Per troppo tempo, i Paesi ex sovietici non sono stati considerati nostri pari, ignorati nei loro tentativi di emancipazione dall’influenza russa e trattati come figli di un dio minore ai quali non abbiamo dato nulla se non qualche dichiarazione di solidarietà o semplice compatimento. Non erano Europa. L’etichetta di blocco post-sovietico – definizione anacronistica, oltreché offensiva per una serie di ovvi motivi politici – rende ancora più esplicito questo atteggiamento di ghettizzazione che abbiamo avallato negli anni.
Questo pensiero sembrava essere finito dopo l’invasione dell’Ucraina, ma a due anni dallo scoppio della guerra, quando per il pubblico le sorti di Kyjiv sono passate di moda, il rischio di commettere gli stessi errori del passato è più alto che mai. A ricordarci cos’è l’Europa e cosa vuol dire essere europei sono rimaste le nazioni che hanno subito i regimi della Cortina di ferro e che oggi lottano attivamente contro l’espansionismo putiniano.
Una di queste è la Moldova. Il governo di Maia Sandu ha avviato un lungo processo politico che agisce su due fronti: riformare il Paese in modo da favorirne l’ingresso nell’Unione europea e ammodernarlo, in particolare sul piano militare, per rispondere alle minacce del Cremlino (dalla guerra ibrida al supporto del separatismo in Transnistria).
Pochi giorni fa è stato firmato l’accordo tra Chișinău e Bruxelles in materia di difesa e sicurezza che prevede la possibilità di condurre esercitazioni militari congiunte, l’aumento dello scambio di informazioni sensibili con l’Ue e l’inclusione della Moldova nel sistema comune di approvvigionamento di armi dell’Unione. «Oggi, la firma del partenariato rappresenta un passo concreto verso l’avvicinamento del Paese all’Unione europea: la Moldova appartiene all’Ue e noi siamo fermamente al vostro fianco» ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, sottolineando il lavoro costante di Maia Sandu in questo processo estremamente delicato. Lavoro che, prevedibilmente, ha reso la presidente e il suo governo il nuovo nemico dell’area filorussa contro il quale si è scatenato il solito esercito di bot, utili idioti e propagandisti pagati dal regime di Mosca che dipingono la Moldova come un regime repressivo verso le voci anti-sistema.
A fare la fortuna di questi soggetti è stata la recente decisione del ministero della Giustizia di «sospendere temporaneamente» le attività del partito filorusso Chance (Șansă). Il movimento, che nel suo programma elettorale sostiene l’adesione della Moldova all’Unione economica eurasiatica, non ha rispettato i requisiti richiesti dalla commissione centrale per le elezioni e, soprattutto, non ha fornito a quest’ultimo il registro completo delle sue attività.
Posta in questo modo, la decisione si presta a numerose interpretazioni e dubbi, cosa che ha permesso al segretario del partito Alexei Lungu di gridare al complotto: «Tutte le maschere sono cadute: vogliono buttare fuori Chance dalla campagna elettorale […] Noi non ci arrendiamo. Noi continuiamo la nostra lotta contro il regime». Ma la questione non è così scontata come sembra e se si è arrivati a questo punto ci sono dei motivi ben precisi che riguardano la sicurezza nazionale.
Chance – che non è stata bandita, come vedremo – è legata a “Vittoria” (Proboda), la coalizione di partiti filorussi legata all’oligarca moldavo Ilan Sor, ex deputato del parlamento moldavo e personaggio noto alle autorità internazionali. Il blocco “Vittoria”, che alle prossime elezioni gareggerà in coppia con i socialisti dell’ex presidente Igor Dodon, ha inaugurato la propria campagna elettorale volando a Mosca per un evento che ha riunito i vertici del Cremlino e il gotha della politica moldava filo-Putin: un carrozzone propagandistico «per l’unificazione dell’opposizione» contro l’ingresso del Paese nell’Ue governata da «usurpatori e incapaci».
Gli stessi che gridano costantemente al reato di opinione, riconducendo il provvedimento governativo a una repressione ideologica, omettono di dire che la compagnia veterocomunista di ritorno dalla Russia è stata perquisita appena arrivata all’aeroporto di Chișinău e le autorità hanno trovato in loro possesso una somma di denaro che ammonta sui venti milioni di lei (un milione di euro). Proboda ha ricevuto finanziamenti diretti dal Cremlino per destabilizzare la politica interna del Paese e la cosa non dovrebbe stupire, dato l’obiettivo esplicito della coalizione e, soprattutto, i protagonisti della vicenda. Ilan Sor è un fuggitivo, condannato a quindici anni di detenzione per la frode della banca nazionale moldava nel 2014 che gli ha permesso di rubare una cifra che nel 2023 si aggirava attorno al miliardo di dollari – «la rapina del secolo» come l’hanno definita i media moldavi – da allora è stato latitante tra Russia e Israele finché il regime di Putin non gli ha di fatto offerto una protezione sulla quale continua a pronunciarsi in maniera ipocrita.
«Se i russi fossero stati collaborativi, se ci avessero fornito tutte le informazioni e se avessero rispettato il quadro giuridico previsto dagli accordi e dai trattati internazionali, in particolare dalla Convenzione Interpol, avrebbero dovuto trattenerlo ed estradarlo» invece Sor non solo presenzia alla grande inaugurazione del blocco Proboda – usando i suoi uomini per trasportare un milione di euro in Moldova – ma è stato uno degli ospiti d’onore alla parata del 9 maggio assieme alla deputata moldava Marina Tauber, suo braccio destro nella formazione della coalizione Vittoria e politica premiata dal Cremlino con l’Ordine dell’amicizia tra i popoli, onorificenza di eredità sovietica.
La sospensione delle attività di Chance è un provvedimento di poco conto se si considera che il partito è solo una parte di un network più ampio che parteciperà alle elezioni di ottobre e che il movimento di Lungu grida al regime e nel mentre continua le sue attività politiche sotto la bandiera di “Rinascimento” (Renaștere), partito di sinistra nei fatti ennesima sigla satellite di Ilan Sor.
Il quadro è preoccupante data l’importanza del voto in Moldova di fine anno: si svolgeranno in contemporanea sia il referendum sull’Ue che le presidenziali. Al momento, i sondaggi per queste ultime vedono Maia Sandu in vantaggio, ma la situazione politica del Paese è particolarmente complessa data la presenza di Proboda e le voci insistenti su una candidatura della giornalista Natalia Morari, la quale ha organizzato negli ultimi giorni un incontro con alcuni esponenti dell’opposizione per vagliare una strategia politica prima delle elezioni.
Il caos che accompagna le elezioni in Moldova dimostra la loro importanza e l’importanza stessa del Paese nella guerra dell’Europa contro l’espansionismo russo come sottolineato dall’ex premier finlandese Sanna Marin che la settimana scorsa ha riassunto tutto questo in maniera inequivocabile: «Se la Russia conquista l’Ucraina, la prossima sarà la Moldova». Per questo noi europei dobbiamo monitorare la situazione e non ignorare gli sviluppi, ricadendo nel solito errore quando si tratta del confine orientale. Un errore che ha già causato oltre un centinaio di migliaia di morti.