Economia di guerraLe conseguenze del conflitto in Israele sul prezzo del petrolio

L’attacco di Hamas non ha ripercussioni sulle forniture globali di greggio, ma ha fatto impennare i prezzi. Il Brent ha toccato 86,83 dollari al barile. E il coinvolgimento dell’Iran potrebbe creare forti tensioni sul mercato

(La Presse)

La guerra tra Hamas e Israele non ha avuto effetti immediati sulla fornitura mondiale di petrolio, ma i prezzi hanno iniziato a salire di oltre il 4 per cento. E il Brent ieri ha toccato 86,83 dollari al barile.

Israele e Palestina non sono grandi produttori di petrolio, ma con l’aggravarsi del conflitto aumentano anche le tensioni sulle prospettive dell’intera regione del Medio Oriente. Quello che pesa, in particolare, è il coinvolgimento dell’Iran, che è il settimo produttore mondiale di petrolio.

Israele «praticamente non ha produzione di petrolio greggio e condensati», secondo l’Energy Information Agency degli Stati Uniti, che fissa la capacità di produzione annuale di petrolio della nazione a soli trecentomila barili al giorno. Anche i territori palestinesi non producono quasi nulla di petrolio.

Tuttavia, il conflitto tra i contendenti vicini potrebbe intensificarsi. L’intera regione del Medio Oriente contribuisce per un terzo all’offerta globale di petrolio. E sebbene l’Iran abbia negato un coinvolgimento diretto, i leader di Teheran hanno approvato l’attacco contro Israele da parte di Hamas come un atto di «autodifesa». E questo potrebbe provocare grandi increspature sul mercato mondiale di petrolio.

«Se i Paesi occidentali collegassero ufficialmente l’intelligence iraniana all’attacco di Hamas, allora la fornitura e le esportazioni di petrolio dell’Iran si troveranno ad affrontare imminenti rischi al ribasso», ha detto alla Cnbc Vivek Dhar, direttore della ricerca sulle materie prime minerarie ed energetiche della Commonwealth Bank. «Le scorte petrolifere globali sono basse e i tagli alla produzione saudita e russa porteranno a maggiori prelievi di scorte nei prossimi mesi. Il mercato alla fine dovrà elemosinare più offerta dall’Arabia Saudita, cosa che credo non avverrà al di sotto dei 110 dollari di Brent».

L’attacco a sorpresa, che ha coinciso con il cinquantesimo anniversario della guerra dello Yom Kippur del 1973, sta alimentando i timori che la storia si ripeta. Nel 1973, l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (Opec) ha imposto un embargo petrolifero contro gli alleati di Israele. Ma allora l’Egitto e la Siria guidarono l’attacco contro Israele. Senza il coinvolgimento delle nazioni arabe, questa volta, un altro embargo petrolifero arabo è improbabile – scrive Quartz.

Tuttavia, i prezzi del petrolio faranno fatica a mantenersi stabili a fronte di una crisi prolungata. I possibili scenari sono tre. Uno: l’Iran potrebbe paralizzare la produzione petrolifera saudita, come fece nel 2019 con i droni grazie alla collaborazione con le milizie yemenite. Due: Washington potrebbe rafforzare la sorveglianza sul commercio del petrolio sanzionato e contrastare con maggiore forza il contrabbando di petrolio iraniano, il che potrebbe costringere l’Iran a tagliare la produzione. Tre: se le sanzioni venissero applicate in modo più rigoroso, l’Iran potrebbe far rivivere una vecchia minaccia del 2011: il blocco dello Stretto di Hormuz, una rotta marittima stretta ma significativa che gestisce quasi un terzo del petrolio mondiale trasportato dall’acqua. 


(Da Quartz)