Supereroi #3Il potere della condivisione che apre le menti

La montagna non costruisce la propria identità sull’isolamento, ma si definisce – anche gastronomicamente – attraverso il rapporto con il territorio circostante

Nel terzo incontro del progetto Supereroi Montani, il team di Ferdy Wild ha accolto uno chef che ha scelto di raccontare una montagna strana, sospesa tra cielo e terra a circa mille metri di altitudine: l’Altopiano dei Sette Comuni. E proprio nella sua capitale storica – Asiago – Alessandro Dal Degan ha gettato le basi per un cammino che parte dal territorio in senso esteso, coinvolgendo la montagna senza rinnegare le contaminazioni “straniere”. Così accanto alla carne, ai formaggi e alle erbe selvatiche, troviamo i frutti della laguna e insieme costruiscono un percorso gustativo identitario, dove l’identità è intesa come consapevolezza di sé in quel luogo e in quell’istante.

Rispetto agli altri appuntamenti svoltisi fino ad oggi (il primo con Alessandro Gilmozzi del Ristorante El Molin e il secondo con Michele Lazzarini di Contrada Bricconi) questo è stato forse il caso dove la montagna si è fatta sentire in maniera meno (pre)potente rispetto agli altri appuntamenti. Dal Degan non è uno chef interessato a scendere a compromessi. Quantomeno non lo è il suo format, pensato per avere due anime tra il ristorante gastronomico da soli cinque tavoli e un bistrot più democratico e aperto a un pubblico più ampio e leggero.

Ha abbracciato con entusiasmo l’area dell’Altopiano di Asiago, ormai più di quindici anni fa quando si è trasferito per amore e per carriera, e oggi il suo lavoro non potrebbe prescindere dal legame con il territorio circostante. Il cuore, l’aspirazione, l’idea dietro a un progetto come Supereroi Montani è di poter raccontare la montagna secondo quel rapporto di amore e odio, che spesso la caratterizza. Territori che spesso vivono ancora di grandi chiusure mentali, interpretative, sociali, culturali ma che hanno inespresso un grande potenziale.

Un momento della cena di lunedì 13 novembre da Ferdy Wild insieme ad Alessandro Dal Degan del ristorante La Tana Gourmet

E accanto alle ancora numerose trattorie dove si servono confortanti e abbondanti porzioni di polenta concia, spezzatini e zuppe, c’è uno spazio – ancora insondato – dove la ricerca e la creatività possono esprimersi con grande libertà ma pur sempre restando ancorati alla propria area di attività, al contesto. L’accesso agli investimenti è ridotto, l’evoluzione non è spesso ben vista, l’alternanza dei flussi con i picchi tra alta stagione e bassa stagione non è di sicuro di aiuto per le strutture di ospitalità così come per i format di ristorazione a più livello.

Tuttavia, bisogna resistere e c’è chi lo fa quasi cercando di provocare le persone del posto, andando a fare breccia in una mentalità poco interessata al nuovo e anzi, sperando di andare oltre i confini e attirare l’attenzione. E quello che talvolta fa più contrasto è trovare proprio nella montagna delle realtà a così alto grado di professionalità, tecnicismo, ottimizzazione dei processi, proprio perché anche se di menu alla cieca si parla, lo studio alle spalle è enorme e lungo mesi.

Nicolò, deus ex machina di Ferdy Wild

Il rodaggio delle cucina è impegnativo, la sincronizzazione delle portate per creare la giusta armonia di uscita dei piatti, di effetti sonori, racconto personale da parte dei singoli mesi, è qualcosa che va completamente ricalibrato a ogni stagione e calibrato a seconda delle scelte portate in tavola. Sì la rusticità dei luoghi e la naturalezza di certi aspetti territoriali, ma stiamo pur sempre parlando di business, di piccole imprese, di dipendenti e di un mestiere che chiede «piedi per terra e mente saldamente per aria» per citare lo stesso Dal Degan.

Uno scorcio del carrello dei formaggi di Ferdy, momento immancabile di ogni cena del format Supereroi Montani

Dal Degan è originario di Asiago ma nasce a Torino, per poi trasferirsi a Firenze, dove rimane fino ai ventisette anni. E quando torna nella terra di origine per una consulenza stagionale comprende che quell’incredibile mercato a cielo aperto poteva e meritava di essere valorizzato. In soli sei mesi di permanenza conosce la sua compagna e quello che diventerà il suo socio storico nonché alter ego in sala, Enrico Maglio.

