«L’Italia sarà un bersaglio se parteciperà all’aggressione contro lo Yemen». Così Mohamed Ali al-Houti, attualmente uno dei leader di spicco del movimento Ansar Allah, i partigiani di Dio meglio conosciuti come Houti, nonché cugino dell’attuale leader Abdul-Malik Al-Houti, si rivolge al nostro Paese in un’intervista rilasciata a Repubblica.
Sulla nuova missione militare europea nel Mar Rosso, dice: «Consigliamo agli europei di aumentare la pressione su coloro che sono responsabili degli orrori a Gaza. Le nostre operazioni mirano a fermare l’aggressione e a sollevare l’assedio, rappresentando un obiettivo legittimo che deve essere perseguito. Qualsiasi altra giustificazione per l’escalation da parte degli europei è inaccettabile». E sulla partecipazione dell’Italia alla missione, spiega• «Il suo coinvolgimento sarà considerato un’escalation e una militarizzazione del mare, e non sarà efficace. Il passaggio delle navi italiane e di altri durante le operazioni yemenite a sostegno di Gaza è una prova che l’obiettivo è noto».
Poi lancia un messaggio a Roma: «Il nostro consiglio all’Italia è di esercitare pressione sull’entità israeliana per fermare i massacri quotidiani e l’assedio soffocante contro i bambini di Gaza. Questo è ciò che porterà alla pace mondiale e risparmierà al mondo l’espansione del conflitto e l’insicurezza regionale. L’Italia e i Paesi europei non hanno bisogno di allinearsi con le politiche americane che praticano il terrorismo e l’ingiustizia contro il popolo di Gaza. Consigliamo all’’talia di rimanere neutrale, che è il minimo che può fare. Non c’è giustificazione per qualsiasi avventura al di fuori dei suoi confini, e non ne trarrà benefici economici o in altro modo».
Mohamed Ali al-Houti è stato capo del Comitato rivoluzionario supremo tra il 2015 e il 2016, quando gli Houti hanno preso il potere. Ed è attualmente membro del Comitato politico supremo della parte di Paese controllata dal movimento di ispirazione sciita.
Su Repubblica descrive i massicci raid anglo-americani avvenuti tra sabato e domenica come «aggressioni illegali e di un terrorismo deliberato e ingiustificato… In precedenza hanno preso di mira le nostre pattuglie nel Mar Rosso, causando il martirio delle forze navali. Questi bombardamenti non influenzeranno le nostre capacità. Anzi ci rafforzano. Gli americani e i britannici devono capire che viviamo in un’epoca di risposta, e il nostro popolo non conosce la resa. Le nostre acque e i nostri mari non sono un luogo di gioco per l’America».
I ribelli yemeniti hanno già dichiarato di voler rispondere agli attacchi aerei di Stati Uniti e Gran Bretagna. Abdul-Malik Al-Houti spiega gli attacchi in difesa della Palestina: «Agiamo perché vediamo un’ingiustizia e siamo consapevoli dell’enormità e della brutalità dei massacri commessi contro il popolo di Gaza. Abbiamo sofferto del terrorismo americano-saudita-emiratino nella coalizione lanciata contro di noi. A Gaza è in corso “un genocidio” contro il popolo di Gaza, così come è in corso di verifica da parte della Corte internazionale di giustizia. I finanziatori dell’Unrwa hanno ritirato il loro sostegno in un momento in cui si sarebbe dovuto fornire un aumento per continuare a fornire pane ai palestinesi».
Poi nega che ci sia un blocco nel Mar Rosso a causa dei loro attacchi ai mercantili: «Non c’è alcun blocco nel Mar Rosso. Prendiamo di mira solo le navi associate a Israele, che si dirigono verso porti occupati, di proprietà di israeliani, o entrano nel porto di Eilat. Le Forze armate yemenite sottolineano che qualsiasi nave non legata a Israele non subirà danni. Non abbiamo intenzione di chiudere lo stretto di Bab el Mandeb o il Mar Rosso. Se volessimo farlo, ci sarebbero altre misure più semplici rispetto all’invio di missili. L’Occidente ci demonizza deliberatamente attraverso i media promuovendo notizie inaccurate, anche se gli americani e i britannici sono i demoni che rifiutano di fermare il massacro a Gaza e di sollevare il blocco contro lo Yemen».
«È essenziale che gli americani comprendano che chi attacca affronterà una ritorsione, come espresso nel proverbio arabo: ‘Chi bussa alla porta troverà risposta’», dice poi in merito alla uccisione di tre soldati americani e al ferimento di oltre trenta soldati nell’attacco contro la Torre 22 in Giordania.
Sulla decisione dell’amministrazione del presidente Biden di classificare gli Houthi come “terroristi”, dice: «Essere classificati come terroristi per sostenere Gaza è un onore per noi. Questa classificazione è politica e scorretta, senza giustificazione, e non influisce su di noi. Non entriamo negli Stati Uniti, non abbiamo aziende internazionali o interessi bancari all’estero. La soluzione sta nel fermare l’aggressione a Gaza e permettere l’ingresso di cibo e medicine».
Prosegue dicendo poi che non lo spaventa l’eventualità di un’ulteriore escalation che potrebbe portare a un intervento di terra in Yemen: «La guerra terrestre è ciò che desidera il popolo yemenita, poiché si troverà di fronte a coloro che sono responsabili delle loro sofferenze da oltre nove anni. Affronteranno gli americani e, come ha detto il leader della rivoluzione, se gli Stati Uniti invieranno truppe nello Yemen, si troveranno di fronte a sfide più difficili di quelle in Afghanistan e Vietnam. Il nostro popolo è resiliente, pronto e ha varie opzioni per sconfiggere strategicamente gli americani nella regione».
Mohamed Ali al-Houti non entra nel merito dei rapporti del gruppo con l’Iran, né quelli con la Cina chiamata a mediare per la fine del blocco sul Mar Rosso. Il leader spiega anche che non esiste un negoziato diretto con gli americani, «nonostante loro lo abbiano richiesto. Non vediamo la possibilità di intraprendere un dialogo diretto con gli americani, considerandoli come criminali terroristi che lavorano instancabilmente per perpetrare crimini e massacri. Se c’è qualsiasi comunicazione, avviene attraverso il nostro team di negoziazione nel Sultanato dell’Oman».