Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sostituito il ministro della Difesa Oleksiy Reznikov spingendolo alle dimissioni, una decisione annunciata che rappresenta il più grande cambiamento nella leadership militare ucraina dall’inizio dell’invasione russa. Nei giorni scorsi Zelensky aveva spiegato la sua scelta con la necessità di trovare «nuovi approcci (alla guerra) e altre forme di interazione sia con l’esercito che con la società», dopo diciotto mesi di resistenza e una controffensiva che sta dando risultati limitati rispetto alle aspettative, specialmente agli occhi delle opinioni pubbliche occidentali.
Tuttavia, a mettere realmente in discussione la posizione di Reznikov sono state le irregolarità finanziarie emerse all’interno del suo ministero, con il Governo che ha avviato indagini sulla corruzione dopo diversi scandali portati alla luce dai media ucraini, in particolare sull’approvvigionamento a prezzi gonfiati di attrezzature e rifornimenti per i soldati al fronte.
Un’inchiesta del settimanale ucraino Dzerkalo Tyzhnia ha denunciato che a settembre dell’anno scorso il ministero della Difesa aveva speso trentatré milioni di dollari per comprare mimetiche invernali da un’azienda turca, mimetiche che poi si è scoperto essere estive, e quindi meno costose oltre che inadatte all’impiego immediato. A gennaio altri media hanno scoperto anomalie nell’approvvigionamento di cibo per i soldati, con beni come le uova comprate all’ingrosso a prezzi superiori al doppio del prezzo al dettaglio dei negozi alimentari di Kyjiv.
Reznikov ha negato ogni illecito e non è personalmente coinvolto nelle indagini, ma a Zelensky serviva dare un forte segnale di cambiamento. In qualità di ministro della Difesa Reznikov è diventato una figura nota a livello internazionale, che ha partecipato di persona alla maggior parte degli incontri con gli alleati dell’Ucraina svolgendo un ruolo chiave nelle richieste di ulteriori attrezzature militari. Secondo alcune fonti il governo britannico si aspetta che sarà nominato ambasciatore a Londra, ma per ora la nomina non è stata confermata.
Al suo posto arriverà Rustem Umerov, membro di un partito di opposizione e presidente del Fondo statale dell’Ucraina, un organo con funzioni demaniali controllato dal governo che si occupa della gestione delle proprietà dello stato ucraino, comprese le privatizzazioni e le concessioni.
Non è una persona qualsiasi. Prima del suo attuale incarico – ricevuto da Zelensky – era un uomo d’affari e un parlamentare (dal 2019 al 2022) per il partito Holos. Nato nel 1982 nell’Uzbekistan sovietico, è un tataro di Crimea la cui famiglia fa parte di quei tatari crimeani deportati da Joseph Stalin per modificare gli equilibri demografici della penisola al centro del Mar Nero sradicando la popolazione musulmana che l’abitava da secoli.
Umerov parla turco, ha contatti e legami con la Turchia, l’Arabia Saudita e altri paesi del Medio Oriente, e negli ultimi anni è diventato un membro chiave della promozione dei legami tra Ucraina e mondo islamico. Ha rappresentato Kyjiv nei colloqui con Mosca all’inizio dell’invasione russa, e successivamente ha partecipato ad alcune mediazioni per lo scambio di prigionieri e ai negoziati per l’accordo sul grano. Ma soprattutto, Umerov è un funzionario elogiato dagli attivisti anti-corruzione e dai parlamentari ucraini per il suo impegno nel ripulire dalle tangenti il Fondo del demanio, e Zelensky ha bisogno di ridimensionare e scacciare le accuse di corruzione nelle istituzioni ucraine, tanto in patria quanto all’estero.
La guerra in Ucraina infatti non finirà quest’anno, non sul campo di battaglia, non sui tavoli della diplomazia, e neanche a causa di uno stallo militare su entrambi i fronti. Kyjiv avrà ancora bisogno di armamenti, munizioni, equipaggiamento, addestramento delle truppe, e aiuti economici.
Gli Stati Uniti hanno impegnato quasi settantasette miliardi di dollari per la difesa dell’Ucraina, e il presidente Joe Biden ha chiesto al Congresso di approvare un pacchetto di ulteriori tredici miliardi come parte di una richiesta di spesa supplementare di quaranta miliardi di dollari. I repubblicani alla Camera hanno reagito minacciando lo shutdown del governo, promettendo di opporsi a qualsiasi «assegno in bianco» per Kyjiv. Anche nell’Unione europea c’è una situazione simile, tra chi è determinato nel sostegno all’Ucraina, e chi cerca qualsiasi pretesto per negarlo, come gli scandali di corruzione nel governo e nelle istituzioni ucraine.
Vladimir Putin invece non ha questo problemi, a differenza di Zelensky e dei leader occidentali, lui non deve rispondere all’opinione pubblica russa, al parlamento, agli oligarchi, e neanche alla morale.