Non è un estratto della “Naturalis Historia” di Plinio il Vecchio l’incipit del percorso narrativo e iconografico attraverso le terre franciacortine, disponibile in libreria dal 6 dicembre. Armando Castagno – degustatore, ideatore e direttore di corsi di approfondimento per l’Associazione Italiana Sommelier – sceglie un raccontino emblematico tratto dal “De Oratore” di Cicerone come epigrafe del suo “Viaggio in Franciacorta. Un diario”.
Il poeta Simonide, invitato a un banchetto in Tessaglia, dedica un carme a Castore e Polluce. Il padrone di casa, irritato da questa scelta, gli riconosce solo metà del compenso, invitandolo a chiedere il resto ai due figli di Zeus. Poco dopo, Simonide viene chiamato fuori da due giovani misteriosi e nel momento in cui esce, la casa crolla, uccidendo tutti i presenti. Grazie ai Dioscuri, non solo Simonide si salva, ma è anche l’unico in grado di identificare i corpi sfigurati, ricordandone la posizione intorno al tavolo.
Questo mito intende consacrare il poeta come custode e creatore della memoria. E la memoria – fatta di tradizioni, codici espressivi, abitudini, gusti e regole in costante evoluzione – può essere efficacemente tramandata e rievocata anche attraverso forme liriche e intime come il diario. Proprio questo è il proposito dell’autore: animare la Franciacorta con volti, paesaggi e storie che ne restituiscano un ritratto sincero e immediato, lontano da intenti celebrativi e dall’uso acritico del passato come strumento di marketing.
Castagno sottolinea come quella della Franciacorta non sia una vicenda struggente di battaglie e di sconfitte, ma la cronaca di un successo repentino che ha travolto e trasformato profondamente le comunità, con impatti positivi sul paesaggio e sull’ambiente. E per una volta la riscoperta del passato – non idealizzato – è andata di pari passo con la progettazione del futuro, senza lasciare spazio a retoriche nostalgiche.
Il patrimonio culturale che fa da sfondo alle esperienze raccolte in questo volume ha ricevuto più attenzione negli ultimi decenni che nei tre secoli precedenti, intrecciandosi al concetto di terroir inteso come legame tra la vocazione agricola di un territorio e il sapere collettivo della sua comunità. Un processo in divenire, supportato dalla presenza di ingenti fondi privati spesso capaci di sostituirsi in toto alle sovvenzioni pubbliche.
È evidente come in Franciacorta il vino abbia trasformato, in un arco temporale sorprendentemente breve, non solo il territorio ma anche la mentalità dei suoi abitanti. In appena due generazioni si è sviluppata un’attitudine a pensare e operare con una prospettiva a lungo termine. Perché «l’approccio produttivo basato sull’utile immediato, sul carpe diem, non vale per la terra», soprattutto se vitata. E sempre il vino – e più in generale una politica agricola sostenibile e redditizia – ha avuto il merito di costruire «ponti così forti e così solidi da trasformare in quarant’anni un arcipelago in una collettività, che pare ora ragionare all’unisono».
Il racconto di Armando Castagno è autentico e privo di finalità didattiche. Non comprende note di degustazione o schede tecniche con giudizi approfonditi né sui vini né sulle cantine. Al contrario, coinvolge i lettori con tono quasi affettuoso, accompagnandoli lungo un itinerario in diciannove tappe (i diciannove comuni della Franciacorta), impreziosito dalle fotografie inedite di Andrea Federici, che amplificano il potere evocativo della narrazione.