Il grande sociologo Zygmunt Bauman venticinque anni fa lanciò l’ipotesi nel suo libro “Modernità Liquida” che tutto si stesse liquefacendo con un allentamento dei legami personali, affettivi, comunitari e sociali. Unica regola seguita: l’adesione a modelli di consumo globali, sempre più invasivi.
Oggi il quadro sembra assai cambiato: ci sembra più corretto parlare di evaporazione in una società gassosa (ed esplosiva) piuttosto che liquida, sempre più aleatoria, in preda a tormenti (dal Covid alla guerra) che si subiscono senza averne alcun controllo. Una società in cui peraltro si è costretti a sollevarsi da terra per esistere, affrontando la sfida dell’esposizione allo sguardo degli altri.
Nella liquidità di Bauman si poteva affogare, travolti passivamente dalla marea montante di una società ingiusta e conformista, governata da modelli di consumo globali. Nella “Modernità Gassosa” si può invece subire il destino dell’irrilevanza: molte persone considerano lo spazio digitale come la cornice della propria identità e sappiamo che un quadro senza cornice non può essere appeso alla parete e reso visibile.
Per molti soggetti (non solo giovani) senza una esposizione della vita personale non si esiste. In questo modo i social hanno segnato il passaggio dal consumo materiale al consumo di sé, della propria esperienza, della propria immagine, del proprio aspetto fisico. Essere riconosciuti e apprezzati è un desiderio connaturato e potente: chi lo sottovaluta rischia di non cogliere il cambiamento e di non attrezzarsi per affrontare il futuro.
Partecipare al gioco sociale di ciascuno che osserva tutti gli altri fin nelle pieghe dell’intimità ha qualcosa di irresistibile. La chiacchiera e il pettegolezzo sono sempre stati il sale della vita in società: il problema è che oggi tutti possono partecipare a questo gioco, a costo zero. Le molle dell’ammirazione, dell’emulazione, dell’invidia, sono attive da sempre, ma oggi riguarda l’intera umanità, senza distinzioni: tutte le generazioni di ogni classe sociale. Il fenomeno si può governare solo con un livello molto elevato di consapevolezza, cercando il giusto equilibrio.
I social permettono infatti a chiunque di mostrarsi al mondo: inevitabilmente il cielo si riempie così di palloni gonfiati, personaggi che pompano il proprio ego come fossero la rana di Esopo, per poi spesso «scoppiare» precipitando miseramente al suolo. A rischio sono naturalmente i più giovani che si illudono di poter diventare influencer e guadagnarsi così da vivere, allontanandosi dalla dimensione della responsabilità e della competenza necessaria in ogni lavoro. Capita così sempre più spesso di incontrare individui con un Ego esagerato ed esagitato: ragazzi che vivono border line lanciando challenge allucinate mettendo a repentaglio la loro vita e quella degli altri; belle ragazze che giocano a fare le regine della seduzione limitandosi a esibire le proprie forme; bambini e gatti con milioni di followers.
I social incoraggiano una percezione distorta della libertà che diventa ultralibertà: la libertà viene confusa con l’irresponsabilità e la mancanza di qualsiasi limite. Nella sospensione pulviscolare delle identità i social facilitano l’ubriacatura individualista: esternazioni senza limiti dei propri pensieri e opinioni, senza avere alcuna competenza, con la crescente pretesa di essere ascoltati, riconosciuti, considerati senza alcun rispetto per le regole civili che una comunità deve sempre poter definire, in modo condiviso e democratico: è questo l’unico modo di correre ai ripari. […]
Dietro a questa sindrome c’è molto altro: c’è l’evaporazione delle competenze, il dileguarsi degli interlocutori e del desiderio, l’insinuarsi allucinato di algoritmi che intossicano la conoscenza, la sollevazione di movimenti che provano a incalzare il potere politico piantando le tende e fronteggiando le istituzioni che cercano di ancorare le loro decisioni in una modernità liquida che ormai non esiste più.
“Modernità Gassosa”, di Francesco Morace, Egea, 144 pagine, 15,68 euro