Champagne! Le Borse festeggiano l’accordo europeo arrivato nella notte e tutti gridano al miracolo. Piano di ricapitalizzazione delle banche Ue per 106 miliardi di euro, aumento della potenza di fuoco del fondo EFSF (European Financial Stability Facility), haircut del 50% sul debito ellenico: c’è il meglio del meglio nel nuovo pacchetto di salvataggio della zona euro. Tutto bene, quindi?? Non proprio.
In primis il programma di recapitalizzazione degli istituti di credito europei lascia interdetti. L’European banking authority (Eba) ha spiegato che potranno essere usati tutti i mezzi possibili per raccogliere e iniettare capitali freschi nelle banche Ue. Questo significa anche i Contingent convertible bond, o Cocos, obbligazioni convertibili in azioni ordinarie una volta raggiunta una certa soglia. Abbiamo già spiegato con dovizia di particolare quali sono i rischi di questi nuovi prodotti, in cui l’obbligazionista diventa azionista in un processo chiamato bail-in. Ebbene, le banche Ue potranno utilizzare anche questi strumenti per aumentare il proprio Core Tier 1 per portarlo al 9% del capitale come richiesto dall’Ue.
Il secondo punto riguarda il fondo EFSF. Un meccanismo che inizialmente doveva essere straordinario e utilizzabile solo in casi particolari, ora viene aumentano, tramite la leva finanziaria, a oltre 1.000 miliardi di euro. Potrà assumersi rischi sui mercati primari e secondari, potrà agire liberamente ed essere flessibile per aiutare i singoli Paesi che entreranno in crisi. E l’azzardo morale? Nessuno ci ha pensato. E l’aumento dell’esposizione dell’EFSF, imbottito di titoli tossici? Nessuno ci ha pensato.
Infine, il terzo e ultimo punto, la Grecia. Come abbiamo visto dall’ultimo report della troika (Fmi, Bce, Commissione Ue), la sostenibilità del debito ellenico è impensabile senza scelte impopolari. Il primo accordo sul PSI (Private Sector Involvement), sottoscritto a margine del Consiglio europeo del 21 luglio scorso, prevedeva un haircut del 21% sui bond ellenici. Ora, dopo una riunione notturna fra i leader dell’Ue e l’Institute of International Finance (IIF), si è optato per un haircut del 50 per cento. Questo dovrebbe – il condizionale è d’obbligo – riportare il rapporto debito/Pil al 120% nel 2020. Facile intuire che, anche nel caso si possa arrivare a questo scenario fra nove anni, la situazione non sarebbe comunque risolta. Un grafico di Michael McDonough, economista di Bloomberg, spiega bene cosa succederà, anche se i conti pubblici non sono quelli finali, dato che la Grecia ha un rapporto debito/Pil del 165% secondo il Fmi. Ma non solo. Stanotte il presidente francese Nicolas Sarkozy e il cancelliere tedesco Angela Merkel hanno comunicato il proprio accordo all’IIF: o partecipazione volontaria delle banche creditrici o insolvenza della Grecia. In altre parole, il fallimento.
L’Europa ha perso l’ennesima occasione per dare una risposta seria a una crisi che non è solo passeggera, ma sistemica. È stato solo l’ultimo tentativo di prendere tempo. Ora si brinda, ma i problemi rimangono. E per i prossimi sei mesi i leader Ue ripeteranno come un mantra «bisogna mettere in atto il programma del 26 ottobre». Un film già visto e di cui si sa già fin d’ora la conclusione.