Giandomenico Frassi è un fotografo milanese specializzato in narrazione per immagini delle nostre passioni gastronomiche. Lavora spesso per riviste di cucina e di design, per cui costruisce immagini perfette, che riportano a esperienze ispirazionali e che raccontano la vita e le case che vorremmo. Per Gastronomika, per rispondere a un’esigenza particolare, ha riscoperto dal suo archivio le sue tavole scomposte: fotografie scattate per piacere e per diletto, che sono diventate nel tempo un prezioso reportage tra le esperienze gastronomiche al loro termine, raccontando quello che è stato attraverso quello che è rimasto a tavola. Un susseguirsi di gesti, mani, piatti e tovaglie che lasciano intravvedere menu e chiacchiere, ricette e sensazioni. Nasce così “Sazio”, la mostra fotografica che arricchisce il Festival di Gastronomika di un altro e nuovo significato della convivialità.
Dalle parole di Frassi, scopriamo quando e come è nata questa passione: «Sono, per lavoro, abituato a fotografare tavole apparecchiate, stanze dritte con tutte le prospettive corrette. Quando scatto per piacere mio, il che accade quando faccio reportage, che non è il mio mestiere, mi accorgo che l’occhio è più veloce e morbido e poco si interessa della geometria. E nel tempo ho disperso nel mio archivio, che chiamarlo archivio è una presa in giro, fosse fisico sarebbe di quelle scatole di biscotti dove si accumulavano le foto di famiglia, tante fotografie di segni del passaggio umano senza più umani. Come delle piccole apocalissi. Non c’è critica tipo mangiamo troppo, non c’è critica sociale, non ho un Thatcherismo da combattere, o nessuna causa da portare avanti. Solo la caducità delle cose, dei nostri sentimenti, delle nostre emozioni. Le tavole sfatte come dei letti sfatti. Qualsiasi cosa sia successo in quei letti».
Ma quando si è reso conto che questa serie poteva avere un senso artistico? Prosegue il fotografo: «C’è questo pranzo di rappresentanza ma molto conviviale, faccio delle foto che mi sembrano belle, soprattutto ci sono dei bei volti, io di mio non amo fare ritratti ma è sui volti che mi concentro. Le foto le lascio nel cassetto che non hanno una destinazione. Poi a un certo punto metto in ordine, cerco foto per un libro e riguardando tra le decine di immagini vedo un aspetto diverso, in poche foto, senza volti e molto disordinate, di cibo finito, di piatti vuoti, della tavola in disordine. Una strana atmosfera tra il soddisfatto e il malinconico. Quella cosa lì che sta nel piacere quando finisce, tra sazietà e senso di colpa». Una visione fugace, che diventa una mostra da vedere nella sala Mosaico dei Bagni Misteriosi. E anche la modalità di esposizione prende un senso nuovo, come spiega lo stesso autore: «Di mio, normalmente, penso che le stampe delle foto debbano essere piuttosto piccole. Quando ho visto lo spazio in cui dovevano stare, quando abbiamo pensato alla mostra, avevo paura si perdessero. Nello stesso tempo la sala con la sua fila di porte impedisce di vedere le immagini comodamente e allora mi divertiva pensare di essere spettatori lillipuziani, che a rischio di essere schiacciati da un bicchiere o da un tovagliolo si muovessero su questa grande tavola. Immagino si creino prospettive interessanti, e nello stesso tempo astratte, che le dimensioni delle stampe ti impediscano di vedere l’immagine intera ma ne venisse fuori la grana, diventassero macchie. E le porte inventino nuovi tagli e nuove inquadrature».
Potrete vedere la mostra di Giandomenico Frassi nella sala Mosaico dei Bagni Misteriosi, in via Carlo Botta a Milano, nelle due giornate del Festival di Gastronomika, domenica 19 e lunedì 20 maggio prossimi.
“Alzarsi da tavola, quel senso di soddisfatta colpa che forse con l’antipasto hai esagerato e però non è che non si potesse onorare il dolce, quel desiderio di fare quattro passi per aiutare i succhi gastrici e il pensiero confortante che a casa ti aspetta un Gaviscon… il pantalone tira un po’ e di nascosto hai allentato la cintura, e le parole e il vino e il chiacchiericcio lo stare insieme tra storie raccontate mille volte, qualche banalità e imprevedibili lampi di genio, la bontà del vino, l’infantile scricchiolare del grissino, il gonfiore ai piedi e la cordialità degli invitati, quelli che non conoscevi e di cui ti dimenticherai il nome nel giro di poco e altri con cui la confidenza è tale che il sedersi a tavola insieme è quasi un gesto familiare, di felice intimità, la tavola che si scompiglia, le gocce del rosso versato si scuriscono con altre macchie di caffè nella tovaglia non più bianca le nascondi col tovagliolo stropicciato. Il rumore dei piatti ritirati, una posata che cade una leggera stordita euforia il sentirsi per un poco, di tutto sazio”.
Alcune delle immagini della mostra sono anche parte del libro “Il senso Buono”, il saggio sull’enogastronomia di Anna Prandoni.