Sintesi definitiva contro il chiacchiericcio sul testamento biologico, nella risposta fogliante di Annalena Benini a una lettera rubata a Corrado Augias:
Il testamento biologico è diventato infine chiacchiera da bar. Due al primo appuntamento discutono i dettagli della propria fine ospedaliera, a cena ognuno ha una storia di coma da raccontare, le modalità della buona morte sono più urgenti della vita stessa, se ne approfitta per fornire dettagli sul proprio funerale ideale, scegliere le musiche, il legno della bara (anche se va sempre più di moda la cremazione) e le iscrizioni funebri: “Ve l’avevo detto che stavo male” è il sogno di tutti noi ipocondriaci. Insomma è un momento macabro (ho smesso di guardare il dottor House perché sono certa che porti jella – uno a furia di vedere dei tubi e delle occhiaie si ammala), ci tiriamo palate di morte addosso e per San Valentino ci scambiamo testamenti e spine staccate: in nome della libertà, della dignità, della consapevolezza, della laicità, del bon ton, dell’uso di mondo, delle spese sanitarie, del sovraffollamento mondiale. Senza testamento biologico non fanno neanche entrare al cinema. Non si può sfuggire al dibattito, neanche a casa la sera tardi, anzi si accoglie il marito che torna dal lavoro mezzo morto (mezzo morto non significa che tanto vale ucciderlo eh, vuol dire solo molto stanco) così, a bruciapelo: “Ma tu quando sarai terminale o vegetale cosa vuoi che io faccia?”. Risposta con ancora addosso il cappotto, in piedi vicino alla porta: “Voglio l’accanimento terapeutico oltre la morte”. “Ok, ma se soffri molto?” “Cazzi miei, tu mettimi Sky”. Fine della grande conquista di civiltà del testamento biologico, inizio di una vitale discussione su quant’era immensamente più figa Elisabetta Canalis di Cristina Chiabotto.
14 Febbraio 2009