«La cucina italiana ha decisamente svoltato», scrive il nostro direttore Anna Prandoni nell’articolo “Gli italiani lo fanno meglio”. Forse è anche per questa ragione che, quando si parla di cibo, anche i Gen Z, cioè quei giovani nati tra il 1997 e il 2012, mettono al primo posto alimenti italiani. La consapevolezza della qualità gastronomica italiana non è solo reale, ma anche ampiamente percepita da una popolazione attenta a come investe il suo denaro nel segmento alimentare. Infatti, secondo la ricerca condotta da Ipsos per l’Osservatorio Cirfood District, i giovani cercano anche prodotti italiani, semplici, sostenibili, in grado di incrementare il benessere fisico. Quindi tre volte buoni: per il palato, l’organismo e il pianeta.
Star bene con sé stessi
Presentato durante il Primo Summit della Ristorazione Collettiva, la ricerca ha coinvolto ragazzi e ragazze tra i sedici e i ventisei anni provenienti da tutta Italia che, mediante cinquecento interviste. Ne è emersa una panoramica sulle loro abitudini alimentari e sul rapporto che hanno con il cibo, ponendo in evidenza tutti gli aspetti positivi e non dell’attuale contesto enogastronomico.
I dati hanno messo in evidenza che i ragazzi hanno un buon rapporto con il proprio corpo. Il 73 per cento dei giovani è soddisfatto del proprio peso e il 67 per cento apprezza il proprio fisico. Merito dell’accoppiata “sport-nutrizione”. Infatti, lo studio ha messo in evidenza come i ragazzi siano consapevoli dell’importanza di corretti stili alimentari e sport, quale chiave per un migliore benessere fisico. Tuttavia, sussistono alcune difficoltà nel mantenere in equilibrio il rapporto tra alimentazione e salute. Per il 27 per cento questo equilibrio è sempre o spesso difficile da tenere, per il 44 per cento è qualche volta complesso.
Il cibo secondo la Gen Z
Al contrario di quanto sembri osservando i social e leggendo le cronache di gusto degli addetti ai lavori, le nuove generazioni sono alla ricerca di cibo semplice (36 per cento) senza ricette o ingredienti complessi. Inoltre, mangiare deve essere un momento di svago (24 per cento) e non una perenne maratona gastro-cervellotica. Cenare può diventare un’occasione per imparare nuove ricette, conoscere nuovi ingredienti e culture. In terza battuta, alimentarsi deve essere una leva per migliorare la propria salute (22 per cento) e per ricaricare le energie (20 per cento). In cima alle preferenze gastronomiche ci sono la pizza (50 per cento), la pasta (42 per cento), ma anche frutta fresca (42 per cento), carne bianca (39 per cento), riso e cereali (38 per cento).
Gli intervistati amano mangiare fuori casa. Nonostante l’inflazione, il 66 per cento di essi cena almeno una volta a settimana fuori casa, in ristoranti italiani, fast food e pub. Si tratta di occasioni di socialità, che permettono di coltivare relazioni (34 per cento), provare cibi nuovi (31 per cento) e trascorrere momenti speciali con il proprio partner (26 per cento).
Dai pacificati agli esigenti: le contraddizioni delle community gastronomiche
Analizzando i dati, però, emergono diversi tipi di relazioni tra giovani e cibo, spesso conflittuali rispetto a quanto dichiarato. Ci sono i pacificati (44 per cento) ovvero coloro che vivono il cibo con una certa serenità. Gli sregolati (25 per cento) sono, invece, in conflitto col proprio corpo. I compiaciuti (16 per cento) sono attenti alla cura del corpo, curato con un’alimentazione informata e naturalista. Infine, ci sono gli esigenti (15 per cento), che selezionano solo gli alimenti che fanno bene o che mangiano in modo monotematico.
«Uno degli aspetti più interessanti di questa ricerca emerge proprio dall’analisi delle community» ha sottolineato Enzo Risso, direttore scientifico. «Se da una parte gli intervistati si dichiarano piuttosto soddisfatti della propria persona e del proprio peso, il 56 per cento di essi mostra comunque una relazione in tensione con il cibo (anche se con diverse gradazioni). Mentre il 44 per cento è “pacificato”, cioè ha un rapporto disteso con il cibo, purtroppo un quarto degli intervistati appartiene al campo degli “sregolati”, persone che hanno una relazione conflittuale e complessa con il cibo. Emerge quindi una fotografia dicotomica di questa generazione, che a un rapporto titubante con il cibo e all’incertezza tra realtà e modelli stereotipati, abbina una grande consapevolezza sui temi della sostenibilità e dell’importanza fondamentale del cibo come leva per la socialità e le relazioni con gli altri».
Ripensare il cibo
Da un punto di vista della qualità, i prodotti made in Italy guidano le preferenze (38 per cento), seguiti da alimenti sostenibili (27 per cento), realizzati senza l’uso di antibiotici o ormoni (27 per cento) e che provengano da allevamenti rispettosi del benessere animale (26 per cento). Ciò mette in luce che gran parte dei giovani intervistati conosce il proprio ruolo all’interno del sistema alimentare e a favore di modelli che siano responsabili ed ecocompatibili. Insomma, sono sulla buona strada per diventare onnivori sostenibili.
Per dirla con il professor Riccardo Valentini, «nonostante mangiare sia una delle attività più naturali fatte dall’uomo, il cibo ha un ruolo rilevante nello scenario climatico». Di questo sono consapevoli anche i Gen Z, che sentono imperativa la necessità di ripensare il modo in cui il cibo viene prodotto e consumato, prediligendo un sistema globale alimentare più sostenibile, a svantaggio di modelli che al contrario accelerano fenomeni quali la deforestazione, il cambiamento climatico e il deterioramento della biodiversità. Forse è ora per le generazioni più âgé di guardare ai giovani come esempio, senza più cercare di imporre i propri modelli economico-alimentari ormai inadeguati a un pianeta in emergenza.