CongiunturaE ora chi salva l’eurozona?

L’Europa sta vivendo il momento più difficile della sua storia. Stritolata dalla crisi dei debiti sovrani e in cerca di una leadership che gli possa ridare un piglio di unità, ora deve anche affron...

L’Europa sta vivendo il momento più difficile della sua storia. Stritolata dalla crisi dei debiti sovrani e in cerca di una leadership che gli possa ridare un piglio di unità, ora deve anche affrontare una nuova insidia, la crescita economica stagnante. Francia e Germania, le due principali voci che dovevano ridare animo all’UE, sono completamente ferme. E ora la domanda sorge spontanea: come possono Berlino e Parigi dare stimoli alla periferia dell’Europa quando sono proprio loro ad averne bisogno?

Oggi il vertice franco-tedesco cercherà di trovare una soluzione condivisa per l’emorragia dell’eurodebito. Tuttavia, c’è uno spettro che aleggia fra Parigi, Bruxelles, Francoforte e Berlino, il cuore dell’eurozona. Questo fantasma ha il nome di stagflazione, il letale mix fra stagnazione economica e inflazione. Nei corridoi della Banca centrale europea comincia a girare questo nome, seppur sommessamente. Eppure, il rischio è concreto, specie osservando la (non) crescita del Pil nel secondo trimestre in Francia e Germania, i Paesi che si stanno facendo carico dei salvataggi di Grecia, Irlanda e Portogallo più di tutti gli altri Stati membri.

Ora la domanda è: eurobond o no? Sul tavolo franco-tedesco c’è proprio questo punto. Da un lato un potenziamento della governance europea, cioè un trasferimento dei rischi sovrani e una condivisione delle situazioni debitorie. Dall’altro il worst case scenario, il peggior scenario possibile. Inutile rimarcare cosa potrebbe succedere se non si trova una concreta soluzione alla peste dell’eurodebito.

Nel primo caso, ci sono due strade. Il vertice del Consiglio europeo del 21 luglio scorso ha deciso un aumento della dotazione e dei poteri del fondo European financial stability facility (Efsf), che potrà agire sui mercati secondari come un veicolo d’investimento. In altre parole, un mega Troubled asset relief program (Tarp). La seconda strada è quella degli eurobond. In questo caso, tuttavia, l’impressione è che si possa creare un super Collateralized debt obligation (Cdo), più che uno strumento volto e migliorare la situazione dei singoli Stati. Insomma, queste soluzioni non sarebbero altro che meccanismi di trasferimento dei rischi, assolutamente non risolutivi delle criticità.

In tutto questo marasma europeo, Francia e Germania erano l’unica certezza. Dopo i dati di oggi lo sono un po’ meno. Se fino a ieri qualche Paese, fra cui Italia e Spagna, pensava che in caso di necessità sarebbe intervenuto l’asse Berlino-Parigi, probabilmente oggi avrà cambiato idea.