Liste di proscrizioneLa provocazione dei servizi segreti russi al confine con l’Estonia

Gli agenti del Fsb stanno facendo dei controlli selettivi per individuare estoni con doppia cittadinanza, europea e russa, cercando di ottenere informazioni sul loro atteggiamento nei confronti dell’Ue e del governo ucraino

LaPresse

Isolata e paranoica, la Russia di Putin continua a provocare i Paesi confinanti. Il tentativo è quello di alzare il tiro, destabilizzare la coalizione occidentale e sfruttare la presunta war fatigue dell’opinione pubblica europea, ma il risultato è grottesco e si commenta da solo. Il Cremlino che accusa l’Ucraina guerrafondaia di non volersi sedere al tavolo delle trattative è la stessa che in questi giorni sta applicando i suoi metodi da regime di polizia contro cittadini europei. Come riportato da Mediazona – il network anti-Putin nato su iniziativa di Nadezhda Tolokonnikova e Maria Alyokhina, cofondatrici delle Pussy Riot – alcune pattuglie russe stanno fermando le persone provenienti dal confine con l’Estonia, sottoponendole a una serie di quesiti per poterle identificare e compilare le proprie liste di proscrizione. 

Del modulo consegnato dal Fsb (il Servizio federale per la sicurezza della Federazione Russa, erede del Kgb sovietico), c’è una domanda che spicca tra le sedici elencate: «Qual è il suo atteggiamento verso l’Ue e il suo sostegno del regime nazionalista di Kyjiv?». Sorvolando sulle solite parole chiave della retorica putiniana, quanto emerso dall’indagine di Mediazona è particolarmente inquietante: a differenza di quanto possa apparire, il questionario è mirato e viene sottoposto solo a singoli individui che hanno attraversato la frontiera. 

Chi ha raccolto questa testimonianza parla di distribuzione selettiva, lasciando intendere che gli obiettivi del Fsb sono quelle persone che possiedono doppia cittadinanza, europea e russa. Oltre al proprio parere sui ’nazionalisti’ di Kyjiv e sull’Unione europea, il modulo in questione richiede a chi lo compila di fornire alle autorità russe il proprio codice Imei (International Mobile Equipment Identity), codice che può essere usato per localizzare un dispositivo mobile. Una schedatura. 

I russi utilizzano la scusa della sicurezza nazionale per tracciare possibili dissidenti politici e lo fanno in maniera plateale, smentendo da soli il mito della superpotenza tanto discreta quanto monolitica. Tuttavia, questo tipo di approccio non è casuale perché il rumore che accompagna la notizia contribuisce a esasperare la già delicata questione al confine con l’Estonia. 

Il ministro della difesa estone Hanno Pevkur ha denunciato mesi fa, in occasione di un summit con gli epigoni dei Paesi Nordici e Baltici, un’operazione «totalmente organizzata dallo Stato russo» in riferimento alle tensioni con i gruppi di migranti bloccati alla frontiera. «Immigrazione clandestina usata come arma» nel contesto di una guerra ibrida voluta da Mosca, tesi sostenuta da Pevkur che ha puntualizzato come la zona dalla quale sarebbero transitati i profughi è accessibile solo con l’autorizzazione del FSB. All’epoca dei fatti, questa tesi è stata condivisa dai rappresentanti della Lettonia e della Finlandia. 

Oggi il caso specifico è diverso, ma il campo di scontro torna a essere il confine con l’Estonia. Ma la guerra ibrida ha diversi fronti e ce n’è uno in particolare che spiegherebbe la paranoia russa verso i concittadini residenti in Europa. Poche settimane fa le autorità estoni hanno arrestato dieci persone, un gruppo composto sia da russi che da residenti con la doppia cittadinanza, coinvolti in azioni di sabotaggio su mandato del Cremlino. Distruzione di proprietà istituzionali, vandalismo, specialmente contro i monumenti che celebrano l’identità estone, e intimidazioni contro personalità ostili al regime putiniano – è il caso del ministro degli interni Lauri Läänemets e del giornalista Andrei Šumakov, le cui auto sono state vandalizzate dal gruppo filorusso – attacchi che avrebbero dovuto contribuire a creare un clima di disagio tale da destabilizzare il Paese. Il piano, già collaudato altrove, non è riuscito. «Sappiamo che il Cremlino ha preso di mira le nostre società democratiche. 

La nostra risposta è questa: trasparenza e rivelare i loro metodi.» Così la premier Kaja Kallas ha rivelato pubblicamente il tentativo di destabilizzazione ordito da Putin, tema affrontato nel dettaglio da Margo Palloson, capo del servizio di sicurezza estone, che ha spiegato come i responsabili fossero stati reclutati attraverso i social. Il ruolo delle piattaforme online nel diffondere la propaganda russa e radicalizzare i simpatizzanti del regime è qualcosa che conosciamo bene – lo testimoniano i canali italiani che con la scusa dell’informazione antisistema svolgono un ruolo essenziale nella guerra di disinformacjia condotta da Mosca – ed è per questo che l’Estonia non ha sottovalutato il rischio dell’operazione di sabotaggio, arrestando i responsabili prima che potessero fare danni ben peggiori. 

La reazione dei russi è stata prevedibile. Maria Zakharova, portavoce del ministro degli esteri Lavrov e noto megafono dei falchi putiniani, ha mandato un pizzino alla redazione di POLITICO sostenendo che tutta la faccenda fosse «una delle solite notizie alla rovescia dell’Occidente. Il regime estone [sic] supporta il terrorismo di Zelensky, persegue una politica russofoba, guida la prima linea del blocco che sanziona il nostro Paese e poi fa chiasso per qualche vetro rotto?». 

Dietro la solita arroganza russa si nasconde la preoccupazione di aver perso un’arma in territorio nemico. Un’arma considerata vincente. Dopo il caso estone, infatti, anche i Paesi confinanti hanno preso provvedimenti e in Lettonia i servizi di sicurezza hanno preso in custodia un uomo sorpreso a versare vernice rossa contro una statua dedicata ai soldati che hanno combattuto l’Unione Sovietica. L’uomo aveva doppia cittadinanza estone-russa. Anche in questo caso il responsabile era eterodiretto dal Cremlino. 

Torniamo così a quella domanda: «Qual è il suo atteggiamento verso l’Ue e il suo sostegno del regime nazionalista di Kyjiv?». Le vicende di confine rendono più chiara la psicosi russa nei confronti dei detentori di doppia cittadinanza. Oltre al rischio dei dissidenti, dei critici della linea ufficiale anti-Ucraina, c’è il rischio di accogliere presunti agenti dormienti che hanno fallito la missione alla quale sono stati destinati. È noto il riconoscimento che Vladimir Putin riserva ai suoi sostenitori più accaniti: lo abbiamo visto con le purghe interne all’ala ultranazionalista. La guerra continua mentre Mosca divora sé stessa.

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