Tbilisi, EuropaLa protesta della società civile georgiana contro il governo che sogna Mosca

La mobilitazione popolare contro la decisione di Sogno Georgiano di sospendere le trattative per l’ingresso nell’Unione Europea fino al 2028, e il tentativo di Mosca e dei suoi lacché locali di far tornare il paese caucasico una colonia del Cremlino

LaPresse

«Ci sono tutti i presupposti per far precipitare ancora una volta la Georgia nell’abisso dei conflitti civili, costringendola a scegliere tra gli insolenti Unione europea, Nato e Stati Uniti da un lato, e l’antica terra di Saqartvelo [Georgia] dall’altro. In poche parole, i nostri vicini si stanno muovendo rapidamente sul corso ucraino, in un buio abisso. Di solito, finisce male». È così che l’ex presidente russo Dmitry Medvedev ha commentato le dichiarazioni della presidente Salome Zurabishvili – il cui mandato da Presidente della Georgia scadrà il 14 dicembre – che ha annunciato di non avere intenzione di lasciare il suo incarico fino a che non sarà un «governo eletto democraticamente» a nominare il suo successore. 

Le elezioni presidenziali segneranno probabilmente un nuovo capitolo di scontri tra Sogno Georgiano da un lato e l’opposizione e la cittadinanza dall’altro: per la prima volta nella storia del Paese, il capo di Stato non sarà più designato tramite elezioni dirette, ma nominato da un collegio formato dai centocinquanta membri del Parlamento e da altrettanti rappresentanti degli organi di autogoverno delle regioni. 

Sia la Presidente sia l’opposizione stanno però boicottando il Parlamento, che si è insediato in viale Rustaveli, a Tbilisi, il 25 novembre con i soli ottantotto deputati di Sogno Georgiano presenti. I quattro partiti di opposizione, infatti, hanno deciso di non far partecipare i loro rappresentanti alle sedute parlamentari. Per questo, l’unico possibile sostituto di Zurabishvili è il candidato di Sogno Georgiano, Mikheil Kavelashvili. Il politico cinquantatreenne, noto per la sua carriera da calciatore al Manchester City e per non aver conseguito il diploma di maturità, è famoso in Georgia anche per le sue posizioni antioccidentali e per essere il co-fondatore del partito ultranazionalista Potere al Popolo, fautore della Legge contro gli agenti stranieri, la famigerata “legge russa” modellata su quella imposta da Putin in Russia per reprimere il dissenso interno.

Ad aver mobilitato in maniera decisiva l’intero Paese, dai cittadini comuni ai funzionari dello Stato, e di conseguenza la comunità internazionale, non sono state né la candidatura di Kavelashvili né le accuse di brogli a seguito delle elezioni parlamentari del 26 ottobre, ma l’annuncio del primo ministro Irakli Kobakhidze di sospendere le trattative per l’adesione all’Unione europea fino al 2028, e la conseguente repressione violenta delle proteste da parte delle forze dell’ordine.

Così, venerdì, l’ambasciatore georgiano in Bulgaria si è dimesso in segno di protesta, e il giorno dopo è stato seguito dai suoi omologhi nei Paesi Bassi, in Italia e in Lituania. E poi, secondo diverse fonti, a licenziarsi sono stati anche il vice ministro degli Esteri Temur Janjalia e l’ambasciatore negli Stati Uniti David Zalkaliani. 

Sempre dagli Stati Uniti, nel pomeriggio di sabato è arrivata la notizia dell’interruzione della partnership strategica con la Georgia: «Le numerose azioni antidemocratiche di Sogno Georgiano hanno violato i principi fondamentali del partenariato tra Usa e Georgia, basato su valori e impegni condivisi in materia di democrazia, Stato di diritto, società civile, rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e lotta alla corruzione. Perciò, gli Stati Uniti hanno sospeso questo meccanismo».

Secondo gli esponenti di Sogno Georgiano, in linea con le dichiarazioni russe di Medvedev, le reazioni dei Paesi occidentali costituirebbero un tentativo di dare inizio a un «Maidan georgiano» per destabilizzare l’integrità del Paese.

