Sinfonia stonataLa resa del Pd a Conte, dalla Basilicata a Bruxelles

Con il caso di Angelo Chiorazzo, a cui il leader dei Cinquestelle ha negato la candidatura alle regionali, è iniziata l’opa ostile sul cosiddetto campo largo (e sul Sud in particolare)

Lapresse

Il piccolo dramma esistenziale e politico che si sta consumando in Basilicata è la prefigurazione di scenari futuri in cui incapperà la coalizione giallorossa, perché tutto quello che non basta oggi ad Angelo Chiorazzo in Basilicata non basterà domani agli aspiranti candidati del Partito democratico, di liste civiche e di altri partiti per avere il placet di Giuseppe Conte e, in un futuro eventuale, a Elly Schlein e a qualsiasi altro candidato democratico per arrivare a Palazzo Chigi.

Non basta essere civico, non basta essere fondatore di un piccolo colosso della cooperazione sociale al Sud (terra in cui fare impresa senza legarsi a clan e consorterie è come vincere la lotteria di Capodanno), non basta essere cattolico, amico di Papa Francesco, colonna portante del cattolicesimo sociale, non basta aprire i propri centri per accogliere migranti, richiedenti asilo, non basta ricevere Angela Merkel e Sergio Mattarella nelle proprie strutture per illustrare un modello virtuoso di cooperazione assistenziale, non basta per fare politica al Sud essere radicato sul territorio e nelle cancellerie, non basta neanche essere partner della Comunità di Sant’Egidio, non basta o forse è anche troppo che a sostenere la candidatura sia un ex ministro vicino ai Cinquestelle come Roberto Speranza. È troppo per Giuseppe Conte ed è troppo anche per quello che rimane di Base Riformista di Lorenzo Guerini, che con il suo rappresentante Salvatore Margiotta, ex tutto con velleità da federatore, è il migliore alleato dei Cinquestelle e sui giornali va difendendo la coalizione larga sperando di essere incoronato da Giuseppe Conte.

Ma Angelo Chiorazzo, che ha chiesto anche le primarie (che servono solo per non veder arrivare Elly Schlein, non gli altri), non basta neanche a Marcello Pittella e ad Azione di Carlo Calenda, che pur essendo stati vittime della scure giustizialista dei pentastellati e dei ghigliottinanti democratici, sono contro Chiorazzo a prescindere come direbbe Totò.

Non si sa bene, insomma, come dovrebbe essere oggi un candidato alla Presidenza della Regione che assume sempre più le caratteristiche di una sinfonia stonata moderato con brio, allegro ma non troppo, riformista e cattolico ma nullatenente, di sinistra e di rito ambrosiano ma anche laico, imprenditore ma non troppo.

La verità è che il campanello d’allarme che viene da questa storia dovrebbe far saltare in piedi tutti coloro che nel campo progressista o presunto tale vogliono fare politica: è iniziata l’opa ostile di Conte su tutta la coalizione e sul Sud in particolare.

Salterà Chiara Gribaudo in Piemonte perché all’asilo ha pestato i piedi a un assessore ai lavori pubblici del comune di Biella, poi Vincenzo De Luca tra qualche mese in favore di Roberto Fico e, come salterà oggi Chiorazzo in Basilicata, si metteranno questioni procedurali su Antonio De Caro in Puglia e poi via via così fino a quando l’avvocato del popolo Giuseppe Conte, avendo anestetizzato territori, preso tutto il Sud e ridotto il Partito democratico a un’assemblea d’istituto con capoclasse litigiosi e attenti al bidone, proverà a contendere Palazzo Chigi a Giorgia Meloni.

Prima però c’è un passo da compiere, quello di accogliere i futuri eletti grillini alle Europee nel gruppo Socialisti e Democratici al Parlamento europeo, con la benedizione di Nicola Zingaretti che così farà il capogruppo e di Goffredo Bettini che sarà avvolto dal sentimento del campo largo. Se tutto questo avverrà, non sarà solo colpa dei populisti ma anche dei riformisti lacerati da interessi di bottega, da divisioni caratteriali, da piccoli affari territoriali e posizionamento.

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