Dopo le aperture a singhiozzo della pandemia e le bollette esplose con la guerra in Ucraina, nel 2023 i ristoratori italiani hanno dovuto far fronte soprattutto all’impennata dell’inflazione, che ha fatto salire prima i costi in cucina e poi i prezzi sul conto. Portando gli italiani, già alle prese con un carrello alimentare aumentato dell’8,1 per cento, a gestire con parsimonia pranzi e cene fuori casa.
Come spiega il Rapporto Ristorazione 2024 di Fipe Confcommercio, il 2023 si è chiuso con un rialzo del 5,8 per cento dei prezzi del settore, più del 5,7 per cento dell’inflazione generale ma comunque tra i valori più contenuti tra i ventisette Paesi dell’Unione Europea. A crescere di più è stato lo scontrino in pizzeria, con un +6,2 per cento. Con il food delivery schizzato in alto con un più 9,7 per cento.
Il 2023 ha registrato il calo di pranzi e cene in casa e la ripresa dei consumi di cibo fuori casa, con una crescita nominale del +7 per cento sul del 2019. Ma, senza tenere conto dell’inflazione, i consumi restano ancora sotto al livello pre-pandemia di ben sei punti percentuali.
Nel complesso, i consumi alimentari lo scorso anno sono stati pari a circa 287 miliardi di euro, di cui 195 miliardi di euro in casa e 92 miliardi di euro fuori casa. Nei bar e nei ristoranti si sono registrate circa 8 miliardi di visite e lo scontrino medio è stato di 10,10 euro, in crescita del 2 per cento rispetto al 2022, ma per effetto soprattutto degli scontrini più alti.
E visto che mangiare fuori è diventato più dispendioso, gli italiani sono diventati anche più attenti a scegliere quando, dove e cosa mangiare.
Con la riduzione del potere d’acquisto, la spesa varia soprattutto in base al portafogli. È così che le abitudini degli italiani alle prese con l’inflazione si sono divise tra i due poli opposti del mercato. Da un lato si registrano tassi di crescita sopra la media per i ristoranti di fascia alta, con un +12 per cento di coperti. Dall’altro cresce del 15 per cento la ristorazione commerciale nelle catene dei fast food o del take away. Tanto che le catene, da sole, nel 2023 hanno raccolto circa l’11 per cento dei consumi delle famiglie nella ristorazione, segnando quasi un raddoppio della quota rispetto al 2011. A soffrire invece è la fascia media: pizzerie e ristoranti con scontrini tra 20 e 30 euro hanno visto calare i clienti del 3-4 per cento.
Non solo. Rispetto al 2022, forse anche per evitare scontrini troppo salati a pranzo e cena, abbiamo fatto più aperitivi (+7 per cento prima di pranzo e +5 per cento prima di cena). In aumento anche le uscite per la colazione (+ 5 per cento) e pranzo (+3 per cento), anche per effetto della riduzione del lavoro da casa. Resta stabile invece la cena (+1 per cento), mentre il cocktail dopocena nei bar cala addirittura del 12 per cento. E questo, spiegano da Fipe, soprattutto per il calo della clientela dei giovanissimi tra i 16 e i 24 anni, più propensi a usare ristoranti low cost e take away.
Di fatto, si mangia fuori casa soprattutto di giorno. Nel 2023, il peso delle uscite diurne sul totale delle visite è stato pari al 69 per cento (in particolare 27 per cento solo a colazione e 19 per cento a pranzo), mentre la cena cresce molto nel periodo estivo per poi risultare inferiore o pari al pranzo nei mesi successivi.
Ad avere maggiore possibilità di spesa nei ristoranti e nei bar sono le fasce d’età centrali tra i 35 e i 54 anni, che raccolgono circa il 40 per cento delle visite fuori casa complessive, con un leggero incremento nel numero rispetto al 2022 (+3 per cento). Ma anche in questo caso, si esce soprattutto per colazione e pranzo. A seguire, gli over 55 valgono circa un terzo della clientela (+3 per cento rispetto al 2022), ma concentrano le loro uscite nella mattinata e oltre la metà delle visite si concentra prima di pranzo (52%), soprattutto nei bar.
Il food delivery, con la consegna del cibo a domicilio, nonostante l’aumento del prezzo copre ancora il 3 per cento del mercato, raggiungendo un valore complessivo di 1,6 miliardi di euro. Le richieste di consegna “analogiche”, al telefono, sono calate del 16 per cento, mentre rimangono stabili quelle online o tramite le app. Con una divisione netta per area e generazione: il food delivery online è concentrato soprattutto nelle grandi città e tra i giovani, mentre l’offline è ancora forte al Sud, nei centri più piccoli e tra le persone più adulte.