La libertà convieneSmettere di aiutare l’Ucraina costerebbe molto più che continuare ad aiutarla

Un importante studio dell’American Enterprise Institute di Washington ha analizzato i possibili sviluppi della guerra e ha stimato circa 808 miliardi di dollari di spesa, in cinque anni, per i soli Stati Uniti in caso di vittoria della Russia. Cioè circa sette volte di più di quanto si spenderebbe per sostenere l’esercito ucraino nel 2026

AP/Lapresse

«È meglio essere pronti a proteggere la pace, piuttosto che intervenire quando la libertà è ormai persa». Le parole pronunciate da Ronald Reagan il 6 giugno 1984, in occasione del quarantesimo anniversario dello sbarco in Normandia, si adattano anche alla guerra che da quasi tre anni attira l’attenzione del mondo verso l’Europa orientale. L’invasione su vasta scala condotta dalla Russia sul territorio ucraino ha mobilitato una grande quantità di risorse economiche, militari e soprattutto umane alla periferia Est del continente. L’Occidente si è schierato a difesa di uno Stato sovrano aggredito da un Paese imperialista. Ma la politica è volubile, cambia nel tempo e segue le lune di presidento e capi di partito. E in Europa come negli Stati Uniti qualcuno ritiene di dover sospendere gli aiuti militari a Kyjiv provando a dare spiegazioni di ogni tipo – spiegazioni che quasi mai stanno in piedi.

Una certezza è valida per tutti: l’Ucraina non può difendersi dall’attacco della Russia senza l’aiuto dell’Occidente. Altrettanto certo è che Vladimir Putin, l’übercriminale che guida la guerra dalle stanze del Cremlino, non si fermerà all’Ucraina in caso di vittoria, espandendo le sue mire imperialiste al resto d’Europa. D’altronde, lo ha ricordato anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky: Putin ha sempre considerato questa una guerra tra la Russia e l’Occidente, non la sola Ucraina.

Le conseguenze di uno stop agli aiuti a Kyjiv quindi sarebbero enormi e disastrose. Vale anche per gli Stati Uniti che ultimamente, in nome di un presunto e sbandierato isolazionismo sintetizzato da Donald Trump in “America First”, dicono di non voler spendere altri soldi per la difesa dell’Europa. Anche Washington si troverebbe a dover sostenere spese finora nemmeno messe in preventivo. Perché preoccuparsi solo di quanto costa oggi l’assistenza all’Ucraina significa pensare alla questione nel modo sbagliato: gli americani dovrebbero preoccuparsi di quanto costerebbe non aiutare l’Ucraina.

Il calcolo c’è: servirebbero 808 miliardi di dollari in spese per la difesa nei prossimi cinque anni – oltre centosessanta miliardi all’anno – se Vladimir Putin prevalesse sull’Ucraina e minacciasse l’Europa orientale e centrale. Una cifra circa sette volte superiore al costo stimato per impedire un crollo dell’esercito ucraino nel 2026. Questo perché gli Uniti dovrebbero ricostruire la propria capacità militare, partecipare ai nuovi impegni della Nato e adattarsi a un ambiente strategico decisamente più pericoloso di quello attuale.

I numeri vengono da un rapporto dell’American Enterprise Institute, think tank che ha analizzato appunto il costo – per i soli Stati Uniti – del sostegno all’Ucraina e quello di una difesa dell’Europa nel caso in cui l’Ucraina dovesse cadere sotto il controllo russo.

I tre autori – Elaine McCusker, Frederick W. Kagan e Richard Sims, esperti di difesa, storia militare e sicurezza – hanno ipotizzato diversi scenari. Nel documento intitolato “Dollars and Sense: America’s Interest in a Ukrainian Victory” c’è anche lo scenario in cui l’impegno dell’Occidente nei confronti dell’Ucraina aumenta, accelera e si espande. È un mondo in cui l’Ucraina è definitivamente libera e fiorente, con un esercito modernizzato e collaudato in battaglia, e una forte base industriale. In questo scenario ottimistico, pure rimanendo impegnati e impegnati con la Nato, gli Stati Uniti sarebbero in grado di ridurre i propri investimenti e le risorse dedicate all’Europa; manterrebbero la loro presenza sul terreno ma sarebbero anche in grado di rivolgere risorse e attenzione più mirate al Pacifico e alla risoluzione dei problemi costantemente in corso in Medio Oriente. «La stabilità in queste regioni potrebbe aumentare dal momento che gli alleati della Russia vedrebbero di fronte a sé un’alleanza risoluta, disposta a usare un’ampia gamma di opzioni di deterrenza combinate con una risposta rapida e decisa alle contingenze quando necessario. Vale anche la pena ricordare l’impatto positivo che l’assistenza all’Ucraina ha sull’economia, l’industria e la forza lavoro americane, nonché sulla modernizzazione delle forze armate americane», si legge nel rapporto di McCusker, Kagan e Sims.

