Sull’orlo del caosIn Francia si voterà una doppia mozione di sfiducia contro il governo Barnier

Il primo ministro, dopo aver annunciato le sue ultime concessioni al Rassemblement National sulla legge di bilancio, ha invocato l’articolo 49.3 della Costituzione per l’approvazione senza il voto del Parlamento. Estrema sinistra ed estrema destra hanno presentato due mozioni, che andranno al voto il 4 dicembre

(Sarah Meyssonnier/Pool via AP)

Il governo francese di minoranza si avvia verso la caduta, innescando una nuova crisi nel cuore dell’Eurozona. Il primo ministro Michel Barnier, dopo aver annunciato le sue ultime concessioni all’estrema destra del Rassemblement National per ottenere il sostegno sulla legge di bilancio, ha invocato l’articolo 49.3 della Costituzione per l’approvazione della legge senza il voto del Parlamento. Una mossa impopolare usata più volte negli anni di Macron, che ha permesso alle opposizioni di presentare immediatamente due mozioni di sfiducia. Una dalla sinistra di La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon. E l’altra dalla destra del Rassemblement National, che questa volta ha deciso di votare tutte le mozioni presentate, anche quella della sinistra. Se così fosse, solo l’astensione dei socialisti potrebbe salvare il governo al voto di sfiducia, che si terrà il 4 dicembre prima dell’approvazione del bilancio annuale.

Barnier aveva proposto un’ulteriore modifica alla legge per il finanziamento della sicurezza sociale, per venire incontro alle richieste del Rn, rinunciando alla riduzione dei rimborsi dei farmaci. Rn ha fatto sapere che comunque non avrebbe dato il suo sostegno al testo. E così, decidendo di utilizzare l’articolo 49.3 della Costituzione, il primo ministro ha comunicato ai parlamentari francesi che avrebbero dovuto assumersi la responsabilità di accettare la legge così com’era, dopo lunghe trattative e concessioni, oppure di «entrare in un territorio sconosciuto». Convinto che la posizione del Rn fosse solo negoziale.

E invece così non è stato. Una caduta del governo dopo il voto delle mozioni porterebbe ora a una sospensione, almeno provvisoria, anche degli altri due disegni di legge che fanno parte del bilancio per il 2025: la legge finanziaria sul bilancio dello Stato e la legge sulle finanze di fine gestione, con le indicazioni sulla chiusura del bilancio del 2024.

Le trattative sul testo della legge finanziaria e di quella sul finanziamento della sicurezza sociale fra il governo e il Rassemblement National proseguono da giorni. Nelle ultime settimane, l’approvazione delle leggi di bilancio era diventato un serio problema per il governo di Barnier, sostenuto da una coalizione di minoranza composta da Renaissance di Emmanuel Macron e dal partito dei Repubblicani, di cui fa parte lo stesso Barnier.

La leader dell’estrema destra Marine Le Pen aveva già ottenuto delle modifiche rispetto al testo originale, ma aveva chiesto anche l’abolizione della norma che ritarda l’aumento automatico delle pensioni al crescere dell’inflazione e della proposta di ridurre i rimborsi sui farmaci. Le Pen aveva dichiarato che, se queste modifiche non fossero state accolte, avrebbero portato alla caduta del governo. Per andare incontro alle richieste di Le Pen, Barnier lunedì mattina aveva fatto sapere che nel testo della legge sarebbe stata tolta la parte relativa alla riduzione dei rimborsi dei farmaci, ma il Rassemblement National aveva definito l’ultimo tentativo del primo ministro «non sufficiente».

L’assenza di un bilancio approvato per il 2025 costringerebbe il governo a entrare in esercizio provvisorio. E i mercati non hanno preso bene le novità politiche francesi, con l’euro che è scivolato fino a 1,0460, con una flessione dell’uno per cento, e l’indice Cac40 che durante la seduta di ieri è arrivato a perdere l’1,2 per cento.

I conti francesi di quest’anno si avviano a chiudere con un deficit al 6,2 per cento del Pil e il disavanzo potrebbe salire l’anno prossimo al 7 per cento.

Macron, in ultima istanza, potrebbe invocare i «poteri eccezionali» in materia finanziaria previsti dall’articolo 16 della Costituzione.

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