Il Servizio di sicurezza statale ha comunicato di aver aperto delle indagini su un possibile colpo di Stato, confermato dagli «sviluppi distruttivi» (che sarebbero le proteste) degli ultimi giorni. E anche il primo ministro Kobakhdize ha accusato l’Europa di aver cercato di organizzare un Maidan a Tbilisi: «Ormai da tre anni, alcuni politici e burocrati europei, dopo aver fallito nel tentativo di ucrainizzare la Georgia, provano continuamente a usare l’apertura delle negoziazioni per indebolire il Paese, aumentare la polarizzazione, e dividere artificialmente la società». 

Per la Presidente Salome Zurabishvili, invece, la sospensione degli accordi con gli Stati Uniti è stata «il tragico risultato delle politiche antidemocratiche, antioccidentali, antieuropeee e antigeorgiane del governo. Oggi più che mai è chiaro come la strada scelta [da Sogno Georgiano] possa portare in una sola direzione: la Russia». Zurabishvili, ha poi spiegato che oggi «il partito in carica è estremamente isolato, e con il passare del tempo lo diventerà ancora di più». 

In effetti, da giovedì, più di trecento impiegati del ministero della Giustizia, cinquanta lavoratori del ministero della Difesa, e oltre mille dipendenti del ministero dell’Istruzione hanno firmato delle circolari in cui si sono distaccati dalla scelta del governo di allontanarsi dall’Ue, dichiarandosi leali alla Costituzione e al suo settantottesimo articolo, che ratifica l’impegno della Georgia verso l’integrazione euro-atlantica. 

Agli altri impiegati statali che si sono opposti alla svolta antieuropea di Sogno Georgiano si sono aggiunti anche centoquaranta dipendenti del Municipio di Tbilisi: «Eravamo e restiamo fedeli ai nostri cittadini, alla Costituzione, ai valori europei e al percorso che la Georgia ha scelto». Le dichiarazioni hanno evidentemente infastidito il sindaco Kakha Kaladze, che ha annunciato che gli operatori saranno trasferiti o licenziati: «La scorsa settimana abbiamo annunciato una riorganizzazione del personale del Municipio. Va bene così, ognuno ha la sua strada. Se queste persone decidono di seguire una certa strada è una loro scelta, e che Dio li benedica. Abbiamo in programma dei trasferimenti». 

I lavoratori statali hanno trovato anche modi alternativi per mostrare il proprio dissenso. Durante le proteste di sabato notte, intorno alle tre, un gruppo di vigili del fuoco si è opposto alla richiesta degli agenti antisommossa di riempire i cannoni ad acqua usati contro i manifestanti, svuotando invece il serbatoio di un loro camion lungo viale Rustaveli e unendosi poi ai manifestanti, che hanno definito il loro gesto un «atto di eroismo civile». 

Dopo ogni protesta, Kobakhidze ha ringraziato invece le forze dell’ordine che ogni notte «proteggono lo Stato da ogni tentativo di sovvertire l’ordine costituzionale» (il difensore civico Levan Ioseliani ha definito le azioni degli agenti una violazione dei diritti garantiti dalla Costituzione). Domenica mattina il premier si è scagliato contro l’Unione europea, condannandola per non essersi schierata contro la «disgustosa e sistematica violenza» dei manifestanti: «Vorrei ricordarvi che gesti simili danneggiano gravemente la fiducia della società georgiana nei confronti delle istituzioni europee», ha dichiarato. Michael Roth, deputato della Spd e capo della commissione Affari Esteri del Bundestag ha risposto continuando a elogiare le azioni dei dimostranti: «Qui come da nessun’altra parte si sta combattendo una lotta per un’Europa libera e democratica, priva di paura e oppressione».

L’uso sproporzionato della forza contro i manifestanti è stato denunciato anche dal commissario per l’Allargamento Ue Marta Kos e soprattutto dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Kaja Kallas: «L’Ue condanna fermamente la violenza usata contro i manifestanti pacifici, che si battono per il loro futuro europeo e democratico. Queste azioni del governo georgiano hanno conseguenze dirette sulle nostre relazioni». Anche la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha condannato il comportamento di Sogno Georgiano: «L’Ue è al fianco del popolo georgiano e della sua scelta di un futuro europeo, per cui le porte dell’Ue rimangono aperte. Il ritorno della Georgia su un percorso europeo è nelle mani della sua leadership». In realtà, è nelle mani del popolo georgiano.

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