Tre processi di virtualizzazione hanno caratterizzato l’apparizione della specie umana: lo sviluppo dei linguaggi, l’evoluzione delle tecniche e la complessificazione delle istituzioni. Il linguaggio, innanzitutto, virtualizza un “tempo reale” che tiene il vivente prigioniero del qui e ora. In questo modo considera il passato, il futuro e, in generale, il Tempo come regno in sé, una durata dotata di consistenza propria. A partire dall’invenzione del linguaggio, noi umani abitiamo ormai in uno spazio virtuale, il flusso temporale essendo considerato come un tutto che l’immediato presente attualizza solo parzialmente, fugacemente. Noi esistiamo.
Il tempo umano ha una modalità di esistenza diversa da un parametro o da una cosa (non è per l’appunto “reale”), piuttosto è simile a una situazione aperta. In questo tempo così concepito e vissuto, l’azione e il pensiero non consistono solo nell’operare una selezione fra possibili predeterminati ma nel rielaborare costantemente una configurazione significante di obiettivi e di vincoli, nell’improvvisare delle soluzioni, nel reinterpretare così facendo un’attualizzazione passata che continua a tenerci impegnati. È il motivo per cui noi viviamo il tempo come problema. Nella loro unità vivente, il passato acquisito, ricordato, reinterpretato, il presente attivo e il futuro auspicato, temuto o semplicemente immaginato, sono di ordine psichico, esistenziale. Il tempo come durata infinita non esiste se non virtualmente.
È vero che negli animali superiori, compresi quelli che non dispongono di linguaggi complessi, si riscontrano delle forme elaborate di memoria e di apprendimento. Tuttavia, si può avanzare l’ipotesi che, nella vita animale, la memoria si riconduca prevalentemente a una variante attuale del comportamento legato a eventi passati. Diversamente, grazie al linguaggio, noi abbiamo un accesso “diretto” al passato che ci si presenta sotto forma di un vasto repertorio di ricordi datati e di vissuti personali.
I segni non evocano solo “cose assenti” ma scene, intrighi, intere sequenze di fatti collegati gli uni con gli altri. Senza la lingua non potremmo né porre domande, né raccontare storie, due forme di svincolamento dal presente che al contempo rendono più intensa la nostra esistenza. Gli esseri umani possono staccarsi solo parzialmente dall’esperienza attuale e ricordarsi, evocare, immaginare, giocare, simulare, spiccando così un salto verso altri luoghi, altri momenti e altri mondi. Queste facoltà non sono prerogativa esclusiva di lingue quali il francese, l’italiano o il wolof, ma anche del linguaggio plastico, visivo, musicale, matematico, ecc. Quanto più i linguaggi si arricchiscono e si estendono, tante più sono le possibilità di simulare, immaginare e far immaginare altri luoghi o altre cose.
A questo punto ci imbattiamo per l’ennesima volta nella caratteristica più importante della virtualizzazione: svincolando ciò che era solo qui e ora, essa apre nuovi spazi, altre velocità. Con la comparsa del linguaggio si inaugura una nuova rapidità di apprendimento, una celerità di pensiero inedita. L’evoluzione culturale è più rapida di quella biologica. Il tempo si sdoppia facendo nascere temporalità interne al linguaggio: tempo della narrazione, ritmo endogeno della musica e della danza.
Il passaggio dal privato al pubblico e la trasformazione reciproca di interno ed esterno sono attributi della virtualizzazione analizzabili altrettanto efficacemente a partire dall’agente semiotico. Un’emozione resa a parole o disegnata può essere più facilmente condivisibile. Quello che era interno e privato si fa esterno e pubblico. Ma è vero anche il contrario: ascoltando musica, guardando un quadro o leggendo una poesia, noi interiorizziamo, personalizziamo qualcosa che è di tutti.
A partire dalla parola, entità eminentemente soggettive come le emozioni complesse, le conoscenze e i concetti vengono esteriorizzati, resi oggettivi, scambiati, possono spostarsi di luogo, di tempo, e da una mente all’altra.
I linguaggi umani virtualizzano il tempo reale, le cose materiali, gli eventi attuali e le situazioni in atto. Dalla disintegrazione del presente assoluto sorgono, come due lati della medesima creazione, il tempo e la sua alterità, il diritto e il rovescio dell’esistenza. Aggiungendo al mondo una dimensione nuova, l’eterno, il divino, l’ideale hanno finalmente una storia. Essi crescono insieme con la complessità dei linguaggi. Interrogativi, problemi e ipotesi sono fori scavati nel qui e ora che approdano, dall’altro lato dello specchio, all’esistenza virtuale, tra il tempo e l’eternità.