Julian Assange ha firmato il patteggiamento con la giustizia americana, dichiarandosi colpevole di uno dei diciotto capi di imputazione che lo riguardavano (cospirazione per ottenere e diffondere illegalmente informazioni classificate della Difesa), ammissione che vale una condanna a cinque anni, già scontati nella prigione inglese in cui è stato rinchiuso fino a ieri. E questo, formalmente, è il motivo per cui Assange è da oggi un uomo libero.
Le reazioni della politica, della stampa e dell’intellettualità italiana confermano, con poche eccezioni, una predilezione particolare per il fondatore di Wikileaks, che mi era già capitato di notare (per gli interessati, ne avevo scritto qui). Oggi però mi sembra più interessante sottolineare un altro aspetto della questione (e no, non mi riferisco al pagamento dell’aereo privato con cui ha dovuto raggiungere gli Stati Uniti, su cui comunque potete leggere le edificanti riflessioni di Guia Soncini).
Con il consueto tempismo, che tuttavia non ha mai insospettito i suoi sostenitori, il caso del fondatore di Wikileaks era tornato in primo piano all’indomani dell’assassinio di Alexei Navalny da parte del regime putiniano, ed era stato usato come argomento per dimostrare l’ipocrisia di un occidente capace di indignarsi solo per il secondo e mai per il primo (come sempre quando si ha a che fare con la propaganda putiniana, o con i videomonologhi di Giorgia Meloni, la verità è l’esatto contrario: Assange è stato beneficiario di una campagna indefessa, Navalny non se lo è filato quasi nessuno, tanto meno in Italia).
In ogni caso, la felice conclusione della vicenda dell’attivista australiano dovrebbe chiudere una buona volta la discussione su quale sia la differenza tra i due casi, cioè tra Stati Uniti e Russia, o se preferite tra occidente democratico e regimi autoritari. La differenza è semplicissima e sta nel fatto che oggi Assange, dopo avere patteggiato la sua pena, è libero. Navalny, invece, è sempre morto.
Questo è un estratto di “La Linea” la newsletter de Linkiesta curata da Francesco Cundari per orientarsi nel gran guazzabuglio della politica e della vita, tutte le mattine – dal lunedì al venerdì – alle sette. Più o meno. Qui per iscriversi.