Non c’è ideologia, è un rapporto tenacemente realista. Pur volendo guardare solo agli interessi americani con un approccio cinico e freddo è difficile pensare che non ci sia una convenienza di fronte a certe evidenze. Anche guardando unicamente alla difesa degli interessi americani – come fa l’amministrazione Trump, e come farebbe un qualsiasi governo sovranista di qualsiasi Paese – difendere l’Ucraina resta l’opzione migliore.

Gli 808 miliardi di spesa militare, avvertono i ricercatori dell’American Enterprise Institute, servirebbero per rafforzare il confine Nato-Russia che nascerebbe: una linea rossa lunga più di quattromila chilometri, dalla Finlandia alla Romania. Servirebbero anche per aumentare il numero di truppe americane in Europa – con l’aggiunta di duemilaseicentosessantaseimila soldati tra attivi e riserve –, potenziare la flotta navale con diciotto nuove navi da guerra, espandere l’aviazione militare con l’acquisto di cinquecentoinquantacinque nuovi velivoli, rinforzare le difese aeree con nuove batterie missilistiche e intercettori e potenziare l’industria bellica americana per accelerare la produzione di munizioni e armi avanzate.

Nelle sue venti pagine, il rapporto entra anche più nel dettaglio di cosa comporterebbe una vittoria russa in Ucraina: grazie alla collaborazione tra specialisti della difesa dell’American Enterprise Institute e gli esperti dell’Institute for the Study of War (ISW) viene descritto un mondo ipotetico in cui una Russia incoraggiata, dopo aver sconfitto l’Ucraina, minaccia direttamente la Nato.

«La Russia avanza nel 2025 mentre l’Ucraina si ritira a causa del continuo logoramento e della sua mancanza di risorse per mantenere le sue truppe. L’Ucraina inizia quindi a crollare. Entro il 2026, l’Ucraina ha perso efficacia nella difesa aerea, consentendo alla Russia di condurre bombardamenti su larga scala di infrastrutture militari e civili», scrivono i tre autori. A quel punto nuove e vecchie unità russe prenderebbero posizione in Bielorussia e lungo il confine occidentale ucraino; inizierebbero a stazionare in modo permanente importanti sistemi d’attacco lungo la frontiera con gli Stati baltici e la Moldavia. La Russia consoliderebbe il controllo sul territorio ucraino, potrebbe incorporare le sue risorse industriali e militari aumentando la propria capacità bellica. Putin potrebbe spostare centinaia di migliaia di soldati ucraini prigionieri nelle sue forze armate e posizionerebbe armi nucleari tattiche lungo il nuovo confine con la Nato. Altri attori ostili, come Cina, Iran e Corea del Nord, si sentirebbero incoraggiati a sfidare gli Stati Uniti e le democrazie in Asia, Africa e Medio Oriente. Inoltre, la Russia acquisirebbe maggiore capacità industriale di difesa, una nuova base di risorse e una maggiore capacità economica in Ucraina, mentre si prepara a scatenare un ulteriore conflitto entro il 2030.

In caso di vittoria in Ucraina, insomma, la minaccia russa comprometterebbe la sicurezza dell’Europa, del Mar Nero, del Baltico, dell’Artico e, per effetto domino, del resto del mondo. L’Occidente e il mondo libero non possono stare a guardare, non possono rinunciare alla difesa dell’Ucraina e dei suoi abitanti. Washington è e deve essere in prima linea in questa difesa. Non c’è un’altra opzione. Tutti gli scenari alternativi sono peggiori, sono disastrosi.

Nello stesso discorso per il quarantesimo anniversario dello sbarco in Normandia, Reagan pronunciò un’altra frase che il Congresso degli Stati Uniti e la Casa Bianca dovrebbero tenere a mente quando discutono di aiuti all’Ucraina contro l’imperialismo di Putin: «Abbiamo imparato che l’isolazionismo non è mai stato e non sarà mai una risposta accettabile ai governi tirannici con intenti espansionistici».

X