Attore chiaveLe priorità dell’Africa per la Cop28

Riforma della finanza per il clima e delle sue istituzioni, nuove tasse per finanziare l’azione globale, accelerazione dell’ambizione mondiale e sostegno per una transizione energetica giusta. Il continente detta la sua agenda climatica

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Questo articolo è stato originariamente pubblicato sul numero 58 di We – World Energy, il magazine di Eni

L’Africa s’incammina verso la COP28 con un approccio chiaro e coerente e una serie di messaggi condivisi per la comunità internazionale. Nel settembre di quest’anno si è tenuto in Kenya il primo vertice sul clima in Africa, l’Africa Climate Summit (ACS). Il suo documento finale, la Nairobi Declaration on Climate Change (Dichiarazione di Nairobi sui cambiamenti climatici), definisce quattro aree prioritarie nell’agenda climatica del continente e costituirà la base dell’impegno africano alla COP28.

Tra le priorità vi è l’invito a una riforma del panorama mondiale della finanza per il clima e delle sue istituzioni, che l’Africa ritiene attualmente ingiuste e distorte. Il documento esorta anche a istituire nuove tasse a livello mondiale che vadano a finanziare l’azione per il clima. Auspica inoltre un’accelerazione dell’ambizione mondiale e un’azione per il clima più incisiva per conseguire gli obiettivi di temperatura dell’Accordo di Parigi; chiede sostegno continuativo alla sua agenda di adattamento, perdite e danni e supporto per una transizione energetica giusta in Africa.

In vista dell’appuntamento di Dubai, il continente sta lavorando all’articolazione delle priorità tematiche chiave dell’Africa Group of Negotiators (AGN, Gruppo africano di negoziatori), con numerosi incontri preparatori per raggiungere una posizione unitaria e realmente inclusiva. L’impatto climatico sull’Africa è in prima linea, ma la Dichiarazione di Nairobi sottolinea il potenziale ruolo del continente ai fini di una soluzione alla questione climatica a livello mondiale.

L’Africa ha infatti il potenziale per guidare una transizione energetica a basse emissioni di carbonio attraverso l’utilizzo e la scalabilità delle sue preziose risorse rinnovabili e di minerali critici, oltre che attraverso l’industrializzazione verde, e può inoltre contare su una popolazione giovane e in crescita che faccia da catalizzatore alla sua agenda climatica e allo sviluppo di soluzioni innovative per un’edilizia resiliente e a basse emissioni di carbonio.

Maggior equità della finanza per il clima
Negli ultimi anni si è data grande attenzione alla necessità di un panorama della finanza per il clima più equo per i paesi in via di sviluppo. In vista della COP27, l’AGN aveva invitato i paesi sviluppati a mobilitare almeno milletrecento miliardi di dollari all’anno entro il 2030 a sostegno dei bisogni finanziari dei paesi in via di sviluppo in materia di clima, sottolineando che il cinquanta per cento dell’importo era da destinare all’adattamento, e auspicava un aumento delle sovvenzioni. I finanziamenti effettivi sono tuttavia di gran lunga inferiori a quanto necessario: solo un decimo della finanza mondiale per il clima va all’Africa.

I leader africani continuano a sottolineare l’estrema vulnerabilità dei loro paesi ai cambiamenti climatici e le persistenti limitazioni nell’accesso ai fondi per l’adattamento e la mitigazione.

Nel giugno 2023, il presidente francese Emmanuel Macron ha ospitato il Summit for a New Financing Pact (Summit per un nuovo patto finanziario), e in quell’occasione William Ruto, presidente del Kenya, ha sottolineato l’urgente necessità di un “nuovo modello finanziario in cui i poteri non siano nelle mani di pochi”. In quella sede, Ruto ha affrontato le difficoltà che i paesi africani devono affrontare nel fronteggiare le sfide finanziarie.

Un sentimento analogo ha caratterizzato anche l’Africa Climate Summit, in cui i leader africani hanno ribadito la necessità di un nuovo modello finanziario in cui le mani potenti siano distribuite in modo più equo e i paesi africani abbiano accesso a risorse finanziarie più consistenti. Il summit ha evidenziato le difficoltà delle nazioni africane nel fronteggiare le sfide finanziarie per affrontare i cambiamenti climatici e ha sottolineato la necessità di un’urgente riforma e di un miglior funzionamento del sistema finanziario mondiale.

