Se la politica fosse una cosa seria, il campo largo dovrebbe saltare per aria sulla questione ucraina. Perché va bene tutto ma le posizioni del partito di Giuseppe Conte non sono ormai più definibili “pacifiste” (con le virgolette) ma apertamente ricalcate su quelle del Cremlino. In occasione dell’esame della mozione sull’Ucraina passata a Strasburgo (con i voti contrari di Movimento 5 stelle, sinistra e Lega, il mischione giallorossoverde anti-Zelensky), gli europarlamentari contiani hanno presentato due emendamenti uno peggio dell’altro (ovviamente bocciati).
Nel primo si chiedeva la condanna dell’invio di armi (tutte le armi) a Kyjiv. Ma ecco il secondo, che sembra scritto dai consiglieri di Vladimir Putin, in cui si chiede di «esprimere profonda preoccupazione riguardo alle relazioni tra settori dell’esercito ucraino e gruppi neonazisti di altri paesi europei, in particolare riguardo la inazione del governo ucraino nel prevenire e perseguire raduni quale quello che ha avuto luogo a Leopoli il 24 agosto scorso sotto la denominazione “Nazione Europa”, conferenza che ha visto la partecipazione di molti rappresentanti di organizzazioni neonaziste sia di paesi membri della Unione europea che dalla stessa Ucraina».
Non è putinismo in purezza? Non sono le presenze dei “nazisti ucraini” il motivo addotto dallo zar per scatenare l’operazione speciale il 24 febbraio 2022? Ormai questa ventata reazionaria e nemica della libertà del popolo ucraino gonfia i petti dei contiani, come della sinistra e in parte anche della maggioranza del Pd in mano a Elly Schlein, non fino al punto di non votare la mozione finale ma, pur nella spaccatura del gruppo, opponendosi alle armi con obiettivi militari sul suolo russo.
Il redivivo Ignazio Marino, oggi eurodeputato della Sinistra, chiama la piazza, «usciamo in strada, mobilitiamoci», al che ha replicato Nona Mikhelidze: «Se avete il coraggio, esponete le vostre bandiere davanti all’ambasciata russa e chiedete a chi bombarda scuole, ospedali e case di cura per anziani di fermare la follia della guerra». Macché, per questi qui Putin non ha tutti i torti, magari ha un po’ esagerato ma, come ha suggerito Massimo D’Alema, facciamo un bel referendum nel Donbas e magari i suoi abitanti se ne andranno tranquilli con Mosca, come fu col Kosovo, giusto?
Se la situazione è ormai a questo punto, se, come diceva Christopher Hitchens, quelli non vogliono la pace, sono a favore della guerra solo che tifano per gli avversari, allora questo campo largo o come si chiama davvero non può esistere. Se la politica è fondata sui valori e non è un autobus per Palazzo Chigi. È rimasto qualcuno dalle parti del Nazareno a porre la questione o sono già tutti su quell’autobus?