Conflitto dell’animaLa generazione spazzata via dalla Prima guerra mondiale

L’incubo della battaglia è il sintomo più caratteristico della nevrosi di chi sta al fronte. Uno dei protagonisti di “Rigenerazione” (Einaudi), il nuovo romanzo di Pat Barker, vuole guarire presto e uscire dall’ospedale per convincere tutti della follia che lo circonda, mostrando la grande umanità e il dolore di chi combatte

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Rivers si intendeva cosí poco di poesia che si sentiva quasi in imbarazzo all’idea di dover fare qualche commento in proposito. Poi ricordò di aver ricevuto quelle composizioni in qualità di terapeuta, non di critico letterario, e da quel punto di vista erano di sicuro interesse, in particolare l’ultima.

Tutto nella poesia faceva pensare che Sassoon avesse verso la propria esperienza di guerra un atteggiamento opposto a quello che si riscontrava di solito. Il paziente tipico, al momento dell’arrivo a Craiglockhart, dedicava gran parte della propria energia al tentativo di dimenticare l’evento traumatico che l’aveva fatto precipitare nella nevrosi. E anche se era arrivato a riconoscere l’inutilità dei propri sforzi, di solito era stato incoraggiato a persistere nel tentativo da amici e famigliari, e addirittura dai medici precedenti. Gli orrori vissuti, tenuti faticosamente a bada alla luce del giorno, di notte si ripresentavano con forza raddoppiata, dando luogo al sintomo piú caratteristico della nevrosi di guerra: l’incubo della battaglia.

Spesso la terapia di Rivers consisteva semplicemente nell’incoraggiare i pazienti ad abbandonare i loro disperati tentativi di dimenticare, consigliando invece di consacrare parte della giornata ai ricordi. Senza rimuginarci troppo, ma nemmeno facendo come se nulla fosse mai accaduto. Di solito, entro una o due settimane dall’inizio della terapia, gli incubi diventavano meno frequenti e meno terrificanti.

La determinazione a ricordare di Sassoon era probabilmente la causa della sua pronta e rapida guarigione, anche se nel suo caso derivava, piú che dal desiderio di preservare la sanità mentale, dalla volontà di convincere i civili della follia della guerra. Evidentemente scrivere poesie era stato terapeutico, ma allora, rifletteva Rivers, anche scrivere la dichiarazione era stato terapeutico. Forse la poesia di Sassoon e la sua ribellione provenivano dalla stessa fonte, ed entrambe potevano essere collegate alla guarigione dal terribile periodo degli incubi e delle allucinazioni. Se questo era vero, allora persuaderlo a tornare sui suoi passi sarebbe stata un’impresa molto piú complessa e rischiosa di quanto avesse immaginato, e avrebbe rischiato di provocare una ricaduta.

Sospirò e rimise le poesie nella busta. Diede un’occhiata all’orologio e vide che era ora di iniziare il suo giro. Non aveva fatto in tempo ad arrivare ai piedi dello scalone centrale che vide il capitano Campbell uscire dalla sala da pranzo, ora buia, camminando all’indietro piegato in due.
– Campbell?

Campbell ruotò su sé stesso. – Ah, capitano Rivers, giusto lei –. Gli si avvicinò e, con un bisbiglio discreto perfettamente udibile in lungo e in largo per il corridoio, come tutti i suoi bisbigli discreti, disse: – Quel tipo che mi hanno messo in camera.
– Sassoon. Sí? – Non sarà una spia tedesca?

Rivers considerò attentamente la questione. – Non credo proprio. Non scelgono mai Siegfried come nome. Campbell sembrò colpito. – No, non piú –. Annuí, gli diede un colpetto sulla spalla e allontanandosi disse: – Ho pensato fosse meglio parlarne con lei.
– Grazie, Campbell. Lo apprezzo molto.

Rivers restò un momento ai piedi delle scale, scuotendo istintivamente la testa.

Da “Rigenerazione”  di Pat Barker, Giulio Einaudi Editore, 872 pagine, 23 euro

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