La Dichiarazione di Nairobi evidenzia nuove raccomandazioni per la riforma finanziaria mondiale, tra cui il riorientamento dei diritti speciali di prelievo (Special Drawing Right, SDR) del Fondo Monetario Internazionale (IMF) verso l’Africa, con l’obiettivo di fornire 500 miliardi di dollari di finanziamenti agevolati da parte delle banche multilaterali di sviluppo e l’istituzione di meccanismi di derisking per ridurre il costo dei prestiti all’Africa e ai paesi in via di sviluppo.

La Dichiarazione esorta i leader mondiali “a sostenere la proposta di un regime mondiale di tassazione del carbonio che preveda una carbon tax sul commercio dei combustibili fossili, sul trasporto marittimo e sull’aviazione, cui si possa eventualmente aggiungere anche una tassa mondiale sulle transazioni finanziarie”. Invita inoltre a sviluppare una nuova Carta della finanza da adottare a livello mondiale entro il 2025 attraverso l’Assemblea generale delle Nazioni Unite e i processi della COP.

Per quanto vi sia stato un certo movimento sulle questioni della finanza per il clima, ancora servono, e rapidamente, impegni più seri, capaci di sostenere lo slancio e tenere in vita i partenariati basati sulla fiducia. Per esempio, l’IMF ha istituito il Resilience and Sustainability Trust (Fondo fiduciario per la resilienza e la sostenibilità) come nuovo strumento per l’erogazione di finanziamenti a lungo termine e a prezzi accessibili, volto a integrare le limitate capacità di bilancio dei paesi vulnerabili e a basso reddito.

Questo strumento può contribuire a finanziare gli investimenti nell’energia verde e in altre riforme strutturali per una transizione energetica più celere. A seguito dell’approvazione dell’istituzione del Trust nel 2022, diciassette paesi hanno presentato impegni per 30,5 miliardi di diritti speciali di prelievo ed sono stati approvati cinque pacchetti per un valore di 3,4 miliardi di dollari.

Nell’ottobre del 2023, in occasione dell’incontro annuale dell’IMF a Marrakesh è stato elaborato un nuovo piano di ristrutturazione del debito dello Zambia. Inoltre, gli Emirati Arabi Uniti, alla presidenza della COP28, durante la conferenza renderanno pubblico un rapporto di dettaglio, comprensivo di roadmap attuativa, messo a punto da economisti di fama mondiale sulla base della Bridgeton Initiative; il rapportò conterrà raccomandazioni per la riforma della finanza internazionale per il clima.

Meccanismi di responsabilità e revisione per accelerare l’azione
I paesi africani chiedono un’azione urgente per poter raggiungere l’obiettivo degli 1,5 gradi Celsius fissato dall’Accordo di Parigi. A tal proposito, il Global Stocktake (GST) procederà per la prima volta ad analizzare i progressi collettivi dei diversi paesi verso gli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi. A partire dalla COP28, il GST riesaminerà con cadenza quinquennale gli sforzi compiuti nell’ambito dei contributi determinati a livello nazionale (Nationally Determined Contribution, NDC) dai singoli paesi, con l’intento di accelerare l’azione mondiale per il clima individuando le aree in cui gli stati e gli attori non statali possono intensificare le proprie azioni e ambizioni.

Questo primo bilancio sarà particolarmente importante per l’Africa, perché sarà uno strumento di responsabilizzazione che potrà potenzialmente plasmare la narrativa a lungo termine dell’azione per il clima. Secondo Richard Munang, Africa Director di UN Environment, il GST offrirà all’Africa una sede idonea in cui dar voce alle proprie preoccupazioni sul clima e fare pressione per l’urgente questione della giustizia climatica. Secondo numerosi rapporti, gli impegni climatici di stati e imprese non sono all’altezza delle aspettative, ma il GST può contribuire ad accelerare la transizione verso un futuro sostenibile, individuando le azioni e i finanziamenti necessari a promuovere l’intensificazione delle risposte ai cambiamenti climatici.

