Esibizionismo infinitoLa fine dei giornali, il cloud di Kamala e lo scoop sul Kennedy col verme nel cervello

Per anticipare il New Yorker, il nipote di JFK ha raccontato con un video di quella volta in cui abbandonò un orso morto a Central Park. Ma tanto questa vecchia vicenda farà ciò che fanno tutte le storie: compatterà i sostenitori, farà urlare allo scandalo i detrattori. E al massimo diventerà un meme

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Certo, potremmo consolarci nel solito modo: la politica americana è persino più fuori di testa della nostra. Però questa storia dell’erede Kennedy coi vermi nel cervello che abbandona il cadavere d’un orso sulla ciclabile forse va presa da un’altra angolazione: quella della fine dei giornali.

C’erano una volta i giornali e gli uffici stampa. I primi erano indispensabili se volevi che la tua storia venisse raccontata al mondo, i secondi se volevi che quel che veniva raccontato al mondo somigliasse alla tua versione della storia.

Sono venuti meno quando sono nati i telefoni con la telecamera, e poi i social, quei posti dove puoi rendere pubblicato ciò che hai filmato col telefono senza chiedere agli amici di vedere le diapositive dopo cena. Gente più sveglia di noi ha investito in server giganti nei quali contenere le nostre diapositive delle vacanze, sapendo che una sola cosa è certamente infinita, e quella cosa non è l’universo ma è l’esibizionismo.

A questo proposito, scusate se divago ma giuro che torno subito al giovane Kennedy, gira un filmato di Kamala Harris che, a un evento pubblico, spiega che ormai è tutto nella cloud che sta «da qualche parte lassù», e non «in un posto fisico», come una volta i faldoni che stavano in garage, ed è difficile decidere cosa pensare di questa spericolata affermazione.

Da una parte un brivido mi attraversa all’idea che la signora Harris, che ha soli otto anni più di me, pensi che la nuvola sia una nuvola astratta e non un server, che sia le zie di “La famiglia” quando viene installato il telefono in casa e non si capacitano, che sia me quando mi rifiuto di capire cosa siano i bitcoin, però su argomenti molto più di base. Si può votare una che ha smesso di capire il mondo così tanti strati tecnologici fa?

Dall’altra sembra il genere di cosa che potrebbe dire Trump, una di quelle cose per cui l’elettorato che non ti voterebbe comunque ti spernacchia e gli altri invece annuiscono specchiandosi. Per chi crede che il mondo lo indirizzino i meme (una scuola di pensiero di cui non mi capacito ma che mi sembra sempre più frequentata) è una buona notizia che la Harris dica una cosa così senza senso da essere, che il dio delle parole mi perdoni, memabile.

Quindi, ci sono i server, nonostante Kamala non lo sappia, ci sono i social, e questo purtroppo lo sappiamo tutti, e sui social le celebrità che una volta avrebbero fatto chiamare un giornale dal loro ufficio stampa ora mettono da sole, sedute sul gabinetto pigiando invia, la loro smentita a un’accusa gravissima o la loro dichiarazione d’amore alla fidanzata.

L’illusione d’orizzontalità ha vinto su tutto, il famoso parla direttamente ai fanatici che lo seguono, e tu giornale a cosa puoi mai servire? Magari l’ufficio stampa ancora ancora: certi famosi son così sgrammaticati che, anche se dai notizia che divorzi, ti serve un professionista per comporla in una sintassi accettabile.

Certo, però, i giornali possono fare le inchieste, e dare le notizie che tu non vorresti venissero stampate. Almeno così era fino a domenica notte, quando Robert Francis Kennedy jr. – figlio di Bobby Kennedy, nipote di John, candidato alla presidenza degli Stati Uniti finora noto per una foto con un cane arrostito e per aver candidamente raccontato che gli hanno trovato un verme nel cervello, «ma potrei ingerire altri cinque vermi e battere comunque Biden e Trump in un dibattito presidenziale» – ha postato un video abbastanza incredibile.

