Negli Stati Uniti si indaga sulle minacce ai magistrati che devono indagare su Donald Trump in Georgia. Fervono sui social di osservanza cospirazionista, come Truth e Gab, dove sono stati presi di mira anche i giurati. I nomi sono scritti nell’atto d’incriminazione – la quarta – di novantotto pagine. I loro indirizzi, numeri di telefono e profili social sono comparsi sul web (specie su Telegram), in alcuni casi accompagnati da intimidazioni. Sono i fedelissimi del tycoon, gli stessi che il 6 gennaio 2021 hanno marciato sul Campidoglio.
Lo sceriffo di Fulton County ha detto che stanno cercando di risalire all’origine. In Texas una donna è già stata fermata perché prometteva la morte a Tanya S. Chutkan, la giudice del filone federale, a DC, sul tentativo di sovvertire l’esito delle presidenziali del 2020. Lui intende contrattaccare: dal New Jersey ha annunciato che lunedì pubblicherà una memoria di cento pagine. La lunghezza sembra scelta, col solito celodurismo, per superare quelle del fascicolo a suo carico.
Ma il vero tentativo, ora, è chiedere di rinviare i processi fino a dopo le elezioni del 2024. I suoi avvocati sostengono di aver bisogno di «anni» per preparare la difesa dell’ex presidente. L’orizzonte temporale evocato dal suo avvocato, Gregory Singer, è addirittura quello di Aprile 2026. L’obiettivo dell’entourage trumpiano è evitare che il candidato repubblicano, a cui le incriminazioni hanno consolidato il dominio nei sondaggi del suo campo, debba passare la campagna elettorale nelle aule invece che a far comizi.
Le date delle udienze, al momento, sono fissate tra gennaio e marzo, piena stagione delle primarie e inizio dell’anno elettorale. Solo il primo lotto di documenti conta 11,6 milioni di pagine: la difesa proverà ad appellarsi a questo. L’«enormità» del materiale richiederebbe ai legali di esaminare ogni giorno novantanovemila pagine per rispondere ai procuratori entro dicembre. D’altra parte, la mole testimonia anche quanto siano circostanziate le accuse al tycoon.
Nel caso georgiano, poi, alla sbarra non c’è solo Trump, ma pure il meglio del peggio dei suoi accoliti, in testa Rudy Giualiani. Gli altri congiurati ora cercano di sminuire il loro ruolo nel piano eversivo che avevano concepito, che prevedeva pure una lista fasulla di grandi elettori. L’ex presidente ha ancora entrature, cioè eletti, in diverse assemblee statali: stanno cercando, scrive il New York Times, di creargli scappatoie legali.
Per ora invano. È, su scala ridotta, lo stesso tentativo del 2020: un senatore georgiano ha mandato una lettera al governatore (repubblicano) Brian Kemp chiedendo una sessione d’emergenza. La strategia potrebbe essere modificare le prerogative proprio dei governatori, per consentir loro il «perdono»: una «grazia» che, a differenza di quella federale, Trump non potrebbe concedersi da solo se venisse rieletto.
Come nota l’Atlantic, però, «i casi contro l’ex presidente non sono una criminalizzazione della politica. Sono una criminalizzazione, beh, dei crimini». Nonché la scoperta, per l’arrogante palazzinaro newyorkese, che certe cose sono illegali.