Il ministro del Tesoro di Barack Obama, Tim Geithner, ieri mattina ha presentato il suo piano per salvare le banche dal peso dei titoli tossici del settore immobiliare. Washington creerà un nuovo fondo federale che, grazie ai soldi dei contribuenti e a un complicato meccanismo di prestiti, aiuterà gli investitori privati ad acquistare quei titoli di proprietà delle banche che oggi bloccano la corretta circolazione del credito. In totale, ha detto Geithner presentando il piano, il fondo potrebbe rilevare dalle banche titoli per una cifra che va dai cinquecento ai mille miliardi di dollari.
L’annuncio è piaciuto sia alle Borse americane sia a quelle europee, ma non a Paul Krugman, premio Nobel ed economista liberal più influente d’America. Prima sul suo blog, poi sul New York Times, Krugman ha fatto a pezzi il progetto di Geithner e, con esso, anche le scelte della presidenza Obama, accusata di avere “legami stretti con Wall Street”, di essere “scollegata dalla realtà”, di voler riciclare per la terza volta l’approccio bushiano e di bruciare tutta la credibilità politica guadagnata alle elezioni su un piano che non potrà funzionare perché si basa sul presupposto che il sistema bancario è solido: “Quando si accorgerà che avrà bisogno di cambiare rotta, il suo capitale politico potrebbe essere svanito”.
L’obiettivo diretto, però, è Geithner. Krugman non è arrivato ancora a dire, come ha scritto il blogger di sinistra più importante del paese, Markos Moulitsas, che “ormai Geithner è diventato il Rumsfeld di Obama”, quanto a disastri e imbarazzi che procura al presidente, ma ha spiegato nel modo più chiaro possibile perché il piano del ministro del Tesoro non potrà funzionare. Krugman scrive che il piano salvabanche di Geithner sia identico a quello del ministro del Tesoro di George W. Bush, Hank Paulson, malgrado la Casa Bianca sostenga il contrario. “Questa non è soltanto una delusione, in realtà mi lascia un senso di disperazione”. Krugman sostiene che la soluzione sia quella di nazionalizzare le banche e prenderne il controllo diretto, come ha fatto la Svezia negli anni Novanta. Solo così, scrive, il governo può diffondere sicurezza nel sistema e garantire la gran parte dei debiti delle banche.
24 Marzo 2009