Quando il 19 agosto 1991 Boris Eltsin salì su un carro armato che assediava la Casa Bianca di Mosca, sede del governo sovietico di Michail Gorbačëv, per mobilitare i cittadini a resistere ai golpisti contrari alla perestrojka, accanto a lui c’era un guardaspalle immortalato dalle foto, Viktor Zolotov. Era un oscuro funzionario del nono direttorato del Kgb, quello addetto alla protezione dei dirigenti sovietici, che con il crollo dell’Urss si riciclò come guardia del corpo del sindaco di San Pietroburgo, Anatolij Sobčak. Proprio lì conobbe il vicesindaco, Vladimir Putin, con cui condivideva la passione per il judo e i due divennero amici.
Come racconta magistralmente la giornalista investigativa Catherine Belton in “Gli uomini di Putin”, quelli furono gli anni in cui i terminal portuali furono consegnati al clan mafioso della Tambovskaya, per inaugurare un traffico di droga dal Sudamerica ma anche svendere le proprietà statali in cambio di aiuti occidentali. Putin e il suo cerchio, quasi tutti ex funzionari del Kgb, erano al centro di queste operazioni criminali che li proiettarono poi a Mosca. Infatti, quando nel 1999 fu nominato primo ministro, Zolotov lo seguì nella capitale come capo scorta.
Il dittatore russo apprezza e premia la fedeltà assoluta, motivo per cui nel 2014 l’ex guardaspalle fu messo a capo delle Truppe Interne, nominato generale e viceministro. Due anni dopo il regime decise di riformare il ministero dell’Interno, scorporando varie competenze e assegnandole alla Rosgvardia, la Guardia Nazionale che inglobava le Truppe Interne ma acquisiva anche nuovi poteri. La ragione di questa scelta era la crescente paranoia del Cremlino di potenziali disordini che minacciavano la stabilità politica, totem ideologico del regime russo e del suo patto sociale. Se l’Fso, il servizio federale di protezione, protegge il Palazzo, la Rosgvardia è il mastino del regime in tutta la Russia, con Zolotov che prende ordini direttamente dal Cremlino, bypassando ministero dell’Interno e della Difesa.
Tra i suoi compiti statutari la Guardia Nazionale di Zolotov ha ereditato quelli classici delle truppe interne: protezione dell’ordine da insurrezioni, terrorismo, gestione degli stati emergenziali. Ma se ne sono aggiunti di nuovi, tra cui l’autorizzazione delle licenze per le armi da fuoco e per costituire compagnie di sicurezza privata. Ma la Rosgvardia ha la propria compagnia, Fgup Okhrana, che fornisce servizi di sicurezza a installazioni governative, aziende private o partecipate. Dunque, si arriva al paradosso per cui la Guardia Nazionale è allo stesso tempo l’ente regolatore delle compagnie russe di sicurezza privata ma anche un loro competitor diretto per fornire servizi. Inutile dire che l’organizzazione di Zolotov approfitta di questa posizione dominante per gestire con metodo mafioso il mercato russo della vigilanza privata.
Infatti, se un’altra azienda di sicurezza aspira a ottenere un lucroso incarico, la Rosgvardia può minacciare di ritirarle la licenza con qualche scusa. Si tratta perciò di un sistema estorsivo dal valore milionario, perché include i colossi infrastrutturali, energetici e industriali del paese, con personale e attrezzature destinate a tutti gli aspetti della sicurezza: dagli uomini di vigilanza alle telecamere, inclusi tecnici e informatici.
Zolotov è stato per anni sospettato di corruzione dai giornalisti investigativi di Novaya Gazeta e della fondazione Navalny, alla luce di un patrimonio immobiliare milionario altrimenti non giustificabile. Nel 2018 è stato accusato di aver acquistato partite di uniformi e razioni per la Guardia Nazionale a prezzi gonfiati. L’UW lo ha sanzionato nel 2021, mentre USA, Regno Unito e Canada hanno esteso il divieto di ingresso anche ai suoi due figli. Eppure, resta nel cerchio magico di Putin, a differenza di numerosi altri alti funzionari della Difesa caduti in disgrazia e arrestati per corruzione.
Attualmente la Rosgvardia dispone di un bacino di circa trecentosessantamila uomini, di cui però circa centottantamila lavorano sotto l’ombrello della Fgup Okhrana, mentre i restanti fanno parte di varie unità con compiti diversi. C’è l’Omon, la polizia antisommossa, che non dipende più dal ministero dell’Interno bensì da Zolotov che risponde direttamente al Cremlino. Poi ci sono le Sobr, forze di pronto intervento che corrispondono grossomodo alle Swat americane o alle Api-Uopi italiane, con compiti di antiterrorismo. Ma la componente più nota è senza dubbio la Divisione Dzerzhinsky, con guarnigione poco fuori Mosca, che conta oltre diecimila uomini e ha la funzione strategica di proteggere Putin da eventuali golpe. Infatti, se l’insurrezione di Prigozhin fosse arrivata alla capitale, la principale forza da opporre ai mercenari di Wagner sarebbe stata la Divisione Dzerzhinsky.
Dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022, Zolotov ha destinato la 115° Brigata speciale alla difesa del ponte sullo stretto di Kerč, che unisce la Russia alla penisola di Crimea illegalmente annessa nel 2014. Inoltre, l’anno scorso è stata costituita la 116° Brigata con il compito di controllare i territori ucraini occupati e rastrellare eventuali resistenti. Alcuni ex membri di Wagner sono stati integrati in questa unità dopo l’uccisione di Prigozhin.
Nei primi mesi dell’invasione, interi convogli della Guardia Nazionale sono stati annichiliti quando sono stati mandati allo sbaraglio in territorio ucraino, perciò si è deciso di limitarne l’uso alle retrovie. L’intelligence militare britannica stima che in Ucraina siano schierati circa trentamila uomini della Rosgvardia e a maggio ha inglobato il Battaglione Vostok dell’ex repubblica fantoccio di Donetsk. Non si allontana troppo la valutazione di Mark Galeotti, il quale ha calcolato circa venticinquemila uomini, oltre a quelli schierati oltreconfine nella zona di Belgorod per rispondere alle incursioni di disturbo ucraine.
Zolotov ha perciò acquisito un potere enorme nelle sue mani, forse superiore a quello del ministro dell’Interno e certamente pari ai vertici della Difesa, ma non è amato dagli altri siloviki, la cerchia di militari e spie del regime. Non lo è dall’Fso, il servizio di sicurezza presidenziale, geloso delle sue prerogative, a cui è stata affiancata la Rosgvardia per la protezione istituzionale con la riforma del 2016. Ma anche la polizia federale ha motivi di risentimento, perché è stata privata di risorse e poteri importanti.
Ad esempio, nel caso dell’attentato terroristico all’auditorium Crocus di Mosca, le unità speciali del Sobr hanno ritardato ad arrivare probabilmente anche perché non erano alle dipendenze del ministero dell’Interno, ma della Guardia Nazionale di Zolotov, ed è mancato il coordinamento. Neanche le compagnie petrolifere russe come Lukoil, Tatneft e Sibur amano l’organizzazione di Zolotov, perché si sentono ricattate nel dover pagare i servizi di vigilanza e hanno via via costituito le proprie unità armate, appellandosi a Nikolai Patrushev per mettere fine a quella che ritengono un’estorsione legalizzata. In qualsiasi direzione vada la guerra e la parabola del regime russo, è certo che la Rosgvardia vi giocherà un ruolo importante per determinare i futuri equilibri.