Il lusso ha gli occhi puntati verso la Cina. Già, perchè un paese nel quale il mercato del lusso ha un potenziale di crescita enorme (si parla di 180 milioni di consumatori entro il 2020) è una miniera d’oro. Soprattutto in tempo di crisi: entro il 2015 il 20% delle vendite globali di luxury goods saranno nella Repubblica Popolare.
Come si sbarca in Cina? Con un partner locale, che però molti imprenditori ritengono rischioso. Oppure via Web con siti ad hoc che permettano al consumatore cinese, generalmente sotto i 45 anni, di fare acquisti quando e come vuole, che si trovi a Shanghai o in una delle città di terza fascia che sono popolate come e più di Roma ma di cui non conosciamo nè il nome nè l’ubicazione.
Il trend l’ho già evidenziato nei miei post in questi mesi: Bally apre il sito in cinese, Emporio Armani fa lo stesso, Burberry idem. Tutto è bene quel che finisce bene? E invece no.
A sparigliare le carte arriva uno studio di Strangeloop che si chiama “Why luxury websites are disappointing chinese consumers”, condotto sui siti di 100 marchi internazionali leader nel settore lusso (da Cartier a Chopard, da Bulgari a Fendi a Dolce&Gabbana) per valutare la loro performance sul consumatore cinese (che vive in città).
Lo studio muove da una considerazione non da poco: i web-consumer cinesi crescono a ritmi inimmaginabili – si parla di 6 milioni di utenti in più ogni mese: gli internauti passeranno dai 420 milioni del 2010 ai 780 milioni del 2020, di cui circa 500milioni faranno shopping online -, sono giovani (25-28 anni con uno stipendio medio di 1500 usd) e non hanno ancora raggiunto il picco del loro potenziale di acquisto.
Cosa li frena? I siti. Che hanno grossi limiti:
Il tempo medio per caricare una pagina di un sito del lusso internazionale in Cina è 16,2 secondi. Il tempo ottimale sarebbe 2 secondi (fonte Forrester Consulting) e il 75% dei cinesi si aspetta che sia inferiore a 3 secondi.
Questo problema secondo la ricerca Strangeloop è dovuto al fatto che il 60% degli utenti internet cinesi usa Internet Explorer 6 (l’unico browser che supporta i sistemi di Internet banking in Cina): chi crea un sito in Cina deve tenerne conto, per garantire una performance di alto livello e veloce anche su un supporto software datato.
Nel paniere dei 100, i 5 siti più veloci, connettendosi da Jiangsu, sono: Halston, Fred Leighton, Givenchy, Gianfranco Ferrè e Mikimoto. Tra i peggiori invece ci sono Escada (58sec) ed Emanuel Ungaro (44).
Un altro problema è la lingua: solo 36 siti su 100 hanno l’opzione Cinese tra le lingue a disposizione.
Per chi cerca lumi sulla ricerca ecco il sito di Strangeloop, azienda che specializzata nel fornire sistemi di ottimizzazione per il web: www.strangeloopnetworks.com.