dati stimati da Demoskopika, ne aspettiamo ben sessantotto milioni e stimiamo duecentosessantasette milioni di pernottamenti, con una crescita rispettivamente del 4,3 per cento e del 3,2 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. E in maniera più ampia, anche a livello europeo i numeri di quest’anno sono destinati quasi a raggiungere il picco del 2019, secondo le previsioni del World Travel & Tourism Council, con un contributo del settore turistico all’economia di 1,44 miliardi di euro (contro gli 1,47 miliardi del 2019).
Un fenomeno che se da un lato crea ricchezza, è una ricchezza per pochi, dall’altro lato crea problemi che invece lo sono per molti e che diventano sempre più difficili da gestire dalla politica in generale e dagli ammaestratori locali, i quali sono chiamati ad approntare agende con progetti che per ora vanno dall’idea di destagionalizzare i flussi turistici a quella di delocalizzarli indirizzandoli verso altre mete.
Si sente anche molto parlare di mete a numero chiuso, spiagge come quella de La Pelosa a Stintino, per esempio, hanno già contingentato gli ingressi possibili. Poi c’è anche chi discute di introdurre dei ticket da pagare, come Venezia, che ci ragiona sopra da tempo anche se non ha ancora preso alcuna decisione in merito. Non manca chi pensa anche che una educazione al turismo lento e contemplativo possa essere la soluzione. Di certo l’educazione è sempre la scelta migliore, ma di certo ha anche tempi molto più lunghi.