Vittorio Gassman, in un episodio dei “Mostri”, è un prim’attore estremamente sbruffone. Nell’intervallo tra un atto e l’altro dell’Otello fa chiamare il capoclaque investendolo perché l’applauso non è stato abbastanza forte: «Anche la claque è una questione di gusto, di garbo, di grazia, Lucidi, svegliati!». Ci sarà un Lucidi al servizio di Giuseppe Conte? Sicuramente. Non uno, ma tanti capiclaque. Uno per ogni Festa dell’Unità dove è invitato.
L’avvocato prende troppi applausi, e per quanto le platee delle Feste del Pd siano sempre state sensibili ai discorsi de sinistra, o quelli che esse reputano tali, la scena è palesemente falsata: e d’altronde Conte ricorre a questi penosi espedienti fin dall’evento drammatico del crollo del ponte Morandi, pareva l’eroe del giorno, nel lutto generale. L’uomo ha bisogno di questi trompe-l’oeil per ingannare la realtà. Che è quella di una crisi che perdura da tempo e che grava su un Movimento Cinque Stelle che non è più il Movimento Cinque Stelle, ma non si sa cosa sia: una maionese con ingredienti estremisti di sinistra e clientelismo democristiano, pacifismo e trumpismo, populismo e trasformismo di tipo meridionale (definizione di Sabino Cassese).
Tra Beppe Grillo e l’avvocato ormai non c’è niente da fare. «Conte non sta rinnovando il M5s ma lo sta abbattendo», ha detto il comico. «Non accetterò mai di vivere in una comunità in cui c’è un soggetto sopraelevato rispetto alla comunità stessa. Se passa questo principio, e non vedo come possa passare, io non potrei esserci», ha replicato ieri l’avvocato di Volturara Appula.
I due romperanno ai primi di ottobre e sarà da vedere quanta gente il Fondatore si porterà dietro e chi prenderà in mano la bandiera del Movimento che fu di Grillo e Gianroberto Casaleggio: forse Alessandro Di Battista, con Virginia Raggi e altri fenomeni della prima ondata – ecco, di Danilo Toninelli e Vito Crimi si farebbe volentieri a meno – un gruppetto neo-estremista in concorrenza con Fratoianni&Bonelli, un bel pacchettino di mischia pronto a sabotare i sogni di governo di Elly Schlein, ammesso che lei ne abbia, e a mettere i bastoni tra le ruote di una potenziale alternativa a Giorgia Meloni magari giovandosi dei contiani del Pd guidati da Pier Luigi Bersani nel nome della comune lotta al renzismo, ovvia convergenza visto che Matteo Renzi fece passare dei brutti quarti d’ora a entrambi.
La forza dei probabili scissionisti è impossibile da valutare adesso, ma certo è che se a Conte gli levi il due-tre percento gli togli definitivamente ogni velleità di candidarsi a Palazzo Chigi, che è poi l’unico motivo per cui vive. Da questo punto di vista il suo futuro è complicato. Con la scissione, la distanza quantitativa tra lui e il Pd è destinata a crescere, e in altre parole persino la funzione di junior partner non è assicurata perché il MdGC (Movimento di Giuseppe Conte) potrebbe ridursi a un cespuglio come quello dell’area Avs-DiBattista (o chi per lui). E le prossime scadenze non lo aiutano.
Sulla carta dovrebbero rappresentare un successo pieno di Elly Schlein: le tutt’altro che impossibili vittorie in Emilia-Romagna e in Umbria saranno ascritte al Pd, e non è chiaro perché l’avvocato abbia ceduto in Liguria accodandosi dietro Andrea Orlando. Tutte queste convulsioni dell’originaria creatura di Grillo e Casaleggio, che in quanto tale è finita per sempre, sono destinate a deflagrare su un centrosinistra che è tornato a contorcersi su varie questioni secondarie, e a restare vago su quelle decisive e probabilmente moltiplicheranno le rivalità interne, alimentando così il senso di una permanente precarietà politica.
Giuseppe Conte dunque è nocivo in sé, sia quando è forte sia quando è indebolito. Vedremo se e come Elly Schlein deciderà di mettere ordine nel nuovo casino che Conte produrrà. Forse a un certo punto bisognerebbe proprio liberarsene, per evitare l’effetto zanzare nelle afose Feste dell’Unità, quelle dove lui si porta la claque.