Candide e incorrotte Come la cultura della longevità sta condizionando l’industria dei prodotti di bellezza

Il nuovo prototipo femminile diffuso oggi sembra volere le donne eterne bambine. Dalle tendenze di importazione coreana alle longevity suite fino ai principi attivi naturali contenuti nelle miscele: tutto fa pensare all’esigenza di un ritorno al passato dalle tinte edeniche che la società, inconsapevolmente, accompagna

LaPresse

I modelli estetici femminili sono sempre più diffusi e particolareggiati: sono quasi speculari alle rivendicazioni politiche e sociali. Non vi è battaglia che non partorisca, suo malgrado, sembianze a cui aspirare. Provare a circoscrivere il discorso intorno alla bellezza delle donne significa domandarsi in quale misura i fattori in gioco lo alimentano, lo seguono, lo rincorrono oppure lo causano. Il feticcio dei social network come TikTok nei confronti del trucco, ad esempio. O i famosi core che si sono susseguiti negli ultimi anni, laddove il termine “core” significa appunto fenomeno, tendenza, deriva.

Il core che ha più condizionato l’immaginario femminile e, di conseguenza, l’industria dei prodotti di cura della pelle è sicuramente quello della clean girl. Ovvero, la ragazza acqua e sapone dall’aspetto vagamente aristocratico, elegante e tuttavia semplicissima, i capelli raccolti sulla nuca e la pelle lucida di latte detergente – anche se dietro, si sa, si nasconde una metodica, ossessiva skincare e centinaia di soldi spesi allo scopo di sembrare “naturali”, “pulite” ed eteree.

La recente curiosità nei confronti della Corea, e della Corea in particolare le donne, e delle donne in particolare i segreti della filigrana del viso si inserisce proprio all’interno di questa nuova esigenza – estetica, psichica e dunque di mercato. Il caso di Yepoda è noto: direttamente dalla Corea del Sud, importa prodotti che hanno a cuore la sostenibilità e l’impatto ambientale. Ma le espressioni “doppia detersione”, “effetto glowy” e i video promozionali che cominciano con la frase: «Ti sei mai chiesto come fanno le donne coreane ad avere questo tipo di pelle?», sono diventati una sorta di imperativo, di richiamo collettivo. Anche per le marche europee come Aroma-Zone, di origine francese e dedita alla ricerca della «bellezza naturale», dalla cura dei capelli al benessere del corpo. Attraverso l’uso di principi attivi vegetali, hanno lanciato una beauty routine apposita per l’inverno.

courtesy of Aroma-Zone

Acido ialuronico combinato ad aloe vera e alla menta piperita per una crema che mantenga idratata la pelle anche a fronte di temperature bassissime, chicchi di caffè, elicriso e zenzero selvatico per ridurre le occhiaie. Un integratore che stimola la produzione di collagene. Burro di karité grezzo per le mani, ma anche avocado biologico, olio di jojoba e calendula e burro di cacao. Olio di argan per illuminare i capelli ed estratto di piselli in un siero che ne contrasti la caduta.

O i consigli condivisi dal gruppo cosmetico Goop, che indicano quali sono i passaggi da eseguire davanti allo specchio per avere «una pelle rimpolpata, luminosa, levigata e idratata» in modo da «avere sempre meno bisogno di truccarsi» o meglio, per sembrare il meno truccate possibili, tra cui: indossare il correttore e non il fondotinta, un balsamo cremoso e colorato per dare un pizzico di colore alle guance e partire sempre da una crema contorno occhi.

courtesy of Aroma-Zone

Sembra, insomma, che l’obiettivo principale della popolazione femminile – e delle aziende che tentano di soddisfarle – sia tornare o restare bambine. Le quali, appunto, non hanno bisogno di truccarsi. La pervasività di tutto ciò che è naturale, compresi gli ingredienti con i quali i prodotti vengono preparati e che rimandano a una sorta di purezza organica, di pozioni alchemiche preparate con piante ed erbe provenienti da un edenico giardino, tenta di ricondurle a un’innocenza priva di grinze, di macchie, di rughe, assente della sporcizia del karma che si contamina via via, al riparo dalle onde d’urto del divenire.

