Abbiamo bisogno del caos, del disordine, dell’entropia. Abbiamo bisogno dell’arte e di un linguaggio affettivo che ci permetta di abbandonare gli schemi di un raggelato bon ton social. E questo ciò che accade durante le visite nei musei promosse da ArtUp, un’associazione formata da storici dell’arte, psicanalisti e facilitatori, che si occupa di inclusione sociale.
L’iniziativa nasce nel contesto di progetti d’integrazione lavorativa dei dipartimenti milanesi di salute mentale, così da fornire alle persone attraversate da disagio psichico la possibilità di condurre in qualità di guida una visita museale.
Straordinaria, perché nel corso “Affetti-Effetti dell’arte” si impara a valorizzare gli aspetti emotivi ed emozionali dell’opera, per poi metterli a disposizione del pubblico. E se il museo, secondo l’Oms, è luogo di benessere mentale, l’arte offre un’esperienza di crescita nella complessità.
Tra facilitatori e pubblico si crea un dialogo attivo, un gioco intelligente e formativo: «Hai paura della follia? Noi parliamo d’arte», si legge sul sito di ArtUp, che scardina pregiudizi e timori in favore di una visione del mondo fuori dagli schemi.