Energia, entusiasmo, emozione dentro l’United Center di Chicago, a corredo della costruzione del mito di Kamala Harris come la ragazza tosta che sa come affrontare e fermare il bullo Trump. È stato questo il senso della prima giornata della convention democratica di Chicago, assieme alla celebrazione di un grande americano che di nome fa Joe Biden. Accolto da un infinito «Thank You, Joe» dei delegati, Biden ha rinnovato l’impegno per la salvaguardia della democrazia, a favore della classe media e per la ricostruzione dell’anima dell’America.
Poco prima, introdotta da “Freedom” di Beyoncé, Kamala Harris è salita a sorpresa sul palco e ha acceso la convention, fino a quel momento impegnata a sentire discorsi sul Covid che Trump non era riuscito a contenere e sulle battaglie sindacali necessarie in un paese che ancora non garantisce ai lavoratori molti dei diritti acquisiti in Europa.
Kamala non ha oscurato le star della serata, nell’ordine Joe Biden, Hillary Clinton, la deputata Alexandra Ocasio-Cortez e l’allenatore Nba e degli olimpionici del basket Steve Kerr.
La prima giornata era molto temuta dal team di Kamala Harris, a causa delle manifestazioni pro Palestina, in realtà poco partecipate, ma il grande spettacolo della politica americana che si celebra ogni volta alle convention dei partiti ha avuto come sempre il sopravvento, e non solo per due generazioni di cantautori, Jason Isbell e James Taylor (la cui performance è stata tagliata per ragioni di tempi sforati), neanche per l’attore che interpreta il presidente degli Stati Uniti nella serie “Scandal”, e nemmeno per Steve Kerr che ha chiuso l’intervento citando il campione Steph Curry, il quale quando fa canestro da tre punti per chiudere le partite spesso fa il gesto della buonanotte agli avversari, mandandoli a dormire anzitempo: «Finalmente il 5 novembre diremo a Donald Trump notte, notte», ha detto Kerr.
Lo spettacolo principale è stato Joe Biden, uno dei presidenti più efficaci e di successo legislativo della storia recente americana. L’uomo che ha salvato l’America, e non solo l’America, ma che per ragioni di età ha ceduto il passo alla sua vice: «Continuo ad amare il mio lavoro – ha detto il presidente – ma amo ancora di più il mio Paese». Biden ha assicurato che Kamala Harris non si inchinerà a Putin, come ha fatto Trump, che l’Ucraina grazie all’aiuto americano è ancora libera, e che lui riuscirà a far finire la guerra a Gaza e a far tornare gli ostaggi.
Lo spettacolo è stato l’ingresso di Alexandria Ocasio Cortez, accolta da un roboante coro «Aoc, Aoc», in piena trasformazione da deputata radicale in statista presentabile, l’unica oltre a Biden ad aver affrontato il tema Gaza, ricordando a tutti che Kamala sta già lavorando per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi.
Lo spettacolo è stata l’emozionante accoglienza riservata a Hillary Clinton, la prima donna che non è riuscita a diventare presidente per un soffio, pur avendo preso quasi tre milioni di voti in più rispetto a Trump, e che ora sente vicina la possibilità che quel percorso finalmente si possa concludere con l’elezione di Kamala Harris.
La cosa più bella dell’intervento di Hillary, fatto per metà di elogi a Kamala e per metà di bordate a Donald, è stata la reazione distaccata e non compiaciuta al coro «lock him up», «mandatelo in galera», che i delegati della convention hanno rivolto a Trump, riprendendo con sarcasmo, e al maschile, il più odioso slogan della campagna elettorale trumpiana del 2016 contro Hillary.