Nilde Iotti Come Sabina “Ape Regina” Began?
Stamattina, mentre facevo prima colazione, ridevo parecchio. Mia figlia si è girata e infastidita mi ha chiesto: “Che hai da ridere tanto?”. Niente, niente…
In realtà ridevo leggendo la bella intervista immaginaria che Angelo Pannofino, giornalista di GQ, ha scritto nel suo blog sul sito di GQItalia in seguito alla dichiarazione (vera) di Daniela Santanché: “Se Nilde Iotti fosse vissuta oggi, probabilmente sarebbe stata definita una escort e accusata di essere diventata Presidente della Camera solo perché amante del Presidente del PCI, Palmiro Togliatti”.
Insomma, Nilde Iotti come Sabina Began.
Pannofino l’ho sempre apprezzato. Da ex direttore di GQ, l’ho assunto in redazione quando era un giovane e talentuoso copywriter della McCann. Abbiamo fatto un sacco di cose negli anni passati insieme in redazione e oggi che io sono tornato alla direzione di Rolling Stone, lui è rimasto là, al mio vecchio GQ, oggi diretto da Gabriele Romagnoli. Dato che sono favorevole alla libera circolazione delle idee, soprattutto se sono buone come questa, sono felice di segnalarvi il suo blog: lo trovate nella homepage di GQItalia.it. Poi, però, passate a far visita anche al mio, su rollingstonemagazine.it: non vorrei mai che il mio editore dicesse “oh, ma sei impazzito? Ti metti a far pubblicità ai concorrenti?” È che se una idea è buona… è buona. Punto e basta.
Quindi ecco come sarebbe stata la famosa intervista di Vanity Fair alla Began se, al suo posto, ci fosse stata la Iotti nelle vesti di Ape Regina di Togliatti…
«Stavo andando a una riunione dell’Internazionale Socialista, mi chiama Simone de Beauvoir e mi dice che sono invitata a un’importantissima festa dell’Unità a sorpresa, e che una Topolino amaranto mi aspetta. In auto ci sono Frida Kahlo e un’amica di Tina Modotti». Nilde Iotti inizia così il racconto del giorno che le cambiò la vita, quando incontrò per la prima volta Palmiro Togliatti; oggi la Iotti è accusata dalla Procura di Bari di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione in concorso con Jean Paul Sartre per aver reclutato tre ragazze perché avessero rapporti sessuali con Palmiro Togliatti dietro pagamento di denaro dopo una serata alla festa dell’Unità, il 5 settembre 1946.
Che cosa successe a quella festa dell’Unità? «Arrivammo e ad aspettarci accanto al banco della porchetta c’era Palmiro Togliatti».
E poi? «Passeggiammo fino al banchetto della pesca sociale. Mano nella mano. Andiamo a cena sul Potemkin, lo yacht di Olivetti, e sono gli altri che, pur di non farmi allontanare da Palmiro, mi portano il cibo dal buffet (bambini al forno con patate, lo ricordo come fosse oggi). Mi sussurrava all’orecchio brani di Gramsci e Lenin, era come se mi ipnotizzasse (…) Dopo un paio d’ore ero cotta».
Come proseguì la serata?
«Guardo Togliatti e gli dico: “Voglio passare la notte con lei”. Diventò rosso come la bandiera dell’URSS».
E tornaste alla sede del PCI…
«Il presidente era romantico, fu una notte meravigliosa».
Togliatti le fece un regalo?
«Un libro su di lui, scritto in russo e un ciondolino con la falce e il martello».
Giocava?
«No, ero innamorata. È l’unico uomo che mi abbia fatto sentire donna. Una sera a cena mi disse “Perché hai voluto stare con me?”. Gli risposi che avevo avuto uomini famosi. Potevo scegliere con chi andare. E avevo scelto lui».
Uomini famosi: per esempio?
«Una lunga relazione con Fenoglio. Mi ha corteggiata Pavese, ho avuto un’avventura con Picasso. E anche un flirt con Boris Vian».
Come si è evoluto, poi, il rapporto con Togliatti?
«Palmiro aveva paura di legarsi ma non voleva un rapporto di solo sesso».
Nasce così la «Iotti Ape Regina»?
«Capivo il suo spirito, ma volevo essere l’unica. Invece sa com’è il Comunismo, no? Niente proprietà privata, si condivide tutto, donne comprese. Ma non mi sono mai rassegnata all’idea di vederlo con altre donne».
Lei riceveva denaro da Togliatti?
«Non l’ho mai chiesto. Era lui che dirottava metà dei finanziamenti che arrivavano dalla Russia sul mio conto personale. Parte di quei soldi li mandavo ai contadini cinesi, ai compagni messicani e a quelli cubani. E con il resto facevo dei regali a Palmiro».
Che tipo di regali?
«Niente di speciale, le solite cose che si regalano due comunisti innamorati: mutande di lana, berretti di Mao, falci, martelli, pellicole di film sovietici, megafoni».
Lei è accusata di un reato grave: favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Ha portato escort dal presidente del PCI?
«Mai. Se incontravo qualcuna che ritenevo all’altezza, intellettualmente parlando, di una serata in via Botteghe Oscure, le proponevo di venire. Le mie erano ragazze di scena, servivano al piacere del cervello: intellettuali, scrittrici, artiste».
Però Jean Paul Sartre (oggi accusato di procuare prositute al presidente del PCI) a Togliatti lo ha presentato lei: perché?
«La sera, prima di organizzare una riunione sindacale nella sede del PCI, vado a un cineforum a casa di Jean Paul. C’erano Montale, Gadda. Ebbi l’impressione che fosse un ragazzo introdotto».
5 settembre 1946: la presunta cena dove lei dice a Sartre di portare tre ragazze. Perché lo fa?
«C’erano troppi intellettuali maschi. A quel punto non avevo tempo di selezionare le ragazze e chiedo aiuto a Jean Paul. Lui mi rassicura: “Ci penso io”. E si presenta con tre donne del tutto inadatte: non laureate, volgari, ignoravano anche chi fosse Engels».
Ma Togliatti non si lamentò: Sartre aveva capito i suoi gusti meglio di lei?
«Sartre ha colpito un lato debole del presidente. Ma non gli ha detto che non si trattava di intellettuali: lui le avrebbe schifate».