Caligola viene ricordato ancora oggi come l’attore principale della gran parte delle versioni latine liceali su cui gli studenti sudano, terzo imperatore romano, dilapidatore, maligno, truffaldino. Sua la frase di cui poi i posteri si sono appropriati, giungendo perfino alle cheerleader dei telefilm americani: «Che mi odino, purché mi temano».
È dunque un caso se Alessandro Pessoli l’ha scelto come titolo della sua opera d’animazione, presentato nel 2002 all’interno della mostra EXIT curata da Francesco Bonami alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino? Autore di dipinti, sculture, disegni, nato a Cervia nel 1963 e vivente a Los Angeles, che cosa avrà voluto comunicare con questo nome? Lo spiegherà forse lui stesso, a Bergamo, durante l’esposizione Sandrinus, dove verranno esposti i suoi lavori e proiettato il film. La mostra, che comincia il 23 settembre e durerà fino al 21 ottobre, è stata fortemente voluta da Marco Marcassoli, regista e fondatore della casa di produzione Yanzi srl.
È grazie a lui, al fotografo e visual designer Walter Cassoli e ad Andrea Mastrovito se è possibile una personale che si concentra così variamente e specificatamente su una figura che è restata finora pressoché sconosciuta in Italia. Tutti e tre sono infatti i gestori dello spazio The Drawing Hall, che a Grassobbio (BG) è diventato un baluardo dell’arte indipendente e in particolar modo del disegno e della traccia che ha inciso, all’insaputa di tutti, all’interno del panorama attuale, dei suoi decorsi e delle sue tacite rivoluzioni.
Per giungere allo scopo, Marco Marcassoli dedica un vero e proprio documentario a ciascun esponente che propongono le rassegne (Mastrovito, Arienti, Tosatti, Rabbia,Tweedy e Tibaldi solo per citarne alcuni): una sorta di occhio puntato dentro lo studio che segue le tecniche, le abitudini, il susseguirsi e lo svolgersi delle tavole, degli abbozzi, degli schizzi. Anche nel caso di Pessoli sarà presente uno scorcio sulla quotidiana esistenza dell’autore, cioè sul pedissequo e certosino lavoro di ricerca, di applicazione e perfino sui dialoghi, sugli scambi, sulle conversazioni che hanno imbastito entrambi, durante le giornate trascorse insieme, l’uno a riprendere, l’altro a lasciarsi riprendere.
È curioso, perché le opere di Alessandro Pessoli sono un rimando di altri nomi, di altre epoche, rappresentano un crocevia inatteso di associazioni, alcune restano sulla punta della lingua: forse viene in mente solo Basquiat, a cui veramente deve essersi ispirato, non tanto per le scenografie dense di colore per le quali è tuttora famoso, ma in particolare per la sua opera ultima, Riding with dead del 1988, composto poco prima di morire di overdose, a ventotto anni. Oppure, forse, Luzzati, dal quale avrà tratto l’idea, anzi, il concetto di cinema d’animazione, dato che per lo scenografo, ritrattista e disegnatore ligure, la finzione giocosa dei suoi personaggi era tale che la trasferì sullo schermo, dove si muovevano secondo un ritmo e una cadenza burattineschi, teatrali, con la natura in prospettiva simile a quinte fondali.
Pessoli si inserisce a metà tra il simbolismo fumettista e la visionarietà onirica del Novecento: le sue figure sono colorate, artefatte, eppure non abitano nessun luogo, camminano o cavalcano o falciano il grano di un presente senza tempo, uno spazio dell’immaginazione che ricorda lo spazio intergalattico o certi incubi, certi sogni, certe fantasie della mente.
Le sequenze di cui è composto Caligola sono state concepite tra il 1999 e il 2022: un uomo sembra incamminarsi lungo un tracciato, un percorso, da solo o accompagnato, di volta in volta da un corpo dalle sembianze femminili, da animali, da piante che fioriscono ai suoi piedi, dallo spettro della morte che appare, sopra o accanto a lui, nell’immagine di un teschio, di un’improvvisa desolazione, di un muto terrore. Tutti sono, o paiono essere, all’alba di una creazione. Non solo storica – l’effigie maschile dotato di piccone nei panni di un presunto minatore o di un contadino incarna l’avvento dell’homo faber – ma metafisica. Un permanente principio, una realtà sempre sul punto di cominciare, che si incarta e ripete sempre se stessa: una sorta di distopia dunque, o di illusione collettiva.
L’atmosfera a tratti fiabesca contribuisce alla percezione di un altrove, di un universo individuale, incantato, che segue il presente e al tempo stesso se ne discosta. Il curatore della mostra, Matteo Mottin, co-fondatore del progetto artistico e tecnologico Tretie Galaxie, ha aggiunto un testo scritto di suo pugno che si intitola Quaderno 7, frutto di una discussione con Pessoli a proposito degli anni, del contesto, dell’atmosfera in cui è stato messo a punto il film, anche se definirlo tale non è possibile: meglio sarebbe chiamarlo cortometraggio, dato che si tratta di brevi flash, estemporanee in movimento di vedute artistiche, quasi tutte spunto di altre esposizioni, ad esempio quella a Milano del 1992 o a New York nel 1997, dal titolo One day to live. Realizzate con inchiostri, tempera e candeggina su carta, filmate in digitale e montate in sequenza con la tecnica del passo uno, Caligola si trova all’interno della collezione del museo MAXXI di Roma e del SFMOMA di San Francisco.