Nel video racconta un vecchio episodio della sua vita. Dieci anni fa, dice a Roseanne Barr che gli fa da spalla muta, era in campagna, e per strada la tizia che guida il furgone davanti a lui investe un cucciolo d’orso e lo ammazza. Kennedy scende e lo mette nel bagagliaio per portarlo a New York e spellarlo e mettere la carne in frigo. Precisa: nello stato di New York è consentito, se l’orso è stato ucciso in un incidente stradale. Però poi la giornata si complica, Kennedy la sera ha una cena a Manhattan, da Peter Luger (nota bisteccheria che piace alla gente che piace), e quindi l’orso resta in macchina, e a un certo punto si rende conto che è in ritardo per andare in aeroporto e non può occuparsi dell’orso, e allora dice ma se lo appoggiamo su una ciclabile e fingiamo che l’abbia investito un ciclista, e «io naturalmente non avevo bevuto ma i miei amici sì e gli è parsa un’ottima idea».

E il giorno dopo il cadavere d’orso sulla ciclabile è su tutti i giornali e parlano di far rilevare alla polizia scientifica le impronte sulla bici e quella bici è piena delle sue impronte e lui ha paura che lo arrestino ma poi la storia sparisce dai giornali per dieci anni. Finché il New Yorker non gliene chiede conto. E lui capisce che non ci farà una bella figura.

E infatti il New Yorker è uscito ieri nelle edicole americane con un profilo di RFK jr. da cui si capisce che in famiglia non ce n’è uno sano. L’ex moglie si è suicidata e lui ha fatto la versione antica di quello a cui serve il video di domenica: «damage control», lo chiama il New Yorker; una smentita è una notizia data due volte, diremmo qui. Il fratello era da solo nella stanza dell’albergo al cui piano terra spararono al padre, davanti al televisore che trasmise l’attentato in diretta, per ore nessuno si ricordò d’andarlo a prendere e il ragazzino ovviamente era sotto shock. La nuora ha scritto un memoir mitomane in cui millantava d’essere stata una spia. Il figlio è stato con Taylor Swift.

Non c’è scritto – giacché i giornali hanno anche lo svantaggio d’una minor immediatezza rispetto ai social, e il numero del New Yorker è stato stampato prima di domenica notte – che RFK jr. ha inventato un nuovo modo di svuotare di senso la stampa: se avete una storia sputtanante su di me, la racconto io per primo. Arrivare primi è ormai l’unica cosa che conta, no?

Forse no, perché il video di RFK jr. è notevole, ma ancora di più lo è la foto che è riuscito a reperire il New Yorker: il Kennedy ghignante che posa con le dita in bocca al cadavere dell’orso. Foto assai facilmente riducibile a meme, pronta per finire in tutte le cloud più velocemente di quanto ci metta Kamala Harris a capire cosa sia una cloud. E notevole è la risposta che la giornalista del New Yorker riferisce le abbia dato RFK jr. quando gli ha ricordato dei suoi trascorsi col cadavere d’orso: «Forse è stato allora che mi sono preso i vermi nel cervello».

Però nel video RFK jr. dice che non è una storia da cui uscirà bene, e sappiamo che non è vero. Nessuno come i Kennedy è stato paziente zero dell’inesistenza della reputazione. Ted Kennedy ha potuto fare il senatore per quarantasette anni nonostante, quando era senatore da sette, avesse lasciato morire una ragazza a Chappaquiddick. Adesso che il kennedismo è alla portata di tutti e le reputazioni hanno senso solo per gli avversari, la storia dell’orso farà ciò che fanno tutte le storie: compatterà i sostenitori, farà urlare allo scandalo i detrattori.

J.D. Vance l’altro giorno ha raccontato in un podcast che, quando Trump lo ha chiamato per offrirgli la vicepresidenza, il figlio continuava a petulare aneddoti sui Pokémon, e lui l’ha zittito: è una telefonata importante, finiscila di parlare di Pikachu. I commenti social dei detrattori erano roba tipo «bisogna togliergli la potestà genitoriale». Perché i nostri contemporanei ritengono la petulanza su Pikachu dei loro puccettoni sacrosanta, o perché erano elettori democratici? Tutt’e due, ma temo più la seconda.

Quindi chi è per i vaccini (ai quali RFK jr. è contrarissimo, praticamente la sua intera identità pubblica negli ultimi anni è stata quella di dietrologo dei vaccini) dirà che il cucciolo d’orso chiede giustizia; e chi ritiene RFK jr. uno che-non-le-manda-a-dire dirà che non è poi così grave, in fondo l’orso era già morto. Insomma, accadrà quel che accade dopo ogni inchiesta giornalistica: assolutamente niente.

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