Sostenere l’Africa nel suo ruolo di attore chiave
A caratterizzare le prospettive condivise dell’Africa sulla transizione energetica sono ancora la povertà energetica e l’equità energetica. Nel 2022, in vista della COP27, l’African Union (AU, Unione Africana) ha elaborato una posizione comune per una transizione energetica giusta, in cui sostiene la necessità di continuare a impiegare tutte le risorse energetiche disponibili nel continente (gas naturale, idrogeno verde, idrogeno a basse emissioni di carbonio ed energia nucleare), come fonti di transizione a breve e medio termine, potenziando al contempo l’adozione di rinnovabili a lungo termine per uno sviluppo a basse emissioni di carbonio e climaticamente resiliente.

Attualmente i tassi di consumo energetico africani sono i più bassi al mondo, con seicento milioni di persone che ancora non hanno accesso all’elettricità. La posizione dell’Africa riconosce tuttavia anche che, in misura diversa, i cinquantacinque paesi membri dell’AU vedranno una rapida crescita della popolazione e una celere urbanizzazione, situazioni che entro il 2050 faranno raddoppiare le emissioni del continente, aumentando quindi l’urgenza di decarbonizzare l’Africa proprio mentre essa procede lungo la via dello sviluppo.

L’Africa può decisamente essere un attore chiave della transizione energetica. Per esempio, si stima che il continente possieda il quaranta per cento delle risorse energetiche rinnovabili del mondo. Inoltre, i paesi africani hanno riserve significative di molti dei minerali critici fondamentali per la transizione energetica: per esempio, il Sudafrica possiede il novantuno per cento delle riserve mondiali di platino e il ventidue per cento di quelle di manganese, mentre la Repubblica Democratica del Congo detiene la metà delle risorse mondiali di cobalto.

Per sottolineare la serietà delle intenzioni espresse, la Dichiarazione di Nairobi invita a quintuplicare le energie rinnovabili, cioè ad “aumentare la capacità di generazione da rinnovabili dell’Africa dai 56 gigawatt (GW) del 2022 ad almeno 300 GW entro il 2030”. L’Africa evidenzia come sia necessario utilizzare tutte le forme di energia per promuovere l’accesso all’energia e lo sviluppo, e rimarca chiaramente l’importanza della propria transizione.

Anche tra i partner mondiali vi è chi preme per uno sviluppo resiliente a basse emissioni di carbonio. Il G20, per esempio, ha di recente rilasciato una dichiarazione in cui s’impegna a triplicare la produzione mondiale di energia rinnovabile entro il 2030. Inoltre, l’International Renewable Energy Agency (IRENA), in collaborazione con i governi di Kenya, Danimarca, Germania ed Emirati Arabi Uniti, ha stabilito un accordo di partenariato per promuovere lo sviluppo delle energie rinnovabili in Africa: l’Accelerated Partnership for Renewables in Africa (APRA, Partenariato accelerato per le energie rinnovabili in Africa) sosterrà sei paesi africani (Kenya, Etiopia, Namibia, Ruanda, Sierra Leone e Zimbabwe) nello sviluppo delle loro capacità rinnovabili e si concentrerà sull’assistenza tecnica, sullo sviluppo delle capacità e sulla mobilitazione di finanziamenti.

L’APRA è aperto a estendersi ad altri paesi e mira a riunire il settore pubblico e quello privato intorno al tema dell’energia verde. Anche gli Emirati Arabi Uniti hanno mostrato forte interesse a sostenere la transizione dell’Africa verso le energie rinnovabili, impegnandosi a stanziare 4,5 miliardi di dollari per lo sviluppo dell’energia pulita e quattrocentocinquanta milioni di dollari a sostegno dei crediti di carbonio.

Adattamento e mantenimento dell’attenzione su perdite e danni
Il sesto rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), pubblicato nel 2023, evidenzia la vulnerabilità dell’Africa all’impatto dei cambiamenti climatici, vulnerabilità dovuta al fatto che molte economie africane dipendono da settori climaticamente sensibili.

Il 2022 si è caratterizzato per eventi climatici estremi ben evidenti, con siccità e carestie estreme nel Corno d’Africa e diversi cicloni a colpire le aree sudorientali del continente. Anche il 2023 Global Risk Report sostiene che la lentezza dei progressi verso un adeguato sostegno finanziario per l’adattamento climatico dei vari paesi inasprisce gli impatti dei disastri climatici, soprattutto per i paesi in via di sviluppo. Secondo le proiezioni, i costi economici del cambiamento climatico saranno più pesanti in Africa che altrove.

Per ridurli, serve attuare misure di adattamento in modo debitamente celere e su scala adeguata, ma resta comunque inevitabile che i cambiamenti climatici causino un certo livello di perdite e danni.

Per quanto la United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC, Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) riconosca perdite e danni come il terzo pilastro del cambiamento climatico (dopo adattamento e mitigazione), i progressi compiuti verso la piena operatività dei meccanismi per far fronte ai costi economici e sociali del cambiamento climatico si rivelano piuttosto lenti.

La COP27 ha visto l’evento storico dell’inserimento all’ordine del giorno del tema di perdite e danni e l’altrettanto storica istituzione del Loss and Damage Fund (Fondo per perdite e danni): questi risultati si devono soprattutto al forte impulso dato dalla società civile e dalle pressioni dei paesi in via di sviluppo. La COP27 ha inoltre istituito la Transitional Committee, avente il compito di elaborare una serie di raccomandazioni sull’operatività del fondo, da negoziare e adottare formalmente in occasione della COP28.

Con il rapporto dell’IPCC a evidenziare come di anno in anno l’Africa sia colpita da un numero sempre maggiore di disastri climatici, l’attivazione del Loss and Damage Fund e la definizione dei meccanismi di finanziamento non possono più aspettare. La riforma della finanza per il clima rimarrà una priorità fondamentale per l’AGN, come anche la richiesta di impegni tempestivi per assicurare che stati e attori non statali rispettino gli impegni assunti a Sharm El Sheikh.

Nel 2015 l’Accordo di Parigi (articolo 7.1) ha istituito il Global Goal on Adaptation (GGA, Obiettivo globale sull’adattamento) per “rafforzare la resilienza e ridurre la vulnerabilità ai cambiamenti climatici”. La COP26 ha definito il programma di lavoro Glasgow-Sharm El Sheik, finalizzato a elaborare un quadro di riferimento per l’implementazione del GGA in occasione della COP27, e le parti hanno concordato di presentare il quadro di riferimento per la sua adozione in sede di COP28.

L’ultimo workshop del programma di lavoro si è tenuto questo ottobre in Botswana e si è concluso lasciando delle questioni irrisolte. Per l’AGN sarà essenziale che si raggiunga un accordo sul quadro di riferimento per il GGA: è dal 2013, infatti, che l’AGN esprime a gran voce le richieste dell’Africa in materia di GGA.

È essenziale che la COP28 incoraggi uno spirito di trasparenza, apertura, inclusione ed equità. In pratica, è essenziale che si condividano dati accurati e tempestivi attraverso processi quali il GST, che gruppi di attori eterogenei assumano impegni orientati all’azione con accordi di partenariato dinamici e strutture di finanziamento innovative, che vi sia rispetto ed empatia verso le realtà degli altri paesi, che si manifestino equità e correttezza rispettando prontamente gli impegni storici e contribuendo in modo giusto alle attuali necessità dell’Africa.

Si parla sempre più spesso di una sorta di stanchezza da COP: per superarla serve un progresso che proceda a rivedere e aggiornare periodicamente impegni e azioni in considerazione delle ultime scoperte scientifiche e dell’evolversi delle circostanze. L’Africa ha bisogno di un’azione per il clima che tenga conto delle sue vulnerabilità e capacità uniche. Bisogna anche innalzare l’ambizione mondiale, rafforzare gli impegni volti a un progresso orientato all’azione e procedere efficacemente sulla via della loro effettiva esecuzione e attuazione.

L’Africa ha ben chiare le sue priorità, i suoi impegni e il sostegno che chiede alla comunità internazionale. I partenariati strategici sono fondamentali per il progresso sui temi dell’agenda africana, come anche è essenziale un allineamento strategico con la presidenza della COP, con le istituzioni finanziarie internazionali e con i principali alleati statali e non statali.

Alex Benkenstein è responsabile del Programma sulla Governance delle risorse africane presso il South African Institute of International Affairs (SAIIA), uno dei principali think tank africani.

Romy Chevallier è ricercatrice senior nell’ambito del Programma sulla Governance delle risorse africane presso il South African Institute of International Affairs (SAIIA).

Jordan Mc Lean è ricercatrice di Politica e Relazioni Internazionali e Cambiamenti climatici in Africa presso il South African Institute of International Affairs (SAIIA).

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