Così nel 2009, al posto di un pub sotterraneo (di cui conserva il nome), nasce La Tana. E negli anni il pensiero – inizialmente radicato al bagaglio gastronomico locale – si evolve al punto da richiedere una nuova sede. Nel 2014 La Tana trasloca in una delle case rosse che un tempo segnalavano ai viandanti i luoghi di ristoro, dove la cucina si colloca tra il ristorante e il bar, in perfetto stile montanaro. Un bar che ben presto si trasforma in osteria, per rispondere al bisogno di dare uno spazio fisico all’anima più tradizionale che già abitava La Tana, e frenava almeno in parte il laboratorio di ricerca che aveva iniziato a esprimersi nel ristorante.

Il vero coronamento de La Tana Gourmet arriva paradossalmente con il Covid. Il 9 marzo del 2020 tutti sono forzati a chiudere, e così anche Alessandro ed Enrico si interrogano sul futuro del ristorante. Economicamente parlando sarebbe stato molto più sostenibile rinunciare all’anima creativa e tenere in vita solo l’osteria. Ma quando Jacopo e Matteo Robelli – a soli diciannove anni – si sono offerti di rinunciare al proprio stipendio per far ripartire un sogno, tutti insieme hanno deciso di dare una svolta al progetto, facendo in modo che l’osteria generasse margine sufficiente a sostenere il fine dining.

Oggi il ristorante gourmet propone un unico menu degustazione, invernale o estivo, che cambia nella sua interezza da una stagione all’altra e da un anno all’altro. Non esiste una carta, non è possibile modificare né gli ingredienti né gli orari del servizio. Solo dieci persone, che mangiano le stesse cose alla stessa ora, immerse in un’esperienza multisensoriale che trascende la “semplice” degustazione.

Il percorso viene svelato solo durante il pasto e spesso al termine di ogni portata, affinché l’ospite rimanga libero dai preconcetti e si lasci trasportare dal gusto, amplificato dalla teatralità del servizio intercalato da una colonna sonora che gioca sulle stesse frequenze con cui la bocca comunica al cervello. Dai Muse a Rihanna, passando per i gruppi indie rock, la musica accompagna ed esalta il boccone insieme alla coreografia messa a punto dai quattro soci, per sorprendere i commensali con un viaggio che non è mai uguale a sé stesso.

Una filosofia apertamente aziendalista che forza alla scoperta il pubblico che la accoglie, senza voler essere necessariamente confortevole. Per il comfort c’è l’osteria, lì il cliente è libero di mangiare quello che vuole quando vuole, carne o pesce, carta o degustazione. Nel gourmet è libero di farsi guidare in un percorso totalizzante e accuratamente calibrato in ogni dettaglio.

Dream team, novembre 2023

Questo format bivalente supera lo stereotipo della montagna senza mai abbandonarla: gli oltre seicento prodotti che l’altopiano offre, talvolta reperibili per un periodo limitatissimo, vengono conservati, trasformati e sublimati con tecniche e ricette contaminate, in cui il mare – vicinissimo in linea d’aria – trova posto senza difficoltà, anche solo per conferire una nota sapida.

Nel collo di maiale al curry nero, il profumo indiano libera la mente verso porti lontani per poi trascinarla nuovamente ad Asiago con il pungitopo fermentato: le sue note amare favoriscono la salivazione contrastando la componente grassa della maionese, realizzata con un’infusione di torba affumicata e mescolata con le uova di aringa, unica fonte di sapidità nel piatto. L’esotismo è evidente anche nel risotto al Tom Kha Gai che dalla Thailandia torna sull’altopiano per ricevere lo sciroppo di fiori di sambuco, la liquirizia selvatica e l’estratto di foglie di fico. Ancora una volta l’amaro si sostituisce all’acido per pulire il palato, con tempistiche diverse, inattese e affascinanti.

Quella de La Tana Gourmet è una personalissima interpretazione della cucina di montagna che riflette il sentimento di odi et amo che si oppone alla mentalità chiusa di chi non riconosce l’immenso patrimonio di un territorio e si impegna a scoprirlo in profondità, oltre le tradizioni recenti, le etichette e i confini geografici, abbracciando pienamente il concetto di dialogo tra monti che Ferdy Wild si sta impegnando ad alimentare.

L’ultimo appuntamento è previsto in data 27 novembre e vedrà protagonista Alfio Ghezzi e la cucina di montagna del suo ristorante Senso, nel Mart di Rovereto.

Courtesy foto Ferdy Wild

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