L’alienazione moraleL’inopportuna visita di Guterres al summit Brics, e il pericoloso appeasement dell’Onu

La partecipazione del segretario generale delle Nazioni Unite al vertice delle economie emergenti rappresenta un cedimento etico e un compromesso con gli autoritarismi. Il suo compito non è compiacere i potenti, ma difendere gli oppressi

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La recente partecipazione del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, al vertice dei Brics è un passo di enorme portata storica. Non è solo un errore politico o diplomatico, ma rappresenta una crisi morale, un cortocircuito dei principi alla base dell’Onu. È un atto che sembra minare il mandato della Nazioni unite come custode della pace e dei diritti umani, e che manda al mondo un messaggio pericoloso: la democrazia è solo una delle tante opzioni, non un principio inalienabile.

António Guterres, socialista di vecchia scuola, incarna una visione che romanticizza lo Stato come arbitro ultimo del bene comune. Una prospettiva che troppo spesso confonde la stabilità con la giustizia, e la governabilità con il progresso. Ma è una visione che oggi appare fuori dal tempo, miope e pericolosa. Sotto la sua guida, le Nazioni unite sembrano aver perso il senso della loro missione originaria, trasformandosi in una piattaforma di compromesso con i potenti, in cui la difesa dei diritti umani diviene un’opzione negoziabile. Guterres sembra più preoccupato di una sua «legacy» politica personale che dei valori fondanti dell’istituzione che rappresenta, e non appare come un baluardo della democrazia, ma come un burocrate  che si autoproclama «neutralizzatore» dei conflitti, un appeaser la cui visione paternalistica somiglia sempre più a una resa morale.

In filosofia politica, la neutralità delle istituzioni si fonda sul principio che lo Stato, o chi lo rappresenta, non dovrebbe prendere parte attiva nelle dispute ideologiche. Tuttavia, la neutralità non significa indifferenza verso il male: al contrario, rappresenta un impegno a difendere ciò che è giusto e a opporsi ciò che è ingiusto. Già negli anni Quaranta, il filosofo Karl Jaspers ci avvertiva del pericolo dell’«alienazione morale», ovvero il rischio che un sistema perda la propria ragione d’essere quando rimane neutrale anche di fronte all’oppressione.

L’errore di Guterres è proprio questo: confondere la diplomazia con una neutralità cieca, incapace di condannare con chiarezza le atrocità, priva di quella fermezza morale che da sola può definire una vera leadership. In un mondo in cui Cina e Russia costruiscono un asse di potere in netto contrasto con i valori democratici, la presenza di Guterres al tavolo dei Brics appare come un atto di legittimazione, un’ammissione che democrazia e autocrazia siano alternative equivalenti.  E non c’è bisogno di altro per scardinare il delicato equilibrio morale su cui poggia l’ordine internazionale.

Con la sua partecipazione ai Brics, Guterres legittima una nuova narrativa mondiale, quella del relativismo autoritario, per cui le libertà individuali e i diritti umani diventano questioni «culturali», e non principi universali. Questo è esattamente ciò che Cina e Russia sperano: la possibilità di violare i diritti senza interferenze, di costruire una narrazione in cui ogni regime sia legittimo entro il proprio contesto.

Questa idea, che Jaspers avrebbe definito «aliena», rappresenta una rottura della continuità morale tra il diritto e la giustizia. Ma la democrazia non è solo un sistema politico, è un continuo sforzo per costruire una società morale. Ogni compromesso con l’autocrazia mina questo sforzo, ogni concessione indebolisce la struttura democratica, come una crepa invisibile che si allarga fino a minacciarne le fondamenta stesse.

La democrazia non è un ideale astratto: è un sistema pratico che richiede vigilanza morale. Accettare che dittature e democrazie siano ugualmente legittime è un errore che apre le porte alla «banalità del male», la progressiva indifferenza verso l’ingiustizia, fino a farla divenire normale, accettabile, persino inevitabile. La partecipazione di Guterres ai Brics non è solo un cedimento morale, ma una trasformazione del ruolo stesso delle Nazioni unite, che da baluardo della giustizia si trasformano in un organismo di compromesso, svuotato della propria autorità etica.

Guterres è diventato il simbolo di una politica internazionale che cerca di navigare senza bussola morale, mosso solo da un pragmatismo vuoto che si piega agli interessi del momento. Le Nazioni unite, che dovrebbero essere una guida morale per il mondo, sembrano aver smarrito la loro missione, prigioniere di una visione miope e burocratica del potere, senza l’ambizione di plasmare il futuro secondo i valori della libertà e della giustizia.

Non è forse una coincidenza che ciò avvenga in un’epoca di estrema fragilità per le democrazie occidentali, minacciate da forze centrifughe sia interne sia esterne. Mentre gli Stati Uniti si preparano a un’elezione che potrebbe definire il loro ruolo futuro, e l’Europa fatica a tenere insieme la propria visione democratica, Guterres sembra avallare un ordine multipolare in cui la democrazia è solo una scelta tra le tante, e non un impegno irrinunciabile.

La crisi dell’Onu non è solo politica: è il segnale di un mondo che rischia di perdere la sua bussola morale, un mondo in cui la democrazia non è più un valore universale, ma una variabile culturale. Il filosofo Isaiah Berlin ammoniva contro l’idea che tutti i valori siano equivalenti, poiché «la tolleranza verso l’intollerabile non è tolleranza, ma debolezza morale». In questo senso, Guterres è il volto di una debolezza che permette agli autoritarismi di guadagnare legittimità, minando la credibilità stessa delle Nazioni unite.

Se l’Onu perde il suo ruolo di arbitro morale, non rimane che un mondo frammentato, in cui i diritti umani sono ridotti a mere convenzioni, negoziabili a seconda delle esigenze di ogni stato. I Brics non sono solo una minaccia per l’Occidente, ma un pericolo per tutti coloro che credono nella libertà. Essi rappresentano un blocco che legittima la repressione e che trasforma il controllo sociale in una virtù politica. Guterres, con il suo atteggiamento di apparente neutralità, non fa altro che indebolire le istituzioni democratiche, dando spazio a una visione del mondo in cui la forza e il controllo sono più importanti della giustizia.

Il compito delle Nazioni Unite non è di compiacere i potenti, ma di dare voce agli oppressi, di essere un faro di speranza per chi soffre, uno scudo contro la tirannia. Se Guterres non è disposto a guidare l’Onu con questa visione, allora è il momento di un cambiamento. La democrazia non è un’opzione; è un dovere verso l’umanità.

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