Matteo Salvini ieri ha difeso la presa di posizione di Claudio Borghi, che in un tweet era arrivato a chiedere le dimissioni di Sergio Mattarella per le sue parole sulla «sovranità europea», salvo poi precisare che la Lega non chiede le dimissioni di nessuno e che a suo giudizio Mattarella era stato «travisato» (Mattarella, sia chiaro, non Borghi).
Nel frattempo, molti hanno ricordato il tweet del 2 giugno 2013 in cui il segretario della Lega così si congedava dai suoi follower: «Notte serena Amici, oggi non c’è un cazzo da festeggiare».
Evidente il contrasto con le parole pronunciate ieri, in polemica col Capo dello Stato: «Oggi, il 2 giugno, c’è la parata militare a Roma, ai Fori imperiali, il tricolore, i nostri alpini, i carabinieri, chi si è sacrificato per la sovranità nazionale italiana, quindi oggi è la festa degli italiani, della Repubblica, quindi non è la festa della sovranità europea».
Ma tanto nella prima, più stringata e più triviale versione del 2013, ancora venata di anti-italianismo padano, quanto nel nebuloso patriottismo della versione di ieri, in cui sembrano mescolarsi vaghe reminiscenze scolastiche, dalla breccia di Porta Pia a Vittorio Veneto, una cosa appare chiarissima, e mi sembra anche la cosa più importante, trattandosi del vicepresidente del Consiglio: in questi dieci anni Salvini non è ancora riuscito a capire cosa si festeggi il 2 giugno.
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