Non soltanto giovani. Ma intatte, immacolate, igieniche. Candide, inviolate. Che è un po’ l’ideale rappresentato da molte modelle, eterne diciassettenni, il volto riposato e tornito di chi dorme nove ore a notte tra lenzuola di seta, si dedica alla ginnastica e a una dieta di sola frutta e verdura. E pensare che tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta irresistibili erano Kate Moss, Gia Carangi e la loro aria trasognata e maledetta, tipica di chi non dorme affatto, mangia a stento e accompagna le frasi, durante le interviste, con il dolente fumo di una sigaretta.

courtesy of Aroma-Zone

È di pochi giorni la notizia che Marina Abramović ha lanciato una linea di prodotti per la cura della pelle. Avendo la performer serba settantasette anni l’oggetto, la meta di una simile idea – commerciale quanto soggettiva – è presto detta: accompagnare il tempo che passa in modo da non dare a vedere che passa. Certo, sul sito l’artista ha specificato che la sua filosofia estetica «trascende la superficialità, sottolineando l’interconnessione tra benessere interiore e bellezza esteriore», dato che troppo spesso la ricerca della stessa è «limitata alla superficie». Ma il tentativo di ritardare, o quantomeno di annullare, le pieghe dell’esistenza in un ritorno a uno stato di primigenia integrità risulta anche dalla scelta di miscele e lozioni «guidate dalla saggezza del passato»: pane bianco, per «rimpolpare la pelle, trattenere l’umidità ed esfoliare le cellule morte», e il vino bianco, «una buona fonte di antiossidanti e polifenoli che aiutano a proteggere il corpo dai danni e a rafforzare il sistema immunitario».

Instagram / Artnet

Anche qui farina di semi d’uva e succo di mirtilli concentrato, liquirizia e shilajit messi a punto insieme alla dottoressa Nonna Brenner, sostenitrice di un approccio alternativo alla medicina e a capo di un centro benessere in Austria. Oltre a lenire i segni d’invecchiamento, la linea di Abramović serve a curare infezioni, allergie e malattie autoimmuni. «Non bevo, non fumo e non assumo droghe», ha dichiarato a Vogue. «Dormo otto ore al giorno e ho un amante di ventun anni più giovane».

«Assistiamo a un progressivo sdoganamento dell’unicità di ognuno», afferma il sociologo Francesco Morace che si occupa, tra le altre cose, di consapevolezza femminile in merito al mondo pubblicitario e a quello del make up e a questo proposito terrà un intervento il 3 febbraio con Diego Dalla Palma al MIDO, la fiera dell’occhialeria. «Una bellezza legata all’originalità del carattere e all’imperfezione».

Ma se il proprio carattere unico diventa la cifra dell’epoca e ciascuno è impegnato ad appropriarsene, i rischi sono due: la neutralizzazione dell’impresa, giacché, in questo specifico tentativo di differenziazione, le differenze stesse potrebbero arrivare a equivalersi, a non essere più riconoscibili, sprofondando così nuovamente nell’anonimato o in una generale omologazione. E poi, trasferendo tanto valore al qui e all’ora, alla vita in quanto tale, preziosa proprio perché irripetibile, si carica di significato ciò che di immanente, profano e concreto le appartiene, svalutandone gli aspetti invisibili e immateriali. Non bisogna dunque stupirsi che si guardi alla vecchiaia e cioè alla morte con accresciuto orrore, rendendo la giovinezza una sorta di tempo morto, aderendo a un’immagine di noi che non muta mai, sempre più immobile e perfetta, incastonata in parametri granitici.

courtesy of Aroma-Zone

L’improvvisa moltiplicazione dei centri di longevity suite ne è un esempio: sedute altamente tecnologiche e specializzate, diluite in un periodo di media o lunga durata, che hanno lo scopo di “ingannare il corpo” e renderlo più sano, più tonico, all’apice delle sue potenzialità. «Chiunque vuole in qualche modo apparire più giovane», concede Morace. «Se rimane nell’ambito del buon senso, non c’è nulla di male. Il problema non sono i centri per la longevità ma gli interventi che promettono cose impossibili. La chirurgia plastica che stravolge i lineamenti è già superata. Adesso, perfino le attrici o le donne dello star system dichiarano di preferire una ruga in più piuttosto che intervenire perdendo il carattere». Resta allora da capire quanto sono espressioni della volontà di ognuno di noi e quanto il frutto di condizionamenti esterni che l’industria della bellezza continuamente cavalca, esaspera, estremizza e dirige dall’alto. E anche, naturalmente, quando le donne smetteranno di attribuire tanta importanza al proprio